Accordo per l’Ucraina, senza l’Ucraina? No grazie

L’Europa sta finalmente cercando di rafforzare la propria difesa e di ritagliarsi un ruolo politico coerente, mentre scopre che Stati Uniti e Russia hanno lavorato in segreto a un presunto piano di pace per l’Ucraina… senza coinvolgere né l’Ucraina né l’Europa, che da due anni sostiene Kyiv politicamente, militarmente e umanamente. Secondo Axios, Washington e Mosca avrebbero elaborato un accordo in 28 punti costruito interamente a spese del Paese aggredito. La Russia, come era prevedibile, ha negato tutto con le sue solite smentite automatiche, mentre le ricostruzioni di Reuters delineano qualcosa di molto diverso: gli Stati Uniti avrebbero già suggerito a Kyiv di prendere in considerazione condizioni che nessun Paese sovrano accetterebbe per “porre fine” alla guerra.

In questo presunto piano di pace per l’Ucraina, Kyiv dovrebbe cedere ciò che resta delle regioni orientali del Donbas ancora sotto il suo controllo, convertirle in zone smilitarizzate, ridurre della metà le proprie forze armate e rinunciare all’assistenza militare statunitense. A coronare il tutto, la richiesta di riconoscere il russo come lingua ufficiale, dettaglio che suona come l’ennesimo tentativo di mascherare un’aggressione armata con una pretesa culturale. In cambio, l’Ucraina riceverebbe solo vaghe “garanzie di sicurezza” per sé e per l’Europa: formule fumose che suggeriscono più un esercizio di stile che una reale volontà di proteggere il Paese.

A fronte di questa diplomazia parallela, Recep Tayyip Erdoğan ha provato a riportare il processo negoziale su un sentiero più sensato, offrendo Ankara come sede di nuovi colloqui. Peccato che proprio in questa occasione l’inviato americano Steve Witkoff abbia rimandato la sua visita, nonostante avesse già avuto tempo per incontrare a Miami il consigliere ucraino Rustem Umerov e in precedenza l’inviato russo Kirill Dmitrijev. Un’assenza rumorosa, che inevitabilmente ha irrigidito gli animi a Kyiv. Nel frattempo, da Mosca arrivava l’ennesima uscita di Dmitrij Peskov, che ha definito il governo ucraino “tossico”, un giudizio particolarmente paradossale per chi bombarda città di uno Stato sovrano nel cuore dell’Europa ogni settimana. Mentre Ankara si consumava tra incontri mancati e dichiarazioni ostili, una delegazione del Pentagono è approdata a Kyiv per valutare ciò che accade realmente sul campo. L’Ucraina spera che almeno questo contribuisca a rimettere gli Stati Uniti dentro un percorso diplomatico serio – e soprattutto inclusivo – invece di lasciare spazio a piani di pace ideati fuori dal contatto con la realtà. Perché di contatto con la Russia, al momento, non ce n’è: solo smentite di facciata, distorsioni e attacchi missilistici.

L’Europa, esclusa dai “pianirusso-americani, sta comunque cercando di assumersi le proprie responsabilità. La Polonia, bersaglio di recenti sabotaggi ferroviari attribuiti a operazioni ostili russe, ha reagito revocando il consenso all’ultimo consolato russo sul suo territorio. Una decisione che il Cremlino ha giudicato assurda, come se l’instabilità generata da Mosca fosse un’invenzione altrui. Zelensky ha ricordato che tentativi simili avvengono quotidianamente in Ucraina, mentre la Germania ha sottolineato la pressione enorme che grava sulla popolazione ucraina. Una presa di posizione chiara, in contrasto con le narrazioni autoassolutorie russe.

E intanto, mentre si discute di accordi segreti che pretendono di ridisegnare il futuro dell’Ucraina senza il suo consenso, la guerra continua: l’ultimo attacco russo su Ternopil ha ucciso almeno 25 persone. Un promemoria crudele di ciò che Kyiv affronta ogni giorno. Ed è proprio questo il punto: non si può parlare di pace per l’Ucraina proponendo un pacchetto costruito contro gli interessi dell’Ucraina stessa. L’Europa questo lo ha compreso, Kyiv lo vive sulla propria pelle, e chi cerca scorciatoie diplomatiche senza coinvolgere il Paese aggredito dovrebbe ricordare che la stabilità non nasce dall’imporre soluzioni, ma dal rispettare la sovranità di chi sta difendendo la propria esistenza.

 

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza

Aggiornato il 20 novembre 2025 alle ore 13:31