Salve Macmerzmer! L’Inner Europe

La nuova sigla dell’Europa “a due velocità” (finalmente!) è “E3” o “Macmerzmer”, nomignolo quasi perfetto per il trio Emmanuel Macron- Friedrich Merz-Keir Starmer. Il brand appartiene a The Economist, e ha una certa assonanza con il capolavoro di Bertolt Brecht, La ballata di Mackie Messer (Die Moritat von Mackie Messer), l’accoltellatore. In questo caso, però, a morire (giustamente) accoltellata è la solenne, ipocrita e contraddittoria inerzia dell’Europa a “27”, una gigantesca piramide di nanetti litigiosi, finalmente sostituita dal trio di testa Germania-Francia-Inghilterra, di cui occorre notare come le ultime due siano potenze nucleari. Il che ne fa letteralmente un Trio muscolare, espressione della forza europea, futura e attuale. L’E3, di tutta evidenza, ha le carte a posto per vedersela, volendo, con il duo dei nuovi facitori degli equilibri europei, Donald Trump e Vladimir Putin. Ma anche il cinese farebbe bene a fare molta attenzione a questi tre. In particolare, a causa di pregresse vicende storiche, Russia e America dovrebbero anche loro stare all’erta dalla eventuale, temutissima rinascita dell’Impero Prussiano, quasi preannunciata dallo stanziamento di un trilione e passa di euro, deciso dalla nuova Germania federale di Frederic Merz, per il riarmo e il rinnovo delle infrastrutture civili e militari tedesche, nonché dell’arruolamento nella Bundeswehr, l’esercito tedesco. Ovviamente, E3 è tutt’altro che un monolite autoescludente, dato che il trio iniziale nella sua versione allargata, autonominatasi dei “volenterosi”, per il sostegno politico, economico e militare all’Ucraina, ha integrato cammin facendo altre componenti dell’Unione, come Polonia, Finlandia, Italia e le istituzioni della stessa Ue per rafforzare il fronte pro-Kiev. E3 per ora nasce in base a una precisa strategia: affiancare con propri consiglieri la delegazione ucraina che a Ginevra si confronterà con gli Usa, in merito al Piano di pace da sottoporre a Vladimir Putin. Del resto, mai momento fu più opportuno per la formazione di una locomotiva di testa europea, in grado di trainare una lunga teoria di carri merci, in cui sono imbarcate popolazioni rissose e orientate in modo disomogeneo, come la Rosa dei venti.

Poiché poi è vero che, in realtà, “Dio gioca a dadi”, smentendo così il povero Albert (Einstein), la magia del trio si è composta casualmente in corrispondenza ad alcuni accadimenti specifici: l’insediamento a maggio scorso di Friedrich Merz alla Cancelleria di Berlino, preceduto dall’avvento a Downing Street del premier inglese, sir Keir Starmer. Ed è proprio il premier britannico ad aver posto in primo piano la revisione della Brexit e del rapporto dell’Inghilterra con l’Unione europea, anche e soprattutto a seguito della guerra di invasione scatenata dalla Russia per la conquista dell’Ucraina. Infatti, la prima edizione in assoluto dell’attuale trio si è avuta immediatamente dopo la nomina di Merz a cancelliere, con il famoso tour di undici ore in treno a Kiev per incontrare Volodymyr Zelensky. Da allora, è invalsa la prassi di procedere a regolari consultazioni a tre, per concertare gli aiuti all’Ucraina e per confrontarsi con Trump sulle politiche di contenimento della minaccia russa in Europa. Questo perché le tre Nazioni-guida del Vecchio Continente e dell’Unione si sono rese conto, dal 2024 in poi, a seguito dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca, di doversi far carico della propria sicurezza collettiva, anche per contenere quella che, a tutti gli effetti, si sta profilando come una minaccia geopolitica alla stabilità del continente da parte della Russia. Storicamente, tuttavia, il format trilaterale è comparso per la prima volta nel 2003, quando i ministri degli esteri dei tre Paesi si recarono a Teheran per negoziare un accordo con l’Iran sull’arricchimento dell’uranio. Con la Brexit, tuttavia, anche questo primo embrione di “Inner circle” europeo è venuto meno a partire dal 2016, anche perché fortemente depotenziato dalle politiche merkeliane di appeasement con la Russia gasiera di Vladimir Putin.

