Il lezzo di baratteria che sale dall’edificio più importante di Washington provoca nausea in America e nel mondo, soprattutto negli amici e ammiratori degli Stati Uniti e nei sinceri sostenitori dell’Ucraina, pretestuosamente aggredita, devastata, martoriata dal criminale invasore. La Casa Bianca, remissiva verso l’uomo del Cremlino accolto in amicizia con spropositati riguardi e concessioni sul tappeto rosso, sovverte due secoli di etica politica rispettosa della giustizia e del diritto. L’America, la nazione della democrazia, aggiogata all’avidità della presidenza e acquiescente verso l’autocrazia moscovita, sembra aver fatto degli affari una dottrina strategica. Da un grande giornalista americano fu detto che “nella società libera il Governo non fa affari ma amministra la giustizia tra uomini che fanno affari”. La separazione, meglio: la non interferenza del potere pubblico nelle attività imprenditoriali è un caposaldo della libertà individuale oltre che di un’economia florida. Anche spiacevolmente personalistica nei modi d’intervento e sfacciatamente interessata nei mezzi di appropriazione, l’ingerenza in molte branche dell’economia americana, specialmente le più lucrose, ha posto il presidente e l’Amministrazione al centro di una trama di relazioni, interne e internazionali, palesi e occulte, incompatibili con gl’ideali e le prescrizioni della Costituzione americana secondo gl’intenti dei Padri Fondatori e gli sviluppi pratici della “Costituzione vivente” (living Constitution) nel corso degli anni.
Sembra evidente e documentata, dai provvedimenti adottati, dalle evidenze acquisite, dalle interpretazioni formulate, una commistione tra affari personali ed affari pubblici, addirittura di Stato, la quale evoca certi regimi assolutistici dove il patrimonio personale del sovrano e il patrimonio nazionale del regno erano accomunati e fungibili. A nessuno sfugge che il mondo va pure in modi consimili. Chi ha le mani sulla cassa (nel significato metaforico e reale), può utilizzarla come arma impropria di politica internazionale e come arma propria di politica sia domestica in senso nazionale sia pro domo sua in senso vero e proprio. Ha le mani sulla cassa chi ha il potere politico, che tende per natura a diventare concentrato e a farsi gli affari propri esibendoli all’apparenza come affari di Stato. La concentrazione del potere fu la principale preoccupazione dei costituenti americani, come attestano inequivocabilmente i Federalist Papers di Alexander Hamilton, James Madison e John Jay, “l’opera più importante di filosofia politica e prassi di Governo mai scritta negli Stati Uniti, paragonata alla Repubblica di Platone, alla Politica di Aristotele, al Leviatano di Thomas Hobbes” (Richard C. Schroeder).
E vale la pena di sottolineare che gli autori del Federalista, giganti del pensiero politico, veri padri della Costituzione statunitense e fondatori della democrazia liberale, erano giovani: Hamilton trentaduenne, Madison trentaseienne, Jay il più vecchio, quarantaduenne! Lo storico della politica Clinton Rossiter ha concluso: “Il messaggio dei Federalist Papers è il seguente: non c’è felicità senza libertà, non c’è libertà senza autogoverno, non c’è autogoverno senza costituzionalismo, non c’è costituzionalismo senza senso morale, e non c’è nessuno di questi beni senza ordine e stabilità”. Ordine e stabilità nell’accezione del costituzionalismo americano non sono coazioni imposte dall’alto o dall’esterno della società, ma ne sono il frutto naturale della linfa vitale, ottenuto attraverso la separazione e limitazione dei poteri con un sistema di “controlli e bilanciamenti” (checks and balances) affinché il potere freni il potere, nessun potere prevalga e la libertà individuale sia salva. Poiché “non c’è costituzionalismo senza senso morale”, l’integrità e la moderazione sono qualità indispensabili del potere e degli uomini di potere.
È proprio Madison infatti a porre nei Federalist Papers la domanda capitale: “Ma che cos’è il Governo se non la più grande di tutte le riflessioni sulla natura umana? Se gli uomini fossero angeli, non sarebbe necessario nessun Governo. Se gli angeli governassero, non sarebbe necessario nessun controllo, né esterno né interno, sul Governo”. Sebbene non sia vero che anche un angelo (un santo) miracolosamente elevato al trono del potere divenga ineluttabilmente un diavolo, è altamente probabile, forse assolutamente, che un governante, se ci guadagna, stia sbagliando perché esercita il potere “senza senso morale”, contro la Costituzione che rappresenta il concentrato del bene comune della collettività. La storia, riguardo al quesito se l’integrità personale degli uomini di potere sia coessenziale alla pratica del buon Governo, offre prove contraddittorie. Nondimeno resta che solo l’integrità dei governanti dà ai governati la possibilità di sceverare, controllare, giudicare se un atto di Governo, buono o cattivo per giudizio di parte, sia genuinamente politico nell’intenzione e nello scopo. Un Winston Churchill o un Alcide De Gasperi sono esempi clamorosi, a tacere di Mahatma Gandhi.
Quando esiste un conflitto tra gli interessi personali del governante e gli interessi politici del Governo, dovremmo giurare che a governare fosse un angelo per aspettarci che i primi non prevalessero sui secondi o non li influenzassero a loro detrimento. Parafrasando Hamilton, è più probabile che “il fiato pestilenziale dell’egoismo possa avvelenare le fontane della giustizia.” Mentre Madison ci avverte che “la grande difficoltà è obbligare il Governo a controllare sé stesso”. Eroicamente l’Ucraina resiste. Difende militarmente sé stessa e l’Europa, la cui popolazione, crogiolandosi nell’illusione dell’estraneità, non lascia ai governanti d’impegnarsi il necessario, sicché fanno meno ciò che dovrebbero di quel che possono. Tuttavia, nel processo di pacificazione molte delle paure e preoccupazioni dei Padri Costituenti vanno prendendo corpo sotto i nostri occhi. Le precauzioni della Costituzione sembrano inefficaci nel confuso procedere delle trattative, complicate dalla commistione di interessi pubblici e privati dei protagonisti del negoziato. Il lecito e l’illecito dovrebbero fare la differenza. Il loro garbuglio pare accomunare, invece, un abietto dittatore arricchitosi con il potere e un presidente democratico proteso al potere di viepiù arricchirsi “senza senso morale”.
Aggiornato il 15 dicembre 2025 alle ore 12:38
