
L’Occidente tentenna, ma non gli Stati Uniti. l’America ha le idee chiare, e nei giorni in cui le Nazioni unite discorrono sul riconoscere o meno uno Stato palestinese, il segretario di Stato Marco Rubio è volato a Gerusalemme per mostrare vicinanza a Israele. Benjamin Netanyahu è dei nostri, punto. È questo il senso del viaggio del titolare degli esteri di Washington. Dopo la visita di ieri al Muro del pianto, un colloquio della durata di tre oresi è appena concluso tra il primo ministro e il segretario di Stato americano nell’ufficio del premier. L’agenda comprende in primo piano la situazione a Gaza, gli ultimi attacchi israeliani contro obiettivi di Hamas in Qatar, il dossier Iran e altre questioni bilaterali rilevanti per la cooperazione strategica tra i due Paesi.
Nel colloquio con i giornalisti a margine del summit, Rubio ha ribadito posizioni nette: Hamas deve essere “eliminato” e gli ostaggi liberati “immediatamente”. In conferenza stampa il segretario di Stato ha affermato che il presidente Trump “resta impegnato a raggiungere questi obiettivi: che ogni singolo ostaggio deve tornare a casa immediatamente e che Hamas deve essere eliminato come gruppo armato”. Netanyahu ha a sua volta difeso la linea d’azione israeliana, definendo la scelta di colpire strutture legate a Hamas in Qatar una “decisione del tutto indipendente: ci assumiamo la piena responsabilità”, ha ribadito, rimarcando la responsabilità sovrana di Tel Aviv nelle proprie scelte di sicurezza.
Dal podio congiunto, Rubio ha promesso che Washington garantirà a Israele “un sostegno incrollabile” nel perseguire gli obiettivi fissati a Gaza. “Il popolo di Gaza merita un futuro migliore, ma quel futuro migliore non può iniziare finché Hamas non sarà eliminato. La barbarie di Hamas è senza precedenti”, ha scandito il segretario di Stato accanto al premier. Netanyahu ha replicato denunciando quella che ha definito un’“immensa ipocrisia” nelle critiche rivolte a Israele per l’