L’ombra russa nel Mediterraneo

La presenza della Russia si muove silenziosa sotto la superficie del Mediterraneo. Dall’analisi dei movimenti del sottomarino Novorossiysk – classe Kilo, progetto 636.3 – tra luglio e settembre 2025 emerge una strategia spregiudicata e calcolata, il volto oscuro di una potenza che non accetta limiti né confini. Dietro la patina diplomatica delle cosiddette “missioni di cooperazione” con Paesi come Egitto e Algeria, il reale obiettivo sembra essere duplice: scortare e proteggere la “flotta ombra” di petroliere russe impegnate nel commercio di petrolio, e condurre attività di intelligence e sorveglianza subacquea. Il Novorossiysk, partito dal Baltico e transitato attraverso Gibilterra all’inizio di luglio, ha attraversato il Mediterraneo con un comportamento tipicamente opaco: periodi prolungati di immersione alternati a misteriosi incontri con il rimorchiatore Jakob Grebelsky, un vecchio Goryn class trasformato in piattaforma logistica e nave civetta. Ogni suo movimento appare studiato per proteggere le petroliere, garantendo autonomia, silenzio operativo e capacità di monitoraggio. Dove le rotte commerciali internazionali si incrociano, Mosca invia le sue sentinelle sommerse, che non portano aiuti né cooperazione ma tensione, controllo e raccolta di informazioni.

Le aree in cui il sottomarino si è concentrato coincidono con punti nevralgici per energia e comunicazioni: dalle coste egiziane di El Dabaa e Alamein, al largo di Cipro e Tartus, fino al cuore del Mediterraneo centrale e al tratto più sensibile tra Sicilia e Ionio, dove scorrono condotte strategiche e cavi sottomarini europei. I movimenti del rimorchiatore, utilizzato come copertura, disegnano un quadro preciso: un’operazione di tre mesi, con circa quaranta giorni di immersione e presenza costante vicino alle rotte marittime occidentali. Dopo aver perso la base siriana di Tartus, la Russia sembra impegnata a ricostruire nel Mediterraneo una rete di appoggi “amichevoli”, sfruttando porti come Alessandria e Algeri, che diventano veri e propri punti di sostegno per una flotta senza trasparenza e senza controllo. Non si tratta di semplici scali tecnici, ma di atti politici: dimostrazioni di influenza in Paesi dove il Cremlino cerca di consolidare legami, mentre la guerra in Ucraina continua a dissanguare il Paese sul piano militare ed economico. Ciò che inquieta non è soltanto la capacità tecnica del Novorossiysk di lanciare missili da crociera Kalibr – già utilizzati contro obiettivi civili in Ucraina –ma la logica che guida il suo impiego. La Russia considera il mare non come spazio di cooperazione, ma come campo d’azione segreto, dove le regole della convivenza internazionale valgono solo per gli altri. Ogni missione del genere aumenta i rischi di incidente e accentua la sensazione che Mosca stia preparando un livello di confronto più subdolo e più pericoloso: quello delle profondità.

I sottomarini che scortano la “flotta ombra” russa sono oggi simbolo di una politica che ignora ogni principio di responsabilità. Non c’è nulla di difensivo in un’operazione di questo tipo. Mentre il mondo cerca di mantenere un fragile equilibrio, la Russia sceglie la via della provocazione, trasformando il Mediterraneo in un campo di manovra per i propri sottomarini e diplomazie parallele. Sotto la superficie del mare, tra correnti e fondali, si muove un’ombra che parla la lingua della sfida. È la stessa ombra che accompagna la Russia da anni nelle guerre ibride, nelle interferenze e nelle ambiguità. Più a lungo resterà indisturbata, più il Mediterraneo – da spazio di incontro tra civiltà – rischia di riflettere le sue acque più torbide: quelle dell’arroganza e dell’inganno russo.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza

Aggiornato il 13 ottobre 2025 alle ore 10:06