L’uranio del Niger viaggia verso la Russia

La questione del concentrato di uranio, yellowcake, del Niger, rappresenta una delle massime tensioni che aleggiano nel Paese, ma con proiezioni, visto il minerale in gioco, a livello geostrategico. Non sufficienti i rischi dell’espansionismo jihadista nell’area del Sahel, e non sufficienti i fallimenti dell’avvicinamento alla Russia da parte di molti di questi Stati prevalentemente golpisti, che ora rischiano che lo Stato islamico li fagociti, vedi Mali, adesso nuovi contratti di acquisto dell’uranio nigerino con Mosca muovono nuovi timori a livello internazionale. Il mercato del concentrato di uranio del Niger sta influendo pesantemente nel disegnare lo scenario delle geostrategie, in particolare dopo il colpo di stato del 26 luglio 2023, quando il presidente eletto, diciamo democraticamente, il filo-francese Mohamed Bazoum, fu deposto da un gruppo di militari della guardia presidenziale guidati dal generale Abdourahamane Tchiani. I golpisti occuparono la sede del capo dello Stato in carica a Niamey e Tchiani si autoproclamò presidente del Consiglio nazionale per la salvezza della patria.

Da quel momento la corrente antioccidentale, ma soprattutto antifrancese, si diffuse anche a livello generale, tanto è che subito dopo fu chiesto alla Francia di smobilitare le sue basi e i suoi interessi nel Paese. La prima azione fu quella di preparare la revoca per l’estrazione dell’uranio dalle miniere controllate da Parigi, in particolare dal colosso francese Orano, azienda leader nell’estrazione e nella lavorazione dell’uranio nel Paese. Così a inizio 2024 le autorità nigerine revocarono alla Orano la licenza per la miniera di Imourarene, uno dei più grandi giacimenti di uranio al mondo, con riserve stimate in oltre 200mila tonnellate, anche se l’estrazione di uranio era bloccata da quasi 10 anni, così fu revocata l’autorizzazione anche per la miniera di uranio di Somaïr. Poco dopo il governo di Niamey dichiarò la sua nazionalizzazione. In pratica, da quel momento la Francia perse oltre il 40 per cento dell’uranio utilizzato per il suo sistema nucleare nazionale, e la Russia subentrò pesantemente nelle dinamiche commerciali nigerine sia dello yellowcake, che dell’oro.

Proprio dal colpo di Stato del giugno 2023 che le autorità golpiste nigerine hanno inteso di diversificare i loro partenariati economici, rivolgendosi in particolare a Russia e Iran. Contestualmente, sono iniziati i dissidi e le tensioni tra la società Orano e il governo di Niamey. Una questione che si ripercuote chiaramente nei rapporti tra Niger e Francia. In questo quadro di “fibrillazioni strategiche”, giovedì scorso è stato liberato dal governo nigerino il rappresentante locale in Niger della società Orano, Ibrahim Courmo, che era stato arrestato pochi giorni prima del colpo di Stato del giugno 2023. Un rappresentante della Orano ha manifestato soddisfazione per la liberazione di Courmo, affermando che è avvenuta a seguito di una serie di confronti con le autorità nigerine. Tuttavia, tale successo diplomatico tra azienda e Governo non ha minimamente cambiato gli equilibri e gli obiettivi che tendono a estromettere la Francia da questo strategico mercato, mentre accrescono i legami con la Russia.

Comunque, anche se varie disposizioni del governo di Niamey hanno bloccato le attività di estrazione e lavorazione della Orano, il cui capitale è detenuto per oltre il 90 per cento dallo Stato francese, la società ha avviato diverse azioni legali contro Niamey tramite le procedure dell’Icsid, ovvero Centro internazionale per la risoluzione delle controversie sugli investimenti, che a settembre 2024, si è pronunciato a favore dell’azienda, vietando al Niger di vendere l’uranio prodotto dalla miniera di Somaïr. Anche questa disposizione emessa da un organismo internazionale ignorata. Secondo fonti della società Orano, la miniera di Somaïr contiene circa 1.300 tonnellate di concentrato di uranio, per un valore di mercato di quasi 260 milioni di euro.

Secondo gli ultimi rilevamenti, il Niger detiene poco meno del 5 per cento della produzione mondiale di uranio, collocandosi al quarto posto come produttore globale di questo minerale. Tuttavia, ha un ruolo determinante nell’approvvigionamento globale di questo metallo essenziale per le centrali nucleari e anche a scopo militare. In questo contesto non solo la Francia che sta perdendo uno dei suoi “piedistalli nucleari”, ma l’Europa in generale, come anche gli Stati Uniti, stanno nutrendo forti preoccupazioni per la possibilità, o meglio certezza, che il Niger venda queste scorte di uranio concentrato alla Russia. Si parla di oltre mille tonnellate.

Rilevano “osservatori locali” che il governo Tchiani e il colosso nucleare russo Rosatom si siano recentemente accordati per la vendita di circa mille tonnellate di “yellowcake”, su una quantità di 1.400 stoccate nella miniera di Arlit nel nord del Niger, prima gestita dalla Orano, per un valore di 150 milioni di euro. Risulta che entro pochi giorni sia prevista una spedizione composta da decine di convogli caricati con le mille tonnellate di uranio stabilite nel contratto, che seguiranno la rotta Burkina Faso porto di Lomé in Togo, e qui il concentrato di uranio sarà caricato su un cargo diretto in Russia. Il tragitto Niger-Lomé è già collaudato e ritenuto affidabile dai russi, in quanto essendo in buona parte controllato da gruppi jihadisti affiliati ad Al-Qaeda e allo Stato islamico, non sembra dare difficoltà ai camionidentificati” che lo percorrono. Una dimostrazione di quanto sia dilagante il jihadismo nel Sahel e quanto sia necessario che tali spostamenti godano di una sorta di autorizzazione da parte di questi gruppi islamisti. ;a a quale prezzo?

Un processo, quello di vendita da parte del Niger di uranio alla Russia che non può non collocarsi nella dialettica di Vladimir Putin che a folate minaccia l’Occidente di utilizzare armi strategiche nucleari dalle potenzialità illimitate. Un intersecazione di interessi dove non si distinguono nette divisioni tra i vari attori della regione e dove colpi di Stato, espansionismo jihadista, e modalità neocolonialiste, sono strutturali al disegno in atto di costruzione di un nuovo sistema di alleanze strategiche. Inoltre, il ministro delle Miniere del Niger il 25 settembre scorso, ha chiesto alla Russia un sostegno tecnologico e logistico per sviluppare i suoi giacimenti di uranio.

Aggiornato il 10 novembre 2025 alle ore 09:51