
Chi ha più pazienza di Giobbe, dalle parti del Medio Oriente sempre in fiamme? Senz’altro il Mossad, il servizio segreto che persino la Cia invidia a Israele. Lo si è visto il 16-17 settembre 2024 con l’operazione dei beepers (i cercapersone) e dei Walkie Talkies, che hanno decimato le fila dei dirigenti e dei miliziani dell’Hezbollah libanese. Per culminare solo dieci giorni dopo con l’eliminazione del loro fanatico capo Hassan Nasrallah, colpito da missili teleguidati che contenevano un’enorme quantità di esplosivo, tale da far crollare i vari piani del bunker sotterraneo in cui si era blindato da anni il capo assoluto di Hezbollah (figlioccio di Alì Khamenei). Ed è chiaro che manipolare con micro cariche un’intera partita di dispositivi di comunicazione, utilizzati dai miliziani sciiti libanesi e da tutta la loro dirigenza, ha richiesto un numero elevato di persone infiltrate, con particolare riferimento ai quadri di Hezbollah responsabili degli acquisti e dell’equipaggiamento dei miliziani; per finire alle ditte appaltatrici e ai produttori stessi dei dispositivi incriminati. Ma, ancora più sorprendente è stato il ruolo del Mossad durante i 12 giorni della guerra israelo-iraniana, in occasione di tutta una serie di bombardamenti mirati su Teheran, che hanno decimato i vertici dei guardiani della Rivoluzione e il top degli scienziati nucleari iraniani. Tutte azioni clamorose, queste ultime, chiaramente sostenute da infiltrati all’interno, in cui sono stati coinvolti con ogni evidenza centinaia di agenti iraniani reclutati nei decenni dal Mossad, con grande metodo e certosina pazienza.
Questi ultimi, veri e propri meccanismi umani a orologeria, denominati in codice silent agent, o persone insospettabili, nate o vissute molto a lungo nei Paesi-bersaglio, reclutate da agenti dello spionaggio estero, che vengono attivati per una sola volta, in modo da colpire in maniera mirata ed estremamente efficace i bersagli predeterminati e, poi, possibilmente esfiltrati dal Paese nemico, per essersi “bruciati”, dopo l’azione eclatante che li ha visti coinvolti. L’operazione ha preso il nome “Rising Lion” (“il Leone che risorge”) nella denominazione israeliana, ed è stata un capolavoro di pazienza, mezzi finanziari e ingegnosità. Da quel che è dato di capire, gli agenti israeliani non hanno marcato da vicino i Guardiani della Rivoluzione, ma i loro parenti e amici, spiati attraverso strumenti sofisticati di intercettazione delle comunicazioni wireless e l’hackeraggio di apparecchiature di sorveglianza civile, disseminate nelle strade e nei pressi di palazzi e uffici governativi. A quanto pare, in questo caso ha dato una mano anche Langley (il Pentagono americano, sede della Cia), che ha probabilmente messo a disposizione la sua rete di infiltrati a Teheran (come in Libano), dato che gli americani stessi non hanno potuto sfruttarla per ragioni giuridiche e politiche, visto che per anni e fino al 2012, ad esempio, gli Usa hanno definito “gruppo terrorista” l’Organizzazione dei mujahedin del popolo iraniano (Ompi), ostile al regime teocratico di Teheran. Questa “complicità” della Cia si spiega con il fatto che i suoi vertici ritengono estremamente affidabile il Mossad (ma non è vero il viceversa!), poiché dal loro punto di vista ha capacità e potenzialità che nessun altro alleato europeo, né la Cia stessa, potrebbero avere, dato che gli israeliani in questo campo sono anni luce avanti a tutti gli altri in Medio Oriente.
