
La Federal reserve bank ha deciso il primo taglio dei tassi del 2025, riducendo il costo del denaro di un quarto di punto, in un intervallo compreso tra il 4,0 per cento e il 4,25 per cento. Una scelta che riflette le crescenti difficoltà del mercato del lavoro e che mette temporaneamente in secondo piano i timori di un ritorno dell’inflazione forse alimentata dai dazi voluti dal presidente Donald Trump. La decisione non è stata unanime. Stephen Miran, al suo debutto da governatore e nominato proprio da Trump, ha votato contro, sostenendo la necessità di una riduzione più incisiva da mezzo punto. “Non c’era un ampio appoggio per un taglio maggiore” ha osservato Jerome Powell, uscito rafforzato da una riunione considerata cruciale. Come previsto, Miran si è dissociato, ma non si sono registrati altri dissensi, un segnale che Powell ha voluto trasmettere con chiarezza tanto ai mercati quanto alla Casa Bianca.
Il presidente americano ha negli ultimi mesi intensificato gli attacchi alla Fed, tentando persino di rimuovere la governatrice Lisa Cook, con l’obiettivo di orientare la politica monetaria secondo la sua visione. Le tensioni si riflettono anche nelle previsioni interne: le dot-plot mostrano un fronte profondamente diviso. In media, i membri del Federal open market committee stimano due tagli da 25 punti base nel corso dell’anno, ma le posizioni divergono nettamente. Un membro ritiene che non ci saranno ulteriori riduzioni, sei stimano un solo taglio, due prevedono due interventi, nove sostengono tre sforbiciate e uno – con ogni probabilità Miran – punta a un taglio drastico da 150 punti base entro fine 2025. Il quadro appare fragile. La Banca centrale Usa è chiamata a gestire un equilibrio complicato: da un lato il rischio stagflazione, dall’altro la pressione politica e l’inimicizia tra il presidente della Fed e quello degli Stati Uniti. Powell ha riconosciuto che “i rischi sull’occupazione sono aumentati” mentre l’inflazione “resta elevata” e i dazi potrebbero alimentarla ulteriormente. Ha poi chiarito: “Possiamo pensare al taglio di oggi come una riduzione di risk-management. La disoccupazione è ancora bassa, ma vediamo dei rischi. Il mercato del lavoro si sta raffreddando”.
Il voto ha assunto un significato politico eccezionale, trasformando la riunione in una delle più delicate da decenni. Powell si trova a guidare la Banca centrale in un momento di divisioni interne e incertezze sulla sua stessa permanenza, con il mandato in scadenza a maggio. Il segretario al Tesoro Scott Bessent ha già individuato almeno 11 possibili successori, quattro dei quali hanno preso parte alla riunione odierna, e la decisione finale spetterà a Trump.
Powell ha ribadito con fermezza l’autonomia dell’istituto: “Restiamo impegnati a mantenere l’indipendenza della banca centrale”. E ha aggiunto: “abbiamo fatto bene” ad attendere prima di intervenire sui tassi. “Dal parabrezza, non dallo specchietto retrovisore” ha detto, invitando a guardare avanti. “Non ci lasceremo distrarre da nulla. Continueremo a fare il nostro lavoro” ha assicurato rispondendo a una domanda sulla fiducia del pubblico nella Fed. Quanto alle prospettive, Powell ha lasciato la porta aperta a nuove mosse: altri due tagli dei tassi nel 2025 sono una possibilità, non una certezza, ha puntualizzato, sottolineando che nessun percorso è stato predefinito.
Aggiornato il 18 settembre 2025 alle ore 18:28