La cosa forse più curiosa deriva dal fatto che il trio è stato messo assieme più dalle debolezze politiche di ciascuno dei suoi leader, che dalla coscienza di essere una forza di prima grandezza, rappresentata dalla loro unione politica, economica e militare. I loro stili personali, del resto, hanno assai poco in comune: prima di intraprendere le rispettive carriere politiche, Merz è stato un collaudato avvocato corporate, mentre Starmer ha un passato da pubblico ministero e Macron da banchiere e alto burocrate. Ora, il primo si trova insediato a Berlino a capo di una coalizione traballante e insidiata dalla destra anti-immigrati dell’Afd (secondo partito tedesco, in base ai più recenti sondaggi), mentre il francese naviga di crisi in crisi, con dimissioni ravvicinate dei primi ministri da lui nominati, e con il concreto rischio di non veder approvato il bilancio per il 2026 da un Parlamento dominato dall’opposizione rossobruna. Anche Londra non naviga in acque tranquille, dato che il Governo in carica se la deve vedere con un’opposizione di destra a guida Nigel Farage, che è maggioranza nel Paese e si oppone alle politiche migratorie del governo. E tutte le opposizioni di destra, tedesca, inglese e francese, sono guarda caso filorusse, complicando non poco il cammino europeo della Triade.

E questa, se vogliamo, è una seria ragione per “rifugiarsi all’estero”, che riguarda tutti e tre i leader, alla ricerca di un conforto per le loro leadership fortemente sotto stress in patria. Da un lato, Macron non ha mai lesinato i suoi auspici in merito a una “autonomia strategica” (dall’America, evidentemente) della stessa Europa, un’idea che ha guadagnato decisamente terreno negli ultimi tempi, con il disimpegno sempre più marcato di Washington nei confronti della Nato e della sicurezza europea. Nel frattempo, le tre potenze si sono ulteriormente ravvicinate tra di loro con trattati bilaterali Francia-Germania e separatamente poi con la stessa Inghilterra. Modalità quest’ultima definita in alcuni ambienti diplomatici come multi-bilateralismo. Di recente, E3 ha assunto un’iniziativa autonoma sul dossier nucleare iraniano, in vista di un eventuale rinnovo del precedente accordo, denunciato unilateralmente a suo tempo da Donald Trump. All’interno del trio sussistono anche alcune differenze significative, come quella del riconoscimento dello Stato di Palestina, sul quale concordano Parigi e Londra, ma non Berlino (né Roma), per evidenti ragioni storiche. Altra notevole differenza tra di loro: Germania e Regno Unito sono fervidi atlantisti, favorevoli ad acquistare armi dall’America; la Francia, viceversa, spinge per una soluzione del tipo “buy european”, vantando un complesso militar-industriale di notevole livello, vedi gli aerei Rafale e i carri Leclerc. Ma anche il rapporto con la Cina è più complicato, dato che per gli scambi commerciali è competente Bruxelles, mentre l’Inghilterra può muoversi autonomamente nei confronti di Pechino. Ora, tutto dipenderà dall’accordo sull’Ucraina: se passerà sopra la testa dei tre maggiorenti europei, allora ne indebolirà inevitabilmente il “format”. Nel caso contrario, se E3 riuscirà a irreggimentare l’istrionismo di Trump e ad avere voce in capitolo sul destino di Kiev, allora Macmerzmer potrebbe rappresentare un avvio di soluzione per il futuro dell’Europa.

Aggiornato il 01 dicembre 2025 alle ore 11:27