Il “Piano” inclinato, mani in alto Europa!

Nel mondo dell’irenismo woke che non c’è più, con buona pace di Francis Fukuyama, questa Europa del terzo decennio del XXI secolo non sa come fermare il toro infuriato della storia guerriera che la sta travolgendo, avendo presupposto che non fosse necessaria la “Forza” per far rispettare il suo totem sacro del “Diritto”. Ma gli errori imperdonabili e catastrofici di oggi vengono da molto lontano, ovvero dal peccato originale di aver collocato il centro della conciliazione mondale dei conflitti in un’organizzazione come quella delle Nazioni Unite, in cui un ristretto condominio di Stati che si odiano tra di loro ha il potere di bloccare qualsivoglia decisione dell’Assemblea. Invalidandone così l’azione di contenimento del disordine mondiale, intesa a punire tutti coloro che commettano crimini contro l’umanità, scatenando genocidi, guerre civili, persecuzioni razziali, etniche e religiose di massa, e fattispecie similari. Oggi, tutto ciò è reso impossibile dalla sostanziale separazione in due metà del globo: da un lato l’Occidente e il suo orizzonte sempre più sfumato e inutile dei diritti; dall’altro la nebulosa del Global South, etero diretta dalla Cina, per cui ogni Nazione che vi aderisce è libera di scegliersi l’organizzazione statuale che meglio crede, restando padrona a casa sua. E finché c’è stato un gendarme del mondo “libero” (per modo di dire), come gli Stati Uniti d’America, a mettere a disposizione la sua immensa forza militare, politica ed economica, l’Onu e la collettività mondiale hanno potuto contare su quelle risorse per mettere un po’ d’ordine nel mondo.

Ma, questo ha voluto anche dire che l’America poteva scegliere unilateralmente l’opzione militare per la salvaguardia dei suoi interessi, senza che vi fosse un reale contropotere a impedirglielo. Ma è vero anche il viceversa: sono proprio i suoi meccanismi di Balance-of-Powers e di Check-and-balances ad averla costretta a ritirarsi più e più volte da Asia e Medio Oriente sotto la spinta della sua opinione pubblica (vedi Corea nel ‘53; Vietnam nel 1975; Iraq nel 1991 e poi nel 2011; Afghanistan 2021), senza però avere il coraggio di dichiarare guerra all’Iran nel 1978, all’epoca del sequestro degli ostaggi nell’Ambasciata americana a Teheran. Se lo avesse fatto sconfiggendo da subito il khomeinismo, il mondo si sarebbe risparmiato gli immensi lutti e le guerre per proxy del fondamentalismo islamico, sunnita e sciita. Ciò che non si capì con l’atto fondativo del 1945 con cui nascevano le Nazioni Unite, fu proprio il limite del sogno di un multilateralismo basato soltanto sul diritto internazionale e, quindi, sulla buona volontà di tutti i suoi membri di risolvere in modo pacifico i conflitti insorti tra di loro.

Non avendo posto nessuna regola di sbarramento per la membership (come l’obbligo del rispetto dell’equilibrio dei poteri e della scelta a suffragio universale della rappresentanza politica), ben presto l’Onu, nell’arco di mezzo secolo, è divenuta sempre più terzomondista e inflazionata da Stati e statarelli in mano ad autocrati dinastici e a dittatori di ogni risma, civili e militari. Per di più, la sua governance ristretta del Consiglio di Sicurezza ha fatto sì che il mondo fosse sempre più diviso in zone di influenza, tripartite tra America, Cina e Russia, che rappresentano le tre più grandi potenze nucleari del pianeta.

