Il nuovo azzardo del Cremlino

Vladimir Putin sta alzando il livello della posta in gioco nel rifiuto di ogni trattativa di pace, riaffermando richieste massimaliste e adottando una strategia rischiosa che mira a provocare la Nato, con l’obiettivo di dimostrare debolezza nell’alleanza e giustificare così i crescenti costi della guerra contro l’Ucraina. Le provocazioni russe a partire dal 10 settembre comprendono incursioni di droni in Polonia, aerei da combattimento che entrano in spazi aerei neutrali sul Baltico, e tre MiG-31 che violano lo spazio aereo estone. La risposta coordinata della Nato con l’operazione “Eastern Sentry” ha invece mostrato solidarietà europea, smentendo l’assunto di Putin sulla fragilità occidentale. Sono trascorsi tre anni e sette mesi dall’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia e tutte le iniziative internazionali volte a porre fine al conflitto sembrano essersi arenate. L’offerta fatta da Donald Trump a Putin, nel vertice della base Elmendorf-Richardson in Alaska, suscitò un’ondata di speranze, ma finora non ha prodotto nulla di concreto. Putin, rifiutando di smussare le sue richieste estreme e rigettando le proposte di compromesso, ha scelto consapevolmente di proseguire la guerra a oltranza, una decisione che potrebbe rivelarsi tanto grave quanto quella dell’invasione del 24 febbraio 2022.

In preparazione a queste escalation, lo Stato maggiore russo ha organizzato le esercitazioni Zapad-2025 insieme alla Bielorussia, tra il 12 e il 16 settembre, con l’intento di lanciare segnali di forza moderatamente minacciosi. Putin, tuttavia, non ha assistito alla fase finale da Minsk, bensì dalla base di Mulino, a est di Mosca, nella regione di Nizhny Novgorod. Le provocazioni non si sono limitate alla terraferma: dopo la notte del 10 settembre che ha visto 19 droni russi violare lo spazio aereo polacco, il 14 settembre aerei russi Su-30 armati di missili anti-radar Kh-31 sono entrati in uno spazio aereo neutrale sul Baltico, mentre contemporaneamente aerei da intelligence russi sono stati intercettati da forze di Danimarca, Germania, Svezia e Finlandia. Un drone Geran è stato avvistato nello spazio aereo romeno e ancora il 21 settembre l’Il-20 russo è stato scortato fuori dallo spazio neutrale baltico da caccia tedeschi e svedesi. Il punto più critico è stato il transito non autorizzato di tre MiG-31 nello spazio aereo estone, un episodio che la Russia ha bollato come normale passaggio verso Kaliningrad, ma che presenta deviazioni dalla rotta abituale, suggerendo una provocazione calcolata. L’intervento immediato di forze armate europee è servito a dimostrare che l’operazione Eastern Sentry funziona: stati come Finlandia, Svezia e Italia hanno monitorato e intercettato gli aerei russi.

Putin contava probabilmente sul rilassamento della risposta occidentale e su segnali di cedimento, ma la solidarietà europea è cresciuta, rafforzando la percezione di unità anziché disgregazione. Il cambio di rotta è evidente anche nei commenti russi: mentre prima si discuteva apertamente dell’ipotesi che Trump potesse contribuire a creare un nuovo ordine mondiale multipolare favorevole a Mosca, ora l’atteggiamento dominante è quello della mobilitazione verso la guerra economica e dell’allarme per l’estensione delle sanzioni. Emerge un’analisi chiara: la Russia sta intraprendendo una guerra che non può permettersi. Il bilancio per il 2025 evidenzia spese militari crescenti, deficit enormi e la dipendenza del tessuto economico dallo sforzo bellico, che assorbe risorse a scapito di ogni altro settore. Le aspettative economiche della popolazione stanno peggiorando, e l’idea che il conflitto possa continuare indefinitamente non è più sopportabile per molti anche tra le élite. Le recenti dimissioni di Dmitri Kozak, presente da decenni nella macchina di potere russa, è sintomo di un malcontento che serpeggia anche nei ranghi più fedeli a Putin.

Nonostante ciò, nessuno osa dire apertamente che rifiutare le offerte di pace sia stato un errore. Ma le opzioni a disposizione di Mosca sembrano restringersi, mentre la successione di decisioni discutibili manifesta il tipico deterioramento operativo delle autarchie mature: la perdita di componenti pragmatiche che bilanciano costi e benefici. Putin appare oggi impegnato in una partita sempre più rischiosa, spingendo verso rischi reputati dalle capitali europee insensati, nella speranza di trovare divisioni nel fronte occidentale. Invece di disordine, però, la risposta che sta emergendo è quella della compattezza. Non più solo resistenza alla Russia, ma consenso nel rafforzare le proprie difese e continuare a spingere per una risposta ferma alla sua aggressione.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza

Aggiornato il 23 settembre 2025 alle ore 10:15