“Durante i prossimi due anni dobbiamo consolidare il percorso riformista per fare di nuovo grande l’Argentina”. Con queste parole, il presidente argentino Javier Milei ha salutato la vittoria del suo partito La libertà avanza (Lla) alle elezioni di metà mandato, che hanno segnato una svolta significativa nel panorama politico del Paese. “La libertà avanza avrà 101 deputati invece di 37 e 20 senatori invece di sei. Sarà senza dubbio il Parlamento più riformista della storia argentina. Oggi è una giornata storica. Il popolo ha deciso di abbracciare le idee della libertà. Ci lasciamo dietro 100 anni di decadenza. Inizia la svolta. Oggi comincia la costruzione della grande Argentina”, ha chiosato il presidente. Con il 40,84 per cento dei voti, la formazione liberista ha consolidato la propria posizione conquistando terreno persino nella provincia di Buenos Aires, storica roccaforte dei peronisti progressisti, che solo un mese fa avevano inflitto una dura sconfitta ai conservatori.
Il dato sorprendente, in linea con il resto del mondo democratico, è stato quello della bassa affluenza, ferma al 67,85 per cento, il livello più basso registrato dal ritorno della democrazia nel 1983. Un elemento che, secondo osservatori locali, aveva inizialmente destato preoccupazione nel leader libertario, determinato a ottenere i numeri necessari per accelerare l’attuazione del suo programma economico in Parlamento. Il risultato, tuttavia, non ha lasciato spazio a interpretazioni: gran parte delle province argentine si è tinta di viola, colore simbolo di Lla, che ha portato in aula 64 nuovi deputati contro i 31 dei progressisti di Fuerza patria (Fp). Un successo che ha superato le aspettative, smentendo i sondaggi della vigilia che prevedevano un testa a testa tra Lla (36 per cento) e la coalizione di sinistra Fp (34 per cento), ipotizzando addirittura un pareggio. Gli analisti si attendono ora una reazione positiva dei mercati all’apertura delle contrattazioni, con un rimbalzo di titoli e obbligazioni argentine.
A festeggiare non è stata soltanto Buenos Aires. Dagli Stati Uniti, il commander-in-chief Donald Trump ha espresso entusiasmo per il risultato del suo alleato: “Congratulazioni al presidente Javier Milei per la sua schiacciante vittoria in Argentina. Sta facendo un lavoro straordinario! La nostra fiducia in lui è stata giustificata dal popolo argentino”, ha scritto su Truth social. Washington, già da mesi, aveva sostenuto l’Esecutivo argentino attraverso un pacchetto di aiuti da 40 miliardi di dollari, pensato per stabilizzare il peso e garantire la tenuta economica del Paese in un contesto di inflazione e crisi valutaria. Dopo la vittoria presidenziale del 2023, ottenuta con il 56 per cento dei voti, Milei era arrivato a questa tornata con un consenso in calo, attestato al 38 per cento, dovuto anche dalle sue politiche di austerità. Le riforme economiche, che sono riuscite nella missione impossibile di portare l’inflazione dal 200 per cento al 31 per cento e ripristinato l’equilibrio fiscale, hanno comportato pesanti tagli a spesa pubblica, istruzione e sanità.
La popolarità del presidente ha risentito anche di una serie di episodi che hanno coinvolto il suo entourage. Tra questi, il crollo della criptovaluta Libra, da lui promossa sui social, che ha travolto centinaia di investitori e coinvolto la sorella Karina Milei in un’indagine per presunte tangenti legate a forniture farmaceutiche. A ciò si è aggiunto il caso di Luis Espert, candidato di punta di Lla a Buenos Aires, costretto al ritiro dopo l’emergere di legami finanziari con un narcotrafficante sotto processo negli Stati Uniti. Nel finale di campagna elettorale, Milei ha rilanciato lo scontro ideologico accusando la sinistra peronista di voler “destituire il governo” e paventando un ritorno del comunismo castro-chavista. Tuttavia, nell’ultimo comizio a Rosario, ha abbandonato la sua iconica motosega per assumere toni più concilianti, esortando gli argentini a “non arrendersi” e a “cambiare l’Argentina sul serio”, promettendo per il resto del mandato “le riforme di cui il Paese ha bisogno”.
Sul fronte opposto, la coalizione progressista Fuerza ‘atria ha puntato più sull’insoddisfazione popolare che su un progetto alternativo. Orfana della sua storica leader Cristina Fernández de Kirchner, agli arresti domiciliari dopo una condanna a sei anni per corruzione, la sinistra ha tentato di affidarsi alla figura del governatore di Buenos Aires Axel Kicillof, sperando di replicare il successo ottenuto a settembre nella stessa provincia.
Aggiornato il 27 ottobre 2025 alle ore 09:52