E poiché nessuno potrebbe ragionevolmente auspicare una guerra tra di loro, questo vuol dire che il primo dei tre che avesse rotto con la finzione del multilateralismo, prendendo con la forza ciò che non era suo di diritto (la Russia, nel caso specifico), non avrebbe ricevuto nessuna dichiarazione di guerra da parte di uno o di entrambi gli altri due, per evidenti motivi di opportunità. Come nessun europeo, russo o americano vuol morire per Taiwan, così tantomeno America, Cina e resto del mondo, Europa compresa, intendono morire per Kiev. L’unica cosa che ci siamo potuti permettere è stata una guerra per proxy, con l’Ucraina a fare da cavia ai nuovi equilibri mondiali. Anche in questa occasione, unica e irripetibile per noi di dimostrarci forti con i forti, abbiamo accettato la finzione di poter sconfiggere per Ucraina interposta l’autocrate di Mosca, intemerato violatore del nostro sacro Diritto Internazionale, che noi non abbiamo la più pallida idea di come difendere dai suoi nemici giurati!

Così, strada facendo, ci siamo resi ridicoli agli occhi dei russi facendo le più assurde follie in tema forniture di armamenti a Volodymyr Zelensky: quest’arma avanzata va bene perché difensiva; quest’altra no perché è offensiva. Come se un assediato non avesse tutto il diritto (internazionale!) di rivalersi sull’assediante in pari misura, prendendo di mira le sue grandi città, così come fa lui da quattro anni con quelle ucraine, martirizzandole con milioni di tonnellate di tritolo. E che dire del nostro sorriso ebete, mentre i sanculotti mediatici di regime di Vladimir Putin minacciavano ogni santo giorno di scatenare il sacro fuoco nucleare post-sovietico sui nostri territori?

E nessuno dei nostri tromboni dei media nazionali che avesse risposto per le rime, tipo: “per ogni colpo che tiri a me te ne restituisco dieci a te”, per dire che, se vuoi fare il bullo (nucleare) sappi che andrai a finire malissimo. Non solo ci siamo mostrati vigliacchi fino alla fine, rinunciando da subito alla no-fly-zone” sull’Ucraina che sarebbe costata a Putin una sconfitta cocente, ma ci siamo arroccati sui palliativi, ben sapendo che, se i russi avessero resistito fino alla fine, malgrado le alte perdite, gli embarghi e i costi altissimi della guerra, avrebbero stravinto su un’Ucraina priva di mezzi e senza più riservisti da mandare al fronte.

Ma, la cosa peggiore è l’ultima, in ordine di tempo. Ovvero il Piano di Pace per l’Ucraina proposto da Donald Trump in 28 punti, vero Cavallo di Troia per la vittoria del diktat putiniano del 2022, al quale abbiamo (con troppa supponenza) risposto con un piano congiunto Europa-Ucraina in 19 punti, che siamo riusciti a concordare in apparenza con gli Usa. Morale della favola: anche stavolta non abbiamo inteso fare i conti con l’oste: se è Vladimir Putin a dire la parola definitiva sulla nostra proposta, come facciamo a farla passare così com’è, senza prima averne parlato con cui, come ha fatto più e più volte Trump?

Abbiamo perso quattro anni, convinti che ci saremmo vendicati prima o poi del suo affronto di aver fatto passare i carri armati sulla pergamena del nostro sacro Diritto Internazionale, senza capire che già a marzo 2022 dovevamo avviare il motore diplomatico comune, presentando a Mosca una nostra proposta seria per un Trattato solenne sulla Sicurezza in Europa. Visto che, per di più, noi in primis avevamo già gravemente e mortalmente peccato, violentando a suo tempo la Storia, che avrebbe richiesto lo scioglimento contestuale del Patto Atlantico (e, quindi, della Nato), una volta evaporato con la caduta dell’Urss quello “nemico” e a noi contrapposto del Patto di Varsavia.

Diciamocelo: la Cina ci odia e non dimentica perché l’abbiamo umiliata con la Guerra dell’Oppio. La Russia ci odia e non dimentica perché l’abbiamo distrutta economicamente a ridosso del 1991, facendola passare a tappe forzate da un’economia centralizzata a un’economia di mercato, distruggendo così letteralmente la sua coesione sociale e politica. Allora, se si presenta un comune piano di pace al nemico, quand’è che ci si confronta direttamente con lui?

Aggiornato il 28 novembre 2025 alle ore 11:50