Tunisia 2025, l’anno dei grandi processi politici

Da mesi in Tunisia le proteste contro il presidente Kais Saïed spingono verso una aggregazione di tutte le forze di opposizione al regime. Manifestazioni che gridano ingiustizia crescente e autoritarismo dilagante. Quindi, i partiti di opposizione provenienti da tutto lo spettro politico e le varie organizzazioni non governative, si aggregano con l’unico scopo di opporsi alla politica di Saïed. Apparentemente le proteste inneggianti la libertà, sotto tutte le sue sfumature, possono collocarsi dalla parte dei “giusti”, ma non bisogna dimenticare che la popolazione tunisina è stata “l’ostetrica” della “primavera araba” nata convenzionalmente il 17 dicembre 2010 (Mohamed Bouazizi), e realizzatasi politicamente con la deposizione, dopo 23 anni al potere, del presidente Zine El-Abidine Ben Ali, spinto giù dallo scranno del comando il 14 gennaio 2011; da allora, con andamenti politici fluttuanti verso la contrazione delle libertà, il popolo tunisino appare più come attore non protagonista del funerale della speranza di democrazia. Gli artefici della politica che in questi ultimi 15 anni ha caratterizzato la vita della società tunisina, sono il frutto, inaspettato, di quella che chiamata anche la Rivoluzione dei gelsomini, si è trasformata in un gelido processo di sopraffazione sociale.

Ricordo che Saïed è considerato, dalla sempre più vasta opposizione, essere il demolitore della democrazia conquistata, illusoriamente, con la rivoluzione del 2011; rammentando che nel 2021 ha modificato la Costituzione accentrandola intorno alla sua figura, e acquisendo quindi nuovi poteri, esautorando le funzioni parlamentari, e governando per decreto, per poi assumere anche il controllo della magistratura. Così il 2025 passerà alle cronache come l’anno dei grandi processi politici voluti dal regime del presidente, sempre più autocrate, e con una politica estera dai connotati se non inquietanti almeno rischiosi. L’ultima performance di Saïed è stata quella di avere fatto arrestare il 4 dicembre Nejib Chebbi, cofondatore del movimento politico Fronte di salvezza nazionale (Fsn) e leader del partito di opposizione nel Paese. L’arresto di Chebbi, prelevato dalla polizia dalla sua abitazione, è avvenuto pochi giorni dopo essere stato condannato, tramite il consueto processo farsa, a 12 anni di carcere, con la solita accusa di aver complottato contro la sicurezza dello Stato.

In odore di arresto, Chebbi aveva dichiarato all’emittente Al Jazeera Arabic l’ingiustizia e l’infondatezza del verdetto. Aggiungendo che la Tunisia non ha giudici, ma dipendenti sottomessi alle autorità governative e usati per colpire gli oppositori politici. Il vortice di arresti si è acutizzato nelle ultime settimane con numerosi procedimenti giudiziari che hanno colpito esponenti dell’opposizione, oltre difensori dei diritti umani e avvocati. Il tutto rientra nei cosiddetti “casi di cospirazione”, nel quale scenario alcune pene hanno superato quaranta anni.

Tuttavia, se in politica interna Saïed sta giocando una carta con caratteristiche di rischio elevate, anche alla luce di quanto può essere irruenta e instabile la società tunisina nonostante il gioco governativo, più multiforme è la politica estera, che da tempo il governo tesse con Stati non particolarmente in condizioni di stabilità come l’Iran. In realtà, queste ardite azioni manifestano un deterioramento delle relazioni tra Tunisia ed Europa. Tanto è che il 25 novembre scorso Saïed ha convocato al palazzo presidenziale di Cartagine l’ambasciatore dell’Unione europea a Tunisi Giuseppe Perrone. L’incontro si è configurato come monito. Due giorni dopo, il 27 novembre, Mohamed Ali Nafti, ministro degli Esteri tunisino, ha convocato l’ambasciatrice olandese, Josephine Frantzen, anch’essa ammonita per generiche e presunte violazioni delle regole diplomatiche. Tuttavia, non sono stati resi noti i motivi veri di questa, mai verificatasi prima, azione del governo tunisino.

È verosimile che l’accusa di inosservanza delle regole diplomatiche ricada nei colloqui tenuti dai due diplomatici: infatti Perrone, il giorno prima della sua convocazione, il 24 novembre, ha incontrato il Segretario generale dell’Ugtt, ovvero Unione generale tunisina del lavoro (travail), organizzazione che ha avuto un ruolo politico determinante nel percorso di indipendenza della Tunisia, oltre che principale sindacato del Paese. Inoltre, da tempo, i rapporti tra questo sindacato e il Presidente tunisino sono ad alta tensione. Mentre Josephine Frantzen si sarebbe, cosa gravissima per Saïed, incontrata con un personaggio dell’opposizione politica. Posizioni, quelle di Saïed, sia verso l’interno che l’esterno del Paese che inequivocabilmente denotano caratteristiche politiche tendenzialmente paranoiche, in un contesto di complotti interni e presunte ingerenze straniere. Questo ha trasformato la “sentinella d’Europa”, così era definita la Tunisia fino a poco tempo fa, in un arcigno becchino della speranza. Considerando, tuttavia, che “modalità democratiche” nel Paese hanno attecchito sempre poco e saltuariamente.

Aggiornato il 09 dicembre 2025 alle ore 10:17