La giornata degli ostaggi: Tel Aviv accoglie i rapiti

Non ci sono più rapiti nelle mani di Hamas. Grazie alla mediazione di Donald Trump, tutti gli ostaggi sono tornati a casa. Con la consegna degli ultimi 13 prigionieri alla Croce rossa internazionale, si chiude uno dei capitoli più drammatici della guerra tra Israele e Hamas, a 738 giorni dal 7 ottobre 2023. Dopo l’arrivo in Israele dei primi sette liberati, intorno alle sette del mattino, anche l’ultimo gruppo di prigionieri è stato riconsegnato alle autorità dello Stato ebraico.

“Il governo di Israele abbraccia i nostri ostaggi tornati al confine, Ohana Yosef Chaim, Or Avinatan, Buhbut Elkana, Breslavski Rom, David Evyatar, Horn Eitan, Harkin Maksim, Cohen Nimrod, Kalfon Segev, Tsangaoker Matan, Kunio Ariel, Kunio David, Kuperstein Bar. Le loro famiglie sono state informate dalle autorità competenti che si sono ricongiunti con le nostre forze nella Striscia di Gaza e che faranno al più presto ritorno in territorio israeliano”, si legge in una nota diffusa da Tel Aviv. Poco dopo, uno degli elicotteri delle Forze di difesa israeliane che trasportava alcuni dei 20 ostaggi liberati da Hamas verso l’ospedale Ichilov di Tel Aviv ha sorvolato la cosiddetta Piazza degli Ostaggi, dove migliaia di persone si sono radunate per applaudire al passaggio del velivolo. All’Ichilov verranno curati Matan Angrest, Matan Zangauker, Nimrod Cohen, Eitan Horn e Omri Miran, tutti sottoposti a controlli medici dopo oltre due anni di prigionia.

“Ora si apre una nuova fase: consolidare il cessate il fuoco e dare piena attuazione all’accordo per costruire un futuro di pace e stabilità duratura”. Così la premier Giorgia Meloni ha commentato sui social la liberazione degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas. “L’Italia continuerà a sostenere con convinzione questo percorso – ha aggiunto la presidente del Consiglio – nella consapevolezza che la pace si costruisce con i fatti, non con le parole”. E ancora: “Oggi è una giornata storica. Gli ostaggi sono stati liberati: un risultato straordinario, frutto della determinazione della diplomazia internazionale e dell’attuazione della prima parte del piano di pace del presidente americano Donald Trump”.

Finalmente, dopo più di due anni, le famiglie dei rapiti possono tornare a respirare. Anche in Italia il momento è stato vissuto con grande emozione: nel ghetto di Roma, in via Elio Toaff, è stato rimosso lo striscione dedicato agli ostaggi di Hamas. Il lungo manifesto, che riportava i volti e i nomi dei prigionieri con le scritte “ucciso da Hamas” o “salvato da Zahal”, è stato tolto “dopo 738 giorni”. Alla cerimonia era presente il presidente della Comunità ebraica romana, Victor Fadlun. Nel frattempo, l’Idf ha confermato al Times of Israel che anche tutti i detenuti palestinesi previsti dall’accordo di scambio sono stati rilasciati dalle prigioni israeliane. Poco prima della liberazione dell’ultimo gruppo di 13 prigionieri, in Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv, sul grande schermo è stata trasmessa la telefonata di Matan Tsengauker – ancora detenuto a Gaza – con la madre Einav, che da due anni si batte per la sua liberazione. Hamas ha infatti permesso ad alcuni ostaggi di contattare le famiglie prima del rilascio. “Matan, stai tornando a casa. State tutti tornando a casa. Grazie a Dio la guerra è finita. Stai tornando a casa. La mia vita ti aspetta”, ha detto la madre tra le lacrime.

Altri familiari hanno avuto la possibilità di sentire i propri cari dopo mesi di silenzio. Silvia Cunio ha parlato con i figli David e Ariel Cuneo, mentre la famiglia Cohen ha ricevuto una videochiamata dal soldato Nimrod Cohen. “Stanno bene. All’inizio ho pianto perché non riconoscevo il numero, ma stanno bene. Hanno chiamato la loro madre! Che emozione, Dio. Non ci posso credere, non ci posso credere, wow, David sta piangendo e Ariel è con lui. Non ci posso credere”, ha raccontato Silvia a Keshet News. Il fratello di Nimrod, Yotam Cohen, ha aggiunto: “Che uomo, è sopravvissuto a due anni di prigione e tra un secondo tornerà a casa. Forza! Per la prima volta da tanto tempo, le cose vanno bene. Abbiamo visto Nimrod, più bello che mai. È stata una conversazione di pochi secondi e lui ha detto che stava bene e che ci voleva bene. Volevamo solo vederlo e tra un attimo lo avremmo abbracciato. Abbiamo trattenuto il respiro e poi lui ci ha chiamato, per la prima volta siamo riusciti a respirare”.

