Un’alleanza per certi versi inattesa. Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron si sfilano dalla spinta impressa da Ursula von der Leyen, intenzionata a chiudere l’intesa sul Mercosur entro fine anno nonostante l’assenza, allo stato attuale, di una maggioranza qualificata. A irrigidire ulteriormente il quadro contribuisce l’ultimatum arrivato da Brasilia: “Se non si chiude adesso, non firmeremo mentre io sarò presidente”, ha avvertito Luiz Inácio Lula da Silva, ricordando agli europei dell’inesorabile scorrere del tempo. Da parte italiana, la linea è stata ribadita con chiarezza in Parlamento. Siglare l’accordo nei prossimi giorni “è prematuro”: così Meloni alla Camera dei deputati, alla vigilia della partenza per Bruxelles. Nessun veto annunciato, ma neppure un via libera a un testo privo di garanzie concrete per il settore agricolo. Il nodo resta quello delle clausole di salvaguardia, che il governo chiede di definire prima di procedere sull’intesa commerciale. Se serviranno “altre settimane, le prenderemo”, ha spiegato la premier, condividendo una tempistica che guarda all’inizio del 2026 anche con i ministri Antonio Tajani e Francesco Lollobrigida. Oltralpe il clima è ancora più teso. Sotto la pressione del mondo agricolo, con un’opposizione all’attacco e le presidenziali del 2027 già sullo sfondo, il presidente francese ha alzato il tono. Di fronte a eventuali accelerazioni da parte di Bruxelles, ha avvertito Macron, la risposta di Parigi sarà “molto determinata”.
In questo contesto si inserisce la mobilitazione annunciata a Bruxelles. Migliaia di agricoltori e oltre mille trattori sono attesi oggi sulle strade della capitale belga per protestare contro le proposte Ue sul bilancio pluriennale 2028-2034, sulla Politica agricola comune e contro l’accordo con il blocco sudamericano. Il corteo partirà dall’area della Gare du Nord per raggiungere il quartiere europeo intorno all’ora di pranzo, mentre all’Europa Building è in corso un Vertice Ue che si preannuncia ad alta tensione. La manifestazione sarà guidata dal Copa-Cogeca, che riunisce le principali organizzazioni agricole europee. Le stime parlano di oltre 40 sigle provenienti da tutti e 27 i Paesi membri e di più di 10mila agricoltori presenti. Dopo la delegazione franco-belga, quella italiana sarà la più numerosa, con Confagricoltura, Coldiretti e Cia-Agricoltori in prima linea.
Prima dell’avvio della marcia, una rappresentanza ristretta ha incontrato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo António Costa e il commissario all’Agricoltura Christophe Hansen intorno alle 10. Nel pomeriggio è previsto un confronto più ampio con Hansen, alla presenza anche dei commissari Piotr Serafin, Maros Sefcovic e Jessika Roswall, responsabili rispettivamente di bilancio, commercio e ambiente. Nel frattempo, alcune decine di trattori risultano già parcheggiate nel quartiere europeo.
Dubbi e preoccupazioni arrivano anche da Polonia e Irlanda, ma nei corridoi del Palazzo Berlaymont vengono liquidati come “in parte irrazionali”, difficili da smontare persino con i dati. Una lettura che trova sponda a Berlino, dove il Mercosur continua a essere considerato un pilastro della politica commerciale europea. La pressione tedesca per chiudere l’accordo resta alta, come dimostrano le parole del portavoce del cancelliere Friedrich Merz e il richiamo, proveniente dagli ambienti della Cdu, alla necessità di rilanciare il ruolo della Germania come potenza esportatrice: senza questo passaggio, “sarà impossibile sostenere nuovi oneri finanziari”. Il vero intreccio emerge così con chiarezza: il dossier Mercosur è legato a doppio filo al bilancio Ue 2028-2034 e al futuro della Pac, che rischia tagli significativi. Qualche settimana in più o in meno non modifica la sostanza dell’accordo commerciale, ma può incidere profondamente sul piano politico. Soprattutto per il Brasile.
Dal fronte francese, la posizione resta di chiusura. Sul Mercosur “il conto non torna” e “questo accordo non può essere firmato”, ha scandito Macron arrivando stamattina al summit Ue, rivendicando la “coerenza di un’Europa che protegge la sua agricoltura e i suoi produttori. Siamo per il commercio, la Francia è una grande potenza agricola e agroalimentare che esporta”, ha aggiunto, ma “non possiamo accettare di sacrificare la coerenza della nostra agricoltura, la nostra alimentazione e la sicurezza alimentare dei nostri compatrioti su accordi che non sono ancora finalizzati”. Da qui la richiesta di “una clausola di salvaguardia, un freno d’emergenza” e di “misure di reciprocità. Chiediamo che il lavoro continui affinché le cose vengano fatte seriamente, affinché la nostra agricoltura venga rispettata’’.
A Bruxelles è arrivata anche la voce di Coldiretti. “Se tagliamo le risorse a favore dell’innovazione in agricoltura, del ricambio generazionale – nel piano finanziario l’Europa e la presidente von der Leyen propongono un taglio trasversale di 90 miliardi – è chiaro che mentre tutti gli altri Paesi nel mondo investiranno di più, noi perderemo quell’elemento di unicità e di competizione che fino ad oggi siamo riusciti a salvaguardare”, ha dichiarato il presidente Ettore Prandini a margine delle proteste. “Siamo qua per protestare contro un piano finanziario che vede un’Europa assolutamente miope rispetto a quello che oggi l’agricoltura e l’agroalimentare rappresentano come opportunità di crescita e di sviluppo del continente europeo”. In Italia, ha ricordato, l’intera filiera vale 707 miliardi e occupa 4 milioni di persone. Il bilancio, insieme agli accordi di libero scambio, resta così al centro della mobilitazione. “Siamo favorevoli all’internazionalizzazione ma non possiamo accettare che quando invece siano gli altri a voler esportare, nel contesto europeo, non venga adottato un sistema basato sulla reciprocità”, ha concluso Prandini.
Aggiornato il 18 dicembre 2025 alle ore 13:51
