Mentre l’economia russa continua a scivolare nella recessione e il potere d’acquisto dei cittadini viene eroso dall’inflazione e dalle sanzioni internazionali, i volti simbolo della propaganda televisiva vivono in una dimensione completamente diversa, protetta, dove il pessimismo è bandito e i redditi personali crescono come mai prima. Olga Skabeyeva e Yevgeny Popov ne sono l’emblema più evidente: negli ultimi quattro anni i loro guadagni sono aumentati di circa il 50 per cento, un balzo che sarebbe inimmaginabile per la maggior parte dei russi, ma che a loro ha permesso di spostarsi serenamente verso un’esistenza fatta di comfort e ostentazioni. I conduttori di 60 minutes, programma di punta del canale Rossija, sono da tempo diventati uno dei megafoni più aggressivi delle posizioni del Cremlino: non si limitano a raccontare la guerra, la incitano, la giustificano e la elevano a necessità storica. Non stupisce quindi che, dopo aver recitato il loro ruolo in studio, possano concedersi una vita privata immersa nel lusso. Oggi si rilassano nella loro nuova residenza con piscina appena fuori Mosca, nel complesso ultraesclusivo di Novakhovo, un’area considerata una sorta di enclave per l’élite politica e finanziaria del Paese. Il quartiere si snoda lungo la superstrada Novorizhskoe, uno dei collegamenti più prestigiosi e veloci della regione metropolitana: una via d’accesso privilegiata al potere.
Qui le proprietà vengono descritte dai costruttori come “località aristocratiche”, moderne reinterpretazioni delle antiche tenute nobiliari russe, con vigilanza privata, club riservati e servizi di lusso. La villa di Skabeyeva e Popov, acquistata nell’agosto scorso per circa 150 milioni di rubli dopo uno sconto dal prezzo iniziale, dispone di quattro camere con bagno privato, una piscina coperta, una cucina-sala da pranzo ampia, un soggiorno di rappresentanza, un ufficio, una lavanderia attrezzata e perfino una sauna a legna. Se per la maggior parte dei russi questa cifra è persino difficile da immaginare, per Skabeyeva si tratta di un investimento sostenibile. Il suo stipendio attuale supera i 22 milioni di rubli l’anno, una progressione rapidissima rispetto ai 15,2 milioni dichiarati nel 2021, ultima occasione in cui i redditi dei deputati della Duma e delle loro famiglie furono pubblicati prima che venissero coperti dal segreto. Popov, che siede in Parlamento, aveva dichiarato 18,2 milioni di rubli nello stesso anno, ma oggi percepisce anche un sostanzioso compenso dal canale Rossija, cui si sommano lo stipendio da deputato e una serie di entrate aggiuntive da enti che orbitano attorno alla macchina mediatica statale, come la società educativa Znanie e l’agenzia pubblicitaria WildJam. Il benessere della coppia non è un’eccezione, ma il riflesso del sistema mediatico controllato dal governo. Rossija appartiene alla holding statale Vgtrk, che da 25 anni è guidata da Oleg Dobrodeev, un dirigente di lungo corso ormai miliardario e inserito nelle liste di sanzioni di Canada, Regno Unito, Australia e Unione europea. Il suo stipendio ufficiale è relativamente modesto: 690mila rubli al mese. La realtà è però molto diversa. Dobrodeev riceve periodicamente bonus da decine di milioni grazie all’Alleanza nazionale per la pubblicità, una struttura creata da Vgtrk insieme a Primo Canale, Gazprom-Media e National Media Group per centralizzare la vendita degli spazi pubblicitari televisivi.
La stessa dinamica riguarda Konstantin Ernst, amministratore delegato di Primo Canale: sulla carta percepisce 850mila rubli al mese, ma beneficia di pagamenti extra da 15 milioni di rubli ogni pochi mesi. Anche qui la fedeltà al potere si traduce in una compensazione economica di gran lunga superiore ai dati ufficiali. Nell’ultimo anno Alexei Zemsky, amministratore delegato di Ntv, ha incassato in media circa 17 milioni di rubli al mese, una cifra che lo colloca tra i manager più ricchi del Paese, nonostante diriga una rete appartenente alla holding statale Gazprom e finanziata direttamente dal bilancio pubblico. In una Russia dove la popolazione si ritrova sempre più impoverita e isolata dal resto del mondo, la ristretta élite che controlla la narrazione ufficiale vive al contrario un periodo di prosperità sfacciata. I dirigenti dei media statali e gli esponenti più fedeli ai vertici del Cremlino fanno parte dello stesso circuito di potere che governa la politica, l’economia e l’apparato informativo. La loro ricchezza si moltiplica mentre il Paese scivola in una spirale di declino, e descrive con chiarezza la natura dell’attuale sistema russo: un’élite blindata, capace di trarre vantaggio perfino dalle guerre di aggressione che essa stessa contribuisce a giustificare.
(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza
Aggiornato il 28 ottobre 2025 alle ore 09:59
