Anche Bruxelles è a rischio shutdown

Se fosse una parodia, verrebbe in mente la scenetta di Tognazzi e Vianello, quando fecero il verso alla celebre caduta del presidente Gronchi alla Scala di Milano (“chi ti credi di essere”?), che costò ai due comici il licenziamento in tronco dalla Rai. Bruxelles non ha la pretesa di sentirsi come gli Stati Uniti d’America. Ma nelle prossime settimane potrebbe avere gli stessi problemi che ha avuto l’amministrazione pubblica Usa. Perché anche in una comunità locale, se manca l’accordo su tutto, a partire da una legge di bilancio, il rischio shutdown è forte.

Ed è quello che sta accadendo alla capitale del Belgio e d’Europa, senza governo da più di 541 giorni, record eguagliato e poi superato, che apparteneva al governo federale dopo le elezioni del 2010. La Regione di Bruxelles Capitale, proprio come l’America di Donald Trump, rischia ora di rimanere senza liquidità a breve e a medio termine, se non si raggiungerà un accordo che deve essere prima politico, il governo della regione, e poi di bilancio. I negoziati per la formazione di una maggioranza sono in stallo. Il rischio di un blocco, avverte Dirk De Smedt, da 1 mese responsabile regionale del bilancio, “è reale”. E lo è perché la banca Belfius ha tagliato le sue linee di credito per coprire i deficit temporanei. E questo rende sempre più problematico garantire la continuità dei servizi pubblici.

Continuare, allora, a discutere di problemi politici e istituzionali quando non si è in grado di fornire le risorse necessarie per garantire che l’operatività dei servizi al cittadino, darebbe poi a questa vicenda la giusta dose di surrealismo, avvertono alcuni esponenti politici locali. Bruxelles Capitale potrebbe avere, dunque, molto presto forti difficoltà a pagare i propri dipendenti pubblici, a partire da fine aprile o inizio maggio 2026. Uno scenario a 6 mesi, dice De Smedt: “Che ovviamente eviteremo e dovremo evitare a tutti i costi”. Ma dopo 18 mesi di stallo, arrivare a Pasqua ancora senza un governo, e con l’impossibilità di assicurare gli stipendi pubblici, sembra un’ipotesi tutt’altro che peregrina.

Anche perché, si fa notare, quell’a tutti costi del ministro, suona un po’ eufemistico. Se non si trova una soluzione, infatti, un’opzione sul tavolo sarebbe che Bruxelles paghi le sue spese operative per mezzo di mutui ipotecari. Ipotesi considerata “inaccettabile” perché troppo costosa e troppo complessa. Il che non significa che se ne escluda il suo ricorso. Ancora può succedere di tutto, considerando la tensione sociale in forte rialzo, dopo i 3 giorni di sciopero nazionale della scorsa settimana.

I bruxellesi, infatti, continuano a protestare, perché per loro il problema è duplice: aumento del costo della vita in generale e politiche sociali sotto attacco, e la crisi del governo della loro città, che è città-Stato. Il 1° dicembre, 500 persone aderenti al collettivo Respect Bruxelles, hanno manifestato davanti la sede della regione, invitando i loro rappresentanti a “mettersi al lavoro” per evitare il blocco delle attività amministrative, altrimenti “la prossima volta occuperemo il Parlamento”.

I manifestanti hanno denunciato quelle che sono già le conseguenze della paralisi istituzionale: ritardi nei permessi di costruire, sussidi bloccati, bollette non pagate e procedure ferme. “Non possiamo continuare a vivere in uno stato di attesa perpetua”, ha insistito il portavoce del gruppo, Nicolas Hemeleers, intervistato dalla tivù pubblica. Sono state sollevate preoccupazioni anche riguardo alla situazione di bilancio della Regione, al problema dei senzatetto, alle minacce alla cultura e alle sfide per la sicurezza. Per i cittadini, la situazione è “sempre più incomprensibile”, e la Region bruxelloise “rischia di andare dritta verso il disastro”.

Un compromesso tra le forze politiche è sempre più urgente. Prima di un governo, però, lo è ancora di più garantire il funzionamento della macchina pubblica. Il ministro De Smedt moltiplica gli incontri con banche e altri investitori, per garantire la “priorità delle priorità” nel brevissimo termine, cioè poter ripristinare un certo livello di liquidità. Poi c’è l’altra priorità: trovare finanziamenti a lungo termine. “Serve almeno 1 miliardo”, dice il ministro. Il che richiede fiducia da parte di questi attori finanziari. La credibilità, però, può essere ristabilita solo se una coalizione politica riuscirà a formare un governo a Bruxelles.

La scorsa settimana, c’è stata una nuova battuta d’arresto nelle trattative. Attendiamo “nuove dinamiche”, si dice da più parti. Il Movimento Reformateur (MR, partito liberal-conservatore francofono) le sta provando tutte per trovare la quadra, ma i fiamminghi liberali (Open VLD) non riescono a mettersi d’accordo con i socialisti (PS) su nulla, e lo stesso Open VLD non vuole sedersi al tavolo delle trattative con i correligionari cristiano-democratici (CD&V). Qualcuno, allora, sta provando a serrare i tempi (si fa per dire).

“A meno che ci sia un ripensamento da parte del PS o di Ecolo, saremo costretti, entro un massimo di 10 giorni, data l’urgenza, a riconoscere che raccogliere una tale maggioranza dietro il MR non è purtroppo possibile”, scrive Yvan Verougstrate presidente degli Engagés (partito francofono di centro). Dieci giorni per coprirsi, ulteriormente, di ridicolo, dunque, altrimenti i centristi prenderanno non solo atto del fallimento, ma anche in considerazione la possibilità di “una maggioranza alternativa”. O addirittura “il sostegno a un'iniziativa da parte della società civile o di esperti tecnici”.

Aggiornato il 02 dicembre 2025 alle ore 10:23