IL DISCORSO DI TRUMP ALLA KNESSET

“La storia della ferrea determinazione e del trionfo di Israele dal 7 ottobre dovrebbe essere la prova per il mondo intero che coloro che cercano di distruggere questa nazione sono destinati a un amaro fallimento. Lo Stato di Israele è forte e vivrà e prospererà per sempre”. Così il presidente statunitense Donald Trump nel suo discorso alla Knesset, secondo quanto anticipato dalla Casa Bianca. “Israele ha vinto tutto ciò che si poteva ottenere con la forza delle armi. Ora è il momento di trasformare queste vittorie contro i terroristi sul campo di battaglia nel premio finale: pace e prosperità per l’intero Medio Oriente”. Negli estratti del discorso diffusi dalla Casa Bianca, Trump aggiunge: “Insieme abbiamo dimostrato che la pace non è solo una speranza che possiamo sognare, ma una realtà su cui possiamo costruire, giorno dopo giorno, persona dopo persona, nazione dopo nazione”.

Usa e Israele si riuniscono “in un giorno di profonda gioia, di speranza crescente, di fede rinnovata e, soprattutto, un giorno per rendere il nostro più profondo ringraziamento all’onnipotente Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Dopo tanti anni di guerre incessanti e pericoli senza fine, oggi il cielo è sereno, le armi tacciono, le sirene non suonano più e il sole sorge su una Terra santa finalmente in pace. È l’alba storica di un nuovo Medio Oriente”. Infine, il presidente americano ha sottolineato che “l’attenzione su Gaza deve concentrarsi interamente sul ripristino dei fondamenti della stabilità, della sicurezza, della dignità e dello sviluppo economico, affinché possano finalmente avere la vita migliore che i loro figli meritano”.

La crudeltà del 7 ottobre, ha detto ancora Trump, ha “colpito al cuore l’umanità stessa. Gli Stati Uniti dAmerica hanno pianto insieme a voi e hanno pianto i propri cittadini che sono stati uccisi in modo così brutale. A tutte le famiglie le cui vite sono state cambiate per sempre dalle atrocità di quel giorno e a tutto il popolo di Israele, sappiate che l’America si unisce a voi in questi due voti eterni: Non dimenticare mai e mai più”.

Il commander-in-chief ha concluso il suo discorso di 65’ davanti al parlamento israeliano, affermando che insieme “costruiremo un’eredità di cui tutti gli abitanti di questa regione potranno essere orgogliosi. Ora costruiremo un futuro degno della nostra eredità. Nuovi legami di amicizia, cooperazione e commercio uniranno Tel Aviv a Dubai, Haifa a Beirut, Gerusalemme a Damasco e da Israele all’Egitto, dall’Arabia Saudita al Qatar, dall’India al Pakistan, dall’Indonesia all’Iraq, dalla Siria al Bahrein, dalla Turchia alla Giordania, dagli Emirati Arabi Uniti all’Oman e dall’Armenia all’Azerbaijan”. Il discorso del presidente si è spesso discostato da quello preparato, compreso il momento in cui il tycoon ha chiesto al presidente israeliano Isaac Herzog la grazia per il primo ministro Benjamin Netanyahu, in mezzo a continui problemi legali. Trump è in ritardo di diverse ore rispetto al programma pubblicato rispetto anche al summit a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dove i leader di oltre 20 Paesi parteciperanno a un vertice sul futuro di Gaza.

I LEADER MONDIALI ARRIVANO AL CAIRO

A poche ore dalla chiusura del capitolo ostaggi, l’attenzione diplomatica si sposta sul vertice di pace di Sharm el-Sheikh, dove sono già arrivati il presidente dellAnp Abu Mazen, il premier spagnolo Pedro Sánchez e l’ex primo ministro britannico Tony Blair, indicato come vicecapo del nuovo Consiglio di pace per Gaza previsto dal piano Trump. Ad accogliere i leader, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, anfitrione del summit. Anche la premier Giorgia Meloni è giunta in Egitto per partecipare alla cerimonia di firma del piano di pace per il Medio Oriente, accolta all’aeroporto dal ministro dellAviazione civile Sameh el Hefny e dall’ambasciatore italiano Michele Quaroni.

Il vertice si terrà all’International convention center, dove alle 15 (le 14 in Italia) è prevista la foto di famiglia con i capi di Stato e di governo, seguita dalla cerimonia di firma dell’Accordo di Sharm el-Sheikh. Secondo il programma diffuso in mattinata, l’arrivo di Donald Trump da Israele è atteso alle 13.45 locali, con un bilaterale con al-Sisi previsto poco dopo. Il summit sarà aperto da un discorso del presidente egiziano, seguito dalle dichiarazioni del capo della Casa Bianca, il cui arrivo potrà tuttavia subire ritardi, per via dell’incastro con il suo discorso alla Knesset. La firma dell’accordo segnerà, secondo le previsioni degli organizzatori, “l’alba di una nuova architettura di pace regionale”, in un Medio Oriente che oggi, dopo anni di guerra e divisioni, tenta timidamente di voltare pagina.

Aggiornato il 13 ottobre 2025 alle ore 15:40