
È passato quasi un anno dall’arresto di Alberto Trentini. Detenuto in un carcere venezuelano, il cooperatore italiano è stato visitato per la prima volta da Giovanni de Vito, l’ambasciatore della Farnesina a Caracas. Il diplomatico ha visto – per circa mezz’ora di colloquio – anche un altro detenuto italiano, Mario Burlò, come anticipato oggi da la Repubblica. Secondo quanto riferito, entrambi sono apparsi in condizioni di salute discrete: ricevono regolarmente i pasti, hanno accesso quotidiano all’ora d’aria e non hanno denunciato maltrattamenti da parte delle guardie penitenziarie. Trentini e Burlò hanno inoltre spiegato di essere stati presentati alle autorità giudiziarie venezuelane insieme ad altri detenuti, tutti accusati a vario titolo di terrorismo e cospirazione. L’ambasciatore è riuscito a consegnare a entrambi lettere delle famiglie e beni di prima necessità.
Trentini si trovava in Venezuela per portare avanti il suo lavoro di operatore umanitario, una missione a cui si dedica da oltre vent’anni con professionalità e impegno. Restano ancora ignote le ragioni del suo arresto, avvenuto lo scorso anno: fin dall’inizio il cooperante è stato affidato alla Direzione generale del controspionaggio militare venezuelano, da cui sono poi scaturite le accuse di terrorismo e cospirazione. Un quadro che rende necessario mantenere alta l’attenzione internazionale, ricordando come la protezione degli operatori umanitari rappresenti un principio imprescindibile.
A reagire in patria è la segretaria della Commissione esteri, Federica Onori, che considera molto positivo i fatto che “l’ambasciatore De Vito sia riuscito a visitare Alberto Trentini e Mario Burlò dopo quasi un anno di detenzione in Venezuela”, ha notato la deputata di Azione. “Il colloquio, avvenuto ieri dopo 312 giorni di prigionia, è un passo importante, ma arriva con un ritardo inaccettabile, in violazione dei diritti fondamentali dei nostri connazionali”. Onori ha sottolineato come “siamo ancora in attesa della formalizzazione dei capi d’accusa, anche se entrambi riferiscono di essere stati presentati con presunti legami a terrorismo e cospirazione: contestazioni generiche e spesso ingiustificate, utilizzate dal regime di Nicolás Maduro per perpetuare la repressione e il controllo sociale. In Venezuela ci sono oltre 800 prigionieri politici, molti dei quali detenuti senza processo”.
Onori ha quindi ribadito una richiesta netta: “Queste pratiche sono tipiche dei regimi autoritari e risultano inaccettabili. Trentini e Burlò devono poter tornare immediatamente in Italia. Il governo venezuelano deve assumersi la piena responsabilità delle sue azioni e restituire ai loro familiari i nostri connazionali ingiustamente detenuti”.
Aggiornato il 24 settembre 2025 alle ore 16:12