Sahara occidentale, il piano del Marocco piace a tutti

Tra l’apertura inedita della Russia al piano di autonomia marocchino, la mediazione americana annunciata tra Rabat e Algeri e la pubblicazione di una bozza di risoluzione delle Nazioni unite che conferma la primazia della soluzione marocchina, la controversia del Sahara occidentale non era mai sembrata così vicina a una svolta storica. A pochi giorni dall’adozione della nuova risoluzione sulla questione, prevista per il 31 ottobre al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, il dossier conosce un’accelerazione senza precedenti. Tre sviluppi recenti – la dichiarazione del ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov, l’intervento dell’inviato speciale americano Steve Witkoff e la pubblicazione della bozza di risoluzione dell’Onu – segnano un cambiamento strategico e sanciscono il riconoscimento crescente del piano di autonomia come unica base definitiva e realistica di soluzione.

Per quasi mezzo secolo, la questione del Sahara ha cristallizzato le tensioni regionali e bloccato il Maghreb in una rivalità fra il Marocco e l’Algeria. Ma oggi la diplomazia marocchina, paziente e metodica, sembra raccogliere i frutti di un lungo lavoro di convinzione e di costruzione di alleanze. La dichiarazione di Lavrov, secondo cui Mosca è disposta a sostenere il piano di autonomia marocchino se accettato da tutte le parti, rappresenta una svolta geopolitica di rilievo. Essa riflette una nuova postura della Federazione russa che, pur mantenendo i legami privilegiati con Algeri, riconosce implicitamente la credibilità del piano marocchino, presentato nel 2007 come soluzione di compromesso, realismo e legittimità.

Il ministro marocchino degli Esteri, Nasser Bourita, ha confermato a Mosca che Rabat e la Russia condividono la convinzione secondo cui il diritto internazionale non deve ostacolare la risoluzione della questione del Sahara. Un segnale di maturità diplomatica da entrambe le parti. Il piano marocchino, infatti, prevede un’ampia autonomia per le popolazioni del Sahara, preservando l’integrità territoriale del Regno. Da allora ha ottenuto il sostegno della maggioranza delle potenze mondiali – dagli Stati Uniti alla Germania, dalla Spagna al Regno Unito – e di oltre 30 Paesi africani e arabi che hanno aperto consolati a Laâyoune e Dakhla, rafforzando così il riconoscimento internazionale della marocchinità del Sahara.

La posizione russa si inserisce in un contesto internazionale in trasformazione. Mosca, isolata dall’Occidente, punta a rafforzare la propria influenza in Africa, senza tuttavia rompere con Algeri. Si tratta di una finezza diplomatica che riconosce al Marocco il ruolo di potenza di equilibrio, interlocutore credibile in un mondo multipolare dove le alleanze si ridisegnano. Per Rabat, questo slittamento rappresenta un passo avanti importante, un riconoscimento implicito della serietà del piano di autonomia come quadro di soluzione. Il Marocco appare sempre più come un attore affidabile, capace di dialogare con Washington, Bruxelles, Pechino e Mosca allo stesso tempo.

Il secondo segnale di rilievo arriva da Washington. Steve Witkoff, inviato speciale del presidente americano per il Medio Oriente, ha rivelato in un’intervista al programma 60 Minutes su CBS news che il suo team “sta lavorando a un accordo di pace tra il Marocco e l’Algeria”. Un annuncio inatteso ma denso di significato, che si inserisce nella continuità della politica americana. Dalla decisione del dicembre 2020 di riconoscere la sovranità del Marocco sul Sahara, gli Stati Uniti hanno mantenuto una linea costante a sostegno del piano di autonomia. L’iniziativa di Witkoff non fa che confermare tale orientamento, aggiungendo una nuova dimensione: quella della mediazione regionale.

La diplomazia americana riconosce così il ruolo centrale del Marocco nella stabilità del Nord Africa e intende promuovere una dinamica di de-escalation tra Rabat e Algeri. Una linea che risponde alle priorità strategiche di Washington: stabilizzare la sponda sud del Mediterraneo, contenere l’influenza di Mosca e Pechino e garantire la sicurezza dei flussi energetici verso l’Europa. Gli Stati Uniti vedono nella distensione tra i due Paesi un’occasione per rilanciare l’integrazione regionale e per aprire la via a progetti economici condivisi: corridoi energetici, cooperazione transfrontaliera, sviluppo dei mercati comuni. In questo quadro, il Marocco si afferma come motore naturale della stabilità regionale. All’opposto, l’Algeria, indebolita da un sistema politico rigido e da un’economia ancora dipendente dagli idrocarburi, fatica a proporre una visione alternativa. La diplomazia americana, pragmatica, preferisce quindi puntare sulla continuità e la credibilità marocchina.

Il terzo sviluppo, forse il più significativo, è rappresentato dalla pubblicazione di una bozza di risoluzione delle Nazioni unite che consolida la primazia del piano di autonomia. Secondo le informazioni disponibili, il testo proporrebbe di aprire negoziati tra Marocco, Algeria, Mauritania e Fronte polisario, ma esclusivamente nel quadro del piano marocchino. Se confermata, tale versione segnerebbe un cambiamento radicale: la comunità internazionale passerebbe da una logica di gestione del conflitto a una fase di attuazione concreta della soluzione.

Un aspetto chiave del testo sarebbe la riduzione del mandato della Minurso a tre mesi, fino al 31 gennaio 2026, una durata mai così breve dal 1991. Questa abbreviazione rifletterebbe la volontà del Consiglio di sicurezza di porre fine a uno status quo ormai obsoleto e di spingere le parti verso una soluzione definitiva. Se approvata, la bozza riconoscerebbe ufficialmente il piano di autonomia come unica base credibile per risolvere la questione, abbandonando l’illusione di un referendum irrealizzabile. La risoluzione prevedrebbe anche un monitoraggio più ravvicinato, con rapporti regolari del Segretario generale ogni sei settimane, segno della volontà dell’Onu di mantenere una pressione costante sul processo politico.

Oltre l’attualità immediata, i tre segnali – russo, americano e onusiano – testimoniano l’ascesa di un Marocco consapevole della propria legittimità e fiducioso nella sua diplomazia. Per la prima volta, il piano di autonomia non è più solo una proposta, ma una norma di riferimento riconosciuta. Rabat raccoglie i frutti della sua strategia africana, rafforzata dall’apertura di oltre 30 consolati a Laâyoune e Dakhla e dal sostegno crescente dei principali membri permanenti del Consiglio di sicurezza – Stati Uniti, Francia e Regno Unito – che oggi riconoscono, apertamente o di fatto, la marocchinità del Sahara.

Aggiornato il 27 ottobre 2025 alle ore 10:49