Le ricchezze di Hamas e le miserie dei palestinesi

La realtà dei palestinesi di Gaza è drammatica, e questa situazione si ripercuote politicamente sulla “questione palestinese”. La retorica di una politicapartigiana” condizionata da vari fattori soprattutto mediatici, sottolinea la sofferenza di un popolo, e annebbia la tragica realtà non puntando l’attenzione su chi la sta causando. Così quando Israele annichilisce alcuni degli innumerevoli dirigenti dell’opulento gruppo terroristico-politico di Hamas, come è accaduto in Qatar, sembra che sia uscita, per l’ennesima volta, dai binari delle “regole e dall’etica internazionale”. Ma il contrasto sociale esistente nella Striscia di Gaza è cinicamente presente, anche se sovente molti media sorvolano sulla radice del problema. I palestinesi di Gaza muoiono e soffrono, mentre la grande famiglia di Hamas prolifica, gode di loschi finanziamenti internazionali, sequestra interi convogli di aiuti umanitari ricattando i palestinesi della “Striscia”, e arricchendo le proprie risorse; le famiglie dei capi di Hamas sono protette, anche oltre confine, e gli articolati depositi bancari del gruppo islamista crescono. Comunque questa realtà raramente viene esposta. I finanziamenti di Hamas sono complessi e tentacolari, e oscure sono le sue radici che si allargano molto al di là del perimetro geografico della Striscia di Gaza.

Il movimento armato conosciuto come Brigate Izz al-Din al-Qassam, è il braccio armato di Hamas che molti stati considerano un gruppo terroristico che governa e amministra un territorio in cui inizialmente vivevano quasi due milioni e mezzo di persone. In questo contesto oltre 50mila lavoratori erano dipendenti pubblici, oltre i componenti del suo braccio militare che superavano le 25mila unità. Chiaramente tale numero di dipendenti è sproporzionato rispetto al numero di abitanti, ma tale è la consuetudine in regimi autoritari dove quasi non esiste l’industria privata e le varie attività autonome sono prevalentemente operative nel piccolo e medio commercio e legati comunque alle dinamiche economiche che scaturiscono dal “sistema pubblico”. Hamas, essendo una organizzazione politica e sociale, riceve aiuti internazionali da governi stranieri, da enti di beneficenza e affini, oltre che riscuotere tasse e imporre anche estemporanee gabelle ai cittadini e attività private. Ma l’organizzazione islamista gestisce anche un torbido portafoglio di investimenti internazionali e utilizza le cryptovalute come sistema per aggirare le sanzioni internazionali. Tutto ciò ha permesso ad Hamas di attaccare Israele il 7 ottobre 2023 e equipaggiarsi di armi sofisticate in grande numero.

Perché Israele ha colpito alcuni leader di Hamas in Qatar? Ricordo che questo Paese del Golfo, anche se poco esteso, è uno dei più ricchi al mondo, ed è stato uno dei pochi governi, insieme alla Turchia, a sostenere economicamente e logisticamente Hamas dopo la frattura con al-Fatah, altra organizzazione politico-militare inquadrata nell’Olp, Organizzazione per la liberazione della Palestina, nel 2007. Sempre nel 2007 lo Stato israeliano impose il blocco di Gaza, e il Qatar dette inizio alla fornitura di aiuti umanitari ai palestinesi nella Striscia di Gaza. Poi nel 2012, l’emiro del Qatar Hamad bin Khalifa al-Thani, fu il primo capo di Stato a visitare Gaza sotto il governo di Hamas e promise milioni di dollari in aiuti, che ricordo furono approvati da Israele dopo una serie di non fluidi passaggi decisionali. Ma non solo il Qatar sostenne Hamas con aiuti economici e alimentari, ma fornì anche sostegno politico dando la possibilità ai suoi leader di trasferirsi a Doha dal 2012, dopo che furono costretti a lasciare la loro storica sede di Damasco, in Siria, a causa della guerra civile.

Quindi il Qatar è stato, per i ricchi uomini di Hamas, un luogo di protezione come lo fu per i Talebani prima che tornassero ad essere padroni dell’Afghanistan nel 2021. Così il Qatar, prima era l’Egitto, ha assunto un ruolo logistico determinante dove le varie delegazioni occidentali si incontrano con questi gruppi, considerati terroristici, per poter negoziare, in quanto la legislazione internazionale non consentirebbe una negoziazione diretta, ovvero senza intermediari. Ma è chiaro che i limiti dettati dalle “regole internazionali” sono prevalentemente inosservati. Tuttavia, in particolare il Qatar in questi ultimi quasi 20 anni, ha inviato miliardi di dollari in aiuti umanitari e contanti ai palestinesi della Striscia di Gaza, al fine di attenuare l’impatto del blocco israeliano sulla regione. Ma essendo Hamas che governa sui palestinesi della Striscia i fondi destinati da Doha a Gaza sono, come accade spesso per gli attuali aiuti umanitari, trattenuti dai capi di Hamas. Anche con questi milioni di dollari è stata costruita la ricchezza degli uomini del gruppo islamista sunnita e antisionista, che ostenta jet privati, fastose ville nelle principali città dei Paesi del Golfo e nord Africa, auto lussuose, insomma un tenore di vita che i martoriati palestinesi della Striscia conoscono, ma contestare causa la loro soppressione, circostanza anche ora non inusuale.

Infine, a quanto ammontano le somme di denaro date dal Qatar ad Hamas? I dati riferiscono poco meno di 3 miliardi di dollari dal 2007 al 2014, circa 113 milioni di rial qatarioti, oltre 30 milioni di dollari, nel 2016, poi i finanziamenti hanno assunto un flusso mensile che si è stabilizzato in almeno 30 milioni di dollari, ovvero 360 milioni di dollari annui. Hamas incassa ufficialmente denaro anche dall’Iran e meno chiaramente da altri Stati legati alla corrente islamista, intanto che i palestinesi di Gaza muoiono di fame.

Resta la domanda: se dovesse sciogliersi il gruppo di Hamas come potrebbero cambiare lo stile di vita i suoi ricchi componenti, e le decine di migliaia di suoi affiliati, e come reagirebbero quando non riceveranno più i milioni di dollari per la loro vita opulenta? Inoltre, in mancanza, come sembra, della costruzione dell’utopistico Stato palestinese, sarebbe più complesso individuare un “serbatoio” dove far affluire tali milioni di dollari, somme che comunque i leader qatarioti, sulla linea della loro filosofia politica protezionistica, potrebbero continuare ad erogare a qualche altra organizzazione palestinese. Magari incrementare i già cospicui fondi, erogati da innumerevoli fonti, alla anch’essa opulenta Autorità palestinese.

Aggiornato il 15 settembre 2025 alle ore 10:38