Starmer ha scelto l’Islam anziché la Gran Bretagna e ora ne vediamo le conseguenze

Era solo questione di tempo prima che i musulmani britannici decidessero che i fatti contano più delle parole, soprattutto per quanto riguarda la comunità ebraica. Come gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, anche l’atroce attentato terroristico del 2 ottobre alla sinagoga di Heaton Park è stato pianificato con perfetta tempistica. Essendo lo Yom Kippur il giorno più sacro del calendario ebraico, era ovvio che la sicurezza sarebbe passata in secondo piano rispetto al culto. Melvin Cravitz e Adrian Daulby sono stati tragicamente uccisi dal siriano Jihad al Shamie, che ha investito con la sua auto i fedeli e ha poi accoltellato i passanti prima di essere ucciso a colpi d’arma da fuoco dalla polizia armata.

Con il suo consueto tono di voce cupo, il Primo Ministro britannico ci ha deliziato con una serie di parole vuote e ipocrite in relazione al terrorismo. L’attacco di Manchester, ha detto, è stato “assolutamente scioccante”. Davvero, Sir Keir? Se così fosse, forse potrebbe spiegare perché il Community Security Trust (Cst) ha ricevuto un aumento del 400 per cento dei finanziamenti in seguito all’attacco del 7 ottobre, parallelamente al concomitante aumento dell’antisemitismo? “Faremo tutto il possibile per garantire la sicurezza della nostra comunità ebraica”, ha aggiunto Starmer. Beh, certo, tutto tranne smettere di importare e assecondare il problema.

L’attentato di Manchester è l’inevitabile conseguenza della politica di appeasement nei confronti dell’Islam perseguita dai governi britannici che si sono succeduti. Sebbene si tratti indubbiamente di una politica vile e opportunistica, vi sono ragioni ovvie e in qualche modo comprensibili che la giustificano:

1) L’Islam è il gruppo religioso più instabile in Gran Bretagna, responsabile del 67 per cento degli attacchi terroristici dal 2018 e di circa tre quarti del carico di lavoro dell’MI5.

2)I musulmani rappresentano la fascia demografica in più rapida crescita nel Regno Unito: tra il 2011 e il 2021 sono aumentati di 1,2 milioni, pari al 32 per cento della crescita demografica totale del Paese.

3) A differenza di ebrei, sikh, cristiani o atei, i musulmani non cercano di integrarsi  in Gran Bretagna.

L’ultimo punto non è la visione della “estrema Destra”, ma quella dell’ex “zar” della Commission for Racial Equality Trevor Phillips. Purtroppo, è un’opinione condivisa da quattro britannici su dieci.

In ogni occasione possibile, è evidente che l’Islam viene trattato con i guanti di velluto dallo Stato britannico. Gli ebrei e gli altri cittadini sono tenuti a rispettare la legge, ma i musulmani godono sistematicamente dell’immunità dai procedimenti giudiziari. Un esempio calzante è il doppio standard applicato dalla polizia ogni volta che aggressive proteste filopalestinesi si trovano faccia a faccia con pacifici ebrei. Pur essendo fermamente contraria a intervenire contro i manifestanti pro-Gaza, la polizia metropolitana non ha esitato a minacciare di arrestare un uomo ebreo. Per quale motivo? Per il reato di essere “apertamente ebreo” e quindi “provocatorio” nelle vicinanze dei sostenitori pro-Palestina.

Ben peggiore, tuttavia, è stata la deplorevole istigazione all’odio contro gli ebrei del marzo 2021. Un convoglio di auto ha attraversato il quartiere ebraico di North London, con bandiere palestinesi, al grido “F***ulo gli ebrei! Violentate le loro figlie!”. Nonostante l’identificazione dei veicoli e l’arresto di quattro uomini con l’accusa di reati contro l’ordine pubblico aggravati da motivi razziali, la Procura della Corona ha concluso 18 mesi dopo che non c’erano prove sufficienti per procedere e perseguirli penalmente.

I crimini d’odio sono molto diffusi in Gran Bretagna in questi giorni. Tant’è che i cittadini comuni vengono regolarmente arrestati per affermazioni innocue come “Adoro il bacon,” pronunciate in presenza di musulmani. Stando così le cose, e con l’antisemitismo a livelli record, ci si potrebbe aspettare che una simile cortesia venga riservata ai nostri amici ebrei. A quanto pare non è così. Nel 2023, un predicatore di una moschea dell’East London disse ai suoi fedeli:

“Oh Allah, maledici gli ebrei e i figli d’Israele. Oh Allah, maledici gli infedeli e i politeisti. Oh Allah, spezza le loro parole, scuoti i loro piedi, disperdi e fai a pezzi la loro unità, rovina le loro case e distruggi le loro abitazioni”.

Misteriosamente, bruciare gli ebrei fuori dalle loro case “non costituiva reato”, secondo la polizia metropolitana

Lucy Connolly è stata condannata a 31 mesi di reclusione a discrezione di Sua Maestà, dopo aver twittato che non le importava se tutti gli hotel per migranti fossero stati rasi al suolo. Ma se s’invoca “Morte, morte all’Idf!” al Parlamento gallese o al festival di Glastonbury, sembra che le autorità non abbiano abbastanza elementi per procedere, nonostante l’evidente impennata di antisemitismo che tali episodi causano.

Si potrebbe pensare che l’attuale ministro degli Interni, Shabana Mahmood, avrebbe qualcosa di compassionevole da dire sull’attacco di Manchester. Ma d’altronde, si tratta di un ministro degli Interni che si sente perfettamente a suo agio alle manifestazioni di solidarietà con la Palestina e che all’inizio dell’estate si è astenuto dal voto per mettere al bando l’organizzazione Palestine Action. Quando le è stato chiesto delle proteste filopalestinesi che hanno avuto luogo sulla scia dell’attentato di Manchester, il massimo che Mahmood è riuscita a dire è stato che era “delusa” e che “continuare in questo modo sembra davvero poco britannico”.

Ovviamente, Starmer non è l’unico responsabile di questa situazione. Dopotutto, è stato Tony Blair ad aprire le frontiere e sono stati i governi conservatori che si sono succeduti a non riuscire a gestire la popolazione musulmana britannica, sempre più irrequieta. Tuttavia, Starmer ha fatto la concessione definitiva e fatale. All’inizio del suo mandato, il Premier era chiaramente preoccupato per la questione di Gaza. Da un lato, ha sostenuto il diritto di Israele di difendersi.  Dall’altro, non è affatto così stupido da sottovalutare l’importanza del voto musulmano per il Partito Laburista né da valutare male quale gruppo avrebbe reagito più duramente alla sua mancanza di sostegno. E così, si è schierato con l’Islam.

Sebbene non lo abbia mai dichiarato ufficialmente, Starmer ha dato la prova più evidente di questo quando ha deciso di “riconoscere” lo Stato di Palestina. Dal punto di vista diplomatico, questo può sicuramente essere visto come poco più che una legittimazione del terrorismo; un errore che gli  alleati europei sono stati fin troppo desiderosi di commettere.

In un clima del genere, c’è da stupirsi se i livelli antisemitismo hanno raggiunto livelli record? Un britannico su cinque è ora antisemita e il 44 per cento dei musulmani del Regno Unito approva gli stereotipi antisemiti.

All’inizio dell’anno, è stato riportato che la maggior parte degli ebrei britannici non crede di avere un futuro a lungo termine nel Regno Unito. La minoranza che crede di averlo probabilmente ha appena cambiato idea per sempre. Manchester potrebbe essere stato un campanello d’allarme per alcuni, ma i segnali erano evidenti già da tempo. Grazie a un Primo Ministro vile, la Gran Bretagna è a tutti gli effetti sotto il controllo degli estremisti musulmani. Estremisti che ora sanno che le loro azioni sono al di sopra di ogni critica.

(*) Tratto dal The European Conservative

(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 11 ottobre 2025 alle ore 09:48