Salvate l’acciaio tedesco

Berlino va alla guerra. Serviranno cuore e acciaio. Soprattutto acciaio, che è in “crisi esistenziale”. Pochi giorni fa Friedrich Merz ha convocato i mamma santissima della siderurgia tedesca per definire la strategia dei prossimi anni, di fronte alla “concorrenza sleale” dell’Asia, a cui si aggiungono i dazi di Donald Trump, e ai “costi elevati” per convertire la produzione di acciaio ad alta intensità energetica in energia verde. La Germania vuole tornare a essere padrona del proprio destino (detta così mette sempre un po’ brividi), chiama a raccolta le forze interne e chiede all’Unione europea azioni immediate per evitare il declino. “L’era dei mercati aperti e del commercio equo e solidale è finita”, ha detto il cancelliere. Germania e Bruxelles “devono proteggere i propri mercati e i produttori”. Il governo tedesco intende fare pressione su Palazzo Berlaymont affinché vengano adottate misure, tra cui l’aumento dei dazi su ogni prodotto che puzza di cinese.

Agli stati generali dell’acciaio tedesco, Merz ha ricordato di aver sempre sostenuto l’apertura dei mercati e la concorrenza leale. Con i dazi imposti dagli Usa, tuttavia, la situazione è cambiata. Le misure protezionistiche, che un tempo incontravano parecchie resistenze, per Berlino non sono più un tabù. Alla luce della crisi dell’industria siderurgica, Merz chiede che alle aziende nazionali sia concessa “una corsia preferenziale” se utilizzano acciaio prodotto in Europa, poiché “è in gioco il destino di un settore chiave, e quindi delle aziende, dei lavoratori e delle loro famiglie”. La questione di come proteggere meglio l’industria nazionale, fa sapere il ministro delle finanze Lars Klingbeil, “è stata, credo, il punto più importante del dibattito”. Stahl über alles. Sul punto fondamentale, infatti, il consenso è unanime: “L’obiettivo – dice Merz – è mantenere la produzione di acciaio in Germania a lungo termine”.

Secondo l’Associazione tedesca dellacciaio (WV Stahl), l’industria siderurgica dà lavoro a circa 90mila persone. Si tratta di garantire che la Germania possa continuare a produrre acciaio in proprio, sia per il settore edile, che per l’industria automobilistica o della difesa. Soprattutto in tempi di crisi, un’eccessiva dipendenza dalle importazioni di acciaio rappresenterebbe un rischio per l’economia. La pressione sulla siderurgia tedesca “è enorme”, rileva Jürgen Kerner, secondo presidente del sindacato IG Metall, e per questo servono “risultati rapidi ora”, sia per la protezione commerciale che per i costi dell’elettricità industriale. Altrimenti, avverte, “l'industria siderurgica in Germania crollerà”. I governatori di Saarland, Sassonia, Renania Settentrionale-Vestfalia, Bassa Sassonia, Brema e Baviera ritengono a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro. Per questo chiedono dazi punitivi del 50 per cento sul maggior numero possibile di prodotti nella filiera cinese dell’acciaio, e propongono un futuro divieto sulle importazioni di acciaio dalla Russia nell’Ue. I Lander chiedono poi che l’acciaio tedesco ed europeo venga privilegiato nelle gare d’appalto, ad esempio nell’acquisto di veicoli ferroviari o nell’edilizia residenziale sovvenzionata con fondi pubblici.

L’Asia produce quasi tre quarti dell’acciaio grezzo mondiale, rileva Eurofer. Nonostante il secondo posto Ue, l’acciaio europeo rappresenta solo il 14 per cento della produzione mondiale di acciaio. In Asia, la Cina è leader, ma anche l’India ospita diverse grandi aziende siderurgiche. All’interno dell’Ue, la Germania è il principale produttore. Secondo WV Stahl, la produzione nazionale di acciaio grezzo è diminuita di quasi il 12 per cento, attestandosi a 17,1 milioni di tonnellate nella prima metà del 2025, lo stesso livello registrato nella crisi finanziaria del 2009. Nel 2024, la produzione tedesca di acciaio grezzo ha raggiunto i 37,2 milioni di tonnellate. È il terzo anno consecutivo che rimane al di sotto dei 40 milioni di tonnellate, attestandosi quindi su livelli recessivi. L’industria sta inoltre lottando contro gli elevati costi di produzione ad alta intensità energetica, mentre allo stesso tempo i produttori stranieri si stanno facendo strada sul mercato con prezzi bassi.

La politica tariffaria statunitense ha rappresentato il colpo di grazia. Sono tante zavorre che piombano la crescita, e incidono sui ricavi: nel 2024 il settore ha registrato un calo delle vendite per il secondo anno consecutivo, con una diminuzione di 5,3 miliardi di euro rispetto al 2023. Delle 10 maggiori aziende mondiali, in termini di volume di produzione, 6 hanno sede in Cina. Solo un produttore è europeo. ArcelorMittal è, infatti, attiva anche in Germania con stabilimenti produttivi a Brema ed Eisenhüttenstadt (acciaio piano), nonché ad Amburgo e Duisburg (acciaio lungo). La sua sede centrale è in Lussemburgo e la sua gestione è in parte gestita da Londra. La prima azienda tedesca, la Thyssenkrupp Steel, si classifica al 42° posto. L’occupazione traballa. La Salzgitter diminuirà i costi di 500 milioni di euro allanno, fino al 2028, negli acquisti, nella logistica e nelle vendite, e ha ammesso che saranno inevitabili forti tagli ai posti di lavoro. La stessa Thyssenkrupp ha iniziato un programma di riduzione dei costi per la sua divisione acciaio che coinvolgerà la forza lavoro: gli attuali 27mila dipendenti diventeranno 16mila entro il 2030 con partenze volontarie, licenziamenti, esternalizzazioni e vendita di rami d’azienda.

Aggiornato il 12 novembre 2025 alle ore 09:52