Vediamo in concreto il perché, prendendo spunto da un’interessante intervista a un ex agente della Cia del settimanale francese L’Express. Dalla guerra in Iraq in poi, la versione israeliana della famosa humint (la parte, cioè operativa non strumentale dell’intelligence, che impiega esclusivamente risorse umane sul campo, altamente formate per far fronte ai vari scenari) ha avuto un grande vantaggio, rispetto a quella analoga dei Servizi alleati, in quanto molto meno vincolata al rispetto di procedure rigorose, e sostanzialmente molto più libera nelle sue scelte di muoversi sul terreno d’azione. L’esempio concreto è quello dell’impossibilità per gli agenti americani di reclutare infiltrati all’interno dei membri dell’Ompi rifugiatisi in Iraq, in quanto alcuni suoi miliziani erano stati implicati nell’assassinio di soldati americani ai tempi dell’occupazione, senza il supporto dei quali, però, non vi era alcuna possibilità di costruire una rete di infiltrati in Iran. Idem negli anni Novanta, quando il problema iraniano era ben lungi dall’essere la prima preoccupazione di Washington. Per gli israeliani, invece, valeva l’esatto contrario, per cui il Mossad ha speso molto del proprio tempo a reperire le fonti, a selezionarle, o semplicemente prestando attenzione a coloro che erano già nelle loro mani. Infatti, carcerieri e agenti sotto copertura israeliani hanno sempre parlato moltissimo con i detenuti rinchiusi nelle loro carceri, arrivando a conoscerne a fondo le rivendicazioni e aspirazioni, cosa che ha permesso ai Servizi, ad esempio, di avere una perfetta conoscenza di come funzionasse dall’interno l’Hezbollah libanese.
Malgrado questa apparenza di onnipotenza, c’è un luogo in Medio Oriente dove la presenza del Mossad è preclusa: ovvero, Gaza e i suoi tunnel sotterranei. Anche se è vero che, grazie alle tecnologie avanzate di spionaggio digitale, il Servizio interno israeliano, lo Shin Bet, aveva raccolto indubbi segnali dell’attacco che stava preparando Hamas, ma è stato il potere politico a non voler dar peso alla cosa. È ben noto, infatti, che né Hamas, né i fondamentalisti che sono al governo con Netanyahu hanno mai voluto uno Stato palestinese. Il primo, perché voleva semplicemente cancellare Israele dal Medio Oriente. I secondi perché vogliono realizzare il sogno del Grande Israele senza i palestinesi. Ma, mentre i primi erano disposti al genocidio (come si è visto dall’efferatezza del 7 ottobre), gli altri mirano a un grande resettlement, o Nakba 2.0, come si è visto a Gaza. Tuttavia, stavolta i sistemi di ascolto dello Shin Bet non hanno funzionato, perché i terroristi hanno scelto altre vie di comunicazione, con ordini e comunicazioni scritte, come quelle trovate in possesso di alcuni terroristi neutralizzati l’8 ottobre 2023.
La differenza per cui il Mossad ha potuto colpire più facilmente Hezbollah, rispetto ad Hamas, è evidente: il primo, costituendosi in forza armata parallela (come i guardiani della Rivoluzione iraniani), ha assunto tutti i crismi di un’organizzazione non più segreta, con tanto di relazioni esterne alla luce del sole. Mentre Hamas, al contrario, ha mantenuto i suoi ranghi e i suoi affiliati strettamente all’interno del gruppo etnico-sociale e familiare di Gaza, esattamente come ha sempre fatto la ‘ndrangheta, privilegiando unicamente i vincoli di sangue per rendersi impenetrabile dall’esterno. Pertanto, se un agente israeliano fosse entrato a Gaza sarebbe stato immediatamente scoperto ed eliminato. Né del resto, l’intelligence di Tel Aviv poteva reclutare agenti palestinesi a Gaza, perché, da un lato, potevano venire facilmente scoperti e, dall’altro, divenire agenti doppi, sabotando le manovre dei loro manipolatori. A confronto del Mossad, la Cia è un covo di burocrati, che pensano alla carriera piuttosto che agli interessi nazionali. L’esatto contrario degli israeliani, assediati da ogni lato dei loro confini, in cui Paesi come l’Iran, pur distanti alcune migliaia di miglia, rappresentano un nemico mortale, assieme ai suoi proxy a Gaza, in Libano e nello Yemen. Così, mentre gli americani invadono il Paese sbagliato (l’Iraq, anziché l’Iran), Israele ha conservato nel tempo tutte le sue energie per colpire quello giusto!
Aggiornato il 20 ottobre 2025 alle ore 10:08