Una delegazione ucraina ha raggiunto un’intesa preliminare con gli Stati Uniti sui termini di un potenziale accordo di pace. A riportarlo è Abc, che cita un alto funzionario americano. “Gli ucraini hanno accettato l’accordo di pace”, ha affermato la fonte, precisando che “ci sono alcuni dettagli minori da sistemare, ma hanno accettato un accordo di pace”. L’annuncio arriva al termine di una sequenza serrata di incontri e consultazioni tra Svizzera, Sudafrica e infine Angola, un percorso diplomatico complesso che ha prodotto una svolta inattesa. Il piano iniziale, composto da 28 punti e oggetto di un’indiscreta fuga di notizie – con versioni discordanti su chi l’abbia fatta filtrare, Washington o Mosca – è stato rivisto dai negoziatori riuniti a Ginevra, ridotto a 19 articoli e ritenuto ora decisamente più accettabile tanto per Kiev quanto per le capitali europee.
Il presidente del Consiglio europeo António Costa ha accolto con prudente ottimismo il nuovo testo, definendo la direzione “positiva”, pur rilevando che restano “questioni da risolvere”. Il nodo centrale, come sempre, riguarda la reazione della Russia una volta ricevuto il documento aggiornato. Le prime dichiarazioni non sono incoraggianti: “Abbiamo sentito del piano europeo, che a prima vista è completamente non costruttivo e non ci sta bene”, ha commentato Yuri Ushakov, consigliere di Vladimir Putin per gli affari esteri. “C’è un sacco di tutto, più un sacco di diverse speculazioni, e non è chiaro a chi bisogna credere”, ha aggiunto, riflettendo un clima di scetticismo che accompagna l’intero processo. Non sorprende che proprio sulla natura del testo – bozza europea o proposta emendata americana – si consumino le prime frizioni narrative, in un contesto in cui persino il segretario di Stato Usa Marco Rubio, nelle scorse settimane, è apparso contraddirsi sul reale coinvolgimento di Washington.
In questo scenario fluido, Putin ha tuttavia definito il piano statunitense, così come presentato a Mosca, “una base per una risoluzione pacifica definitiva” durante una telefonata con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Una posizione che contrasta con la durezza mostrata verso le proposte europee, ma che riflette anche il peso politico attribuito al ruolo degli Stati Uniti nella mediazione. Secondo la delegazione ucraina, il documento elaborato a Ginevra è profondamente diverso dalla versione originaria. “Sono rimasti pochissimi elementi della versione originale”, ha dichiarato il vicepremier ucraino Serhij Kyslycja. I negoziatori di entrambe le parti dovranno ora recarsi a Washington e Kiev per aggiornare i rispettivi presidenti, ai quali spetterà assumere le “decisioni finali” sui punti più sensibili. Una fase cruciale, che precederà il nuovo contatto tra l’amministrazione Trump e Mosca nel tentativo di far avanzare i negoziati. “Ora Volodymyr Zelensky deve prendere delle grandi decisioni mentre è responsabilità dei russi decidere cosa fare: se questa proposta, attualmente in fase di elaborazione, dovesse essere rifiutata dai russi, allora avremmo nuovamente la prova che Mosca non è realmente interessata alla pace”, ha osservato il premier olandese Dick Schoof. “Se invece la porteranno avanti, potremo davvero negoziare”.
Sul fronte europeo, l’unità dei Ventisette – o quasi, considerando la posizione autonoma dell’Ungheria – ha attraversato momenti di tensione dopo la diffusione della bozza, definita da una fonte diplomatica “catastrofica”, per poi ricompattarsi. Le capitali hanno chiarito che sulle questioni strategiche per l’Ue – dal regime delle sanzioni all’allargamento a Kiev, fino all’uso dei beni russi immobilizzati – sarà necessario il “pieno coinvolgimento” e il consenso degli Stati membri. “Solo l’Ucraina “può inoltre determinare le dimensioni del suo esercito”, ha sottolineato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, richiamando un punto fondamentale per la futura architettura di sicurezza di Ue e Nato. La macchina diplomatica non si ferma. Domani si riuniranno i ministri degli Esteri dell’Ue, convocati dall’Alto rappresentante Kaja Kallas. Intanto, a Luanda, i leader europei continuano a spiegare ai partner africani le ragioni per cui, a loro avviso, la Russia non debba uscire indenne dal conflitto. Una girandola diplomatica destinata a proseguire ancora a lungo.
Aggiornato il 25 novembre 2025 alle ore 16:58
