
Emmanuel Macron ci ha riprovato. Come il proverbiale spegni e riaccendi, il presidente francese spera di “riavviare” il governo di Sébastien Lecornu con nuovi ministri, per arrivare almeno ad avere una finanziaria per il 2026. E quindi, dopo Lecornu c’è Lecornu. Una settimana di tensioni e consultazioni frenetiche, così che la Francia possa tornare al punto di partenza. Emmanuel Macron ha deciso di concedere “carta bianca” per la formazione di un nuovo Esecutivo al premier. Il presidente ha implicitamente ammesso di non saper uscire da questa crisi, affidandosi a un suo uomo fidato e sperando in una buona stella. “Accetto per dovere la missione affidatami dal presidente della Repubblica di fare tutto il possibile per dotare la Francia di un budget entro fine anno e di affrontare i problemi quotidiani dei nostri connazionali”, ha scritto Lecornu su X subito dopo la riconferma a Matignon. “Farò di tutto per riuscire in questa missione: dobbiamo porre fine a questa crisi politica, che sta esasperando il popolo francese, e a questa instabilità, che è dannosa per l’immagine della Francia e per i suoi interessi”.
Riconfermato a soli cinque giorni dalle sue dimissioni, Lecornu ha però voluto chiarire i limiti e le condizioni della sua nuova missione. “Questo obiettivo – ha avvertito – può essere raggiunto solo a determinate condizioni, traendo le dovute conclusioni dalle ultime settimane”. Il premier ha annunciato che tutte le questioni emerse durante le consultazioni saranno “aperte al dibattito parlamentare”, chiedendo a deputati e senatori di assumersi le proprie responsabilità. “Il risanamento delle nostre finanze pubbliche rimane una priorità per il nostro futuro e la nostra sovranità”, ha aggiunto, sottolineando che “nessuno potrà sottrarsi a questa necessità”. Nel suo messaggio, Lecornu ha poi ribadito l’esigenza di una netta separazione tra l’azione di governo e le ambizioni personali in vista delle presidenziali del 2027: “Chi entra a far parte del governo deve impegnarsi a svincolarsi dalle ambizioni presidenziali. La nuova squadra di governo deve incarnare il rinnovamento e la diversità delle competenze”.
Il ritorno di Lecornu a Matignon non placa tuttavia le tensioni. Le opposizioni reagiscono con durezza. “Una vergogna democratica, un’umiliazione”, ha tuonato il presidente del Rassemblement national, Jordan Bardella, annunciando la presentazione di una mozione di sfiducia. Anche La France insoumise ha confermato la propria opposizione, chiedendo ancora una volta le dimissioni di Macron. Jean-Luc Mélenchon ha parlato di “ridicola commedia”, mentre il portavoce dei socialisti ha precisato che non esiste “alcun accordo di non censura” con il nuovo premier incaricato. L’annuncio dell’Eliseo è arrivato sul filo di lana, allo scadere delle 48 ore che lo stesso Macron si era imposto per trovare una soluzione, dopo una giornata di colloqui con i leader dei principali partiti – tutti tranne il Rassemblement national di Marine Le Pen e La France insoumise di Mélenchon. Con il passare delle ore, l’ipotesi di una coabitazione con la sinistra è apparsa sempre più remota.
Uscendo dall’incontro con Macron, la leader ecologista Marine Tondelier si è detta “sbalordita” per l’esito delle consultazioni: “Usciamo dalla riunione senza alcuna risposta su niente, se non che il prossimo premier non sarà del nostro campo politico”. E ha aggiunto, con tono profetico: “Finirà malissimo”, evocando il rischio di una “dissoluzione” dell’Assemblea nazionale. Deluso anche il segretario socialista Olivier Faure, che ha confermato la rottura definitiva con l’Eliseo. Sfumata infine anche l’ipotesi Jean-Louis Borloo – 74 anni, centrista e considerato “né di sinistra né macroniano” – che avrebbe potuto riscuotere consensi tra Les Républicains. Ma il loro leader, Bruno Retailleau, avrebbe chiarito a Macron che il “blocco comune” a sostegno del campo presidenziale “è morto” con la crisi del primo governo Lecornu.
Aggiornato il 11 ottobre 2025 alle ore 12:25