
Definire “operazione umanitaria” la crociera verso Gaza di una cinquantina di piccole imbarcazioni con circa 300 pseudo attivisti a bordo, alle quali dal 27 settembre si è aggiunta un’altra Flotilla con “profilo francese” partita dalla Sicilia, è come definire Hamas un moderato gruppo di pacifisti. Di umanitario non si riscontra molto, infatti le piccole imbarcazioni non hanno la capacità di trasportare quantità minimamente adeguate di aiuti agli sfollati di Gaza. Poche quantità di acqua, come di alimenti in scatola, o cibi secchi, rispetto alle tonnellate trasportate da camion ogni giorno al confine con la Striscia di Gaza. Ma, immaginando che Israele possa concedere alle piccole barche con pochi approvvigionamenti di sbarcare sulla costa lungo il tratto di esodo dei palestinesi di Gaza verso sud, ammesso che riescano ad attraccare, come potrebbero gestire la distribuzione delle esigue quantità di alimenti in un caos globale dove anche i camion vengono assaltati e saccheggiati nonostante la presenza di ambigue forze armate di controllo?
Inoltre, l’Esercito israeliano (Idf) non permetterà mai alle navi di raggiungere Gaza, e questa è cosa nota agli attivisti, quindi perché inviare aiuti via mare? È possibile solo che lo Stato israeliano conceda il porto di Ashdod a nord della Striscia, un porto israeliano, quindi gestito da Israele. In pratica, questa crociera di aspiranti salvatori della Palestina, se escludiamo il clamore mediatico e il coinvolgimento obbligato delle più alte cariche dello Stato italiano, quale significato può avere se non quello politico? Va inoltre valutato che il Ministero della Difesa italiano ha dovuto mobilitare due navi da guerra per dare una sorta di “garanzia nazionale” sulla sicurezza degli italiani presenti nella spedizione, ma quanto può costare anche a livello economico, oltreché strategico, impegnare tali navi solo per scortare la Flotilla?
Insomma, le domande sono molteplici, ma oltre la retorica e la forse inaspettata fama del “gesto”, certamente la crociera sta creando più problemi al governo italiano che vantaggi legati alla ambigua sensibilità sociale “dell’operazione Flotilla”. Ma vorrei fare anche altre osservazioni: gli attivisti della Flotilla vogliono aiutare sul piano alimentare i palestinesi di Gaza colpiti da una tragedia umanitaria incommensurabile –causata da Hamas – ma altre nazioni, e altre regioni sono flagellate da anni da tragedie non meno drammatiche di quella palestinese. Ricordo lo Yemen, dove da circa 11 anni la popolazione sta soccombendo ad una guerra civile dove la mortalità infantile è raccapricciante e dove la popolazione è martoriata da un conflitto che sembra interminabile. Qui gli aiuti umanitari arrivano pochi e con estrema difficoltà soprattutto a causa delle milizie Houthi yemenite che sequestrano tutto ciò che riescono a intercettare, praticamente come Hamas. Gli Houthi sono in guerra contro Israele.
Ricordo il Sudan, dove da oltre due anni una guerra civile sta portando oltre un milione e mezzo di civili all’esodo verso il Ciad (attraversando anche il Darfur), non proprio una nazione sicura, o ad accamparsi in campi profughi malamente organizzati sotto temperature infernali. Anche qui migliaia di morti, soprattutto bambini e donne. In Sudan lo stupro di massa è utilizzato dalle fazioni contendenti, l’Esercito regolare contro le Forze di supporto rapido, come arma di soggiogamento sociale. Ricordo il Darfur, da ormai più di due decenni coinvolto in una lotta, diciamo fratricida, dove il conteggio dei morti non è più calcolabile e dove la sopravvivenza è una aspirazione.
In Nigeria si sta perpetrando il più grave massacro di cristiani da parte dei musulmani verificabile negli ultimi decenni. Qui la violenza jihadista è in continuo aumento, i cristiani sono sotto attacco da parte di organizzazioni di miliziani islamisti, tra cui lo Stato islamico della provincia dell’Africa occidentale, Iswap, i jihadisti Boko Haram e i combattenti Fulani. I dati riportano che in Nigeria vengono massacrati almeno 40 cristiani al giorno, più che in qualsiasi altra parte del mondo. La Nigeria è così diventata l’epicentro della violenza mirata contro la Chiesa, e uno Stato che vive sempre di più sotto la Sharia. I jihadisti demoliscono chiese e abitazioni dei fedeli, privando questa popolazione di ogni mezzo di sopravvivenza. Ad oggi quasi 16 milioni e mezzo di cristiani presenti nell’Africa subsahariana, tra cui un numero enorme di nigeriani, sono stati costretti ad abbandonare la loro terra e milioni di loro ora vivono in campi profughi.
Non indugio sul fronte russo ucraino, che presenta varianti notevoli rispetto a quanto brevemente descritto sopra, ma anche in questo scenario di morti, rapimenti, distruzioni, saccheggi – e non mancano stupri – i sensibili attivisti di una “Flotilla terrestre”, potrebbero intraprendere la loro azione politico-umanitaria! Potrei proseguire con la descrizione di altre realtà dove necessiterebbero azioni umanitarie, ma ritengo che anche questi scenari di tragedie potrebbero essere nelle attenzioni degli attivisti della Flotilla, sia via mare e meglio via terra, potendo portare in questo caso tonnellate di derrate alimentari da loro acquistati con mezzi idonei. Ma forse le brezze che spirano sul Mar Mediterraneo sono meno pericolose di altri venti, oppure la questione di Gaza è politicamente più attraente anche per la presenza di Israele.
Infine, il riconoscimento di uno Stato è una azione bilaterale, preceduta da negoziati e accordi per rendere omogenee molte linee politiche, economiche e sociali. Non credo che un riconoscimento unilaterale senza queste premesse possa giovare realmente, in questo caso, al popolo palestinese.
Aggiornato il 29 settembre 2025 alle ore 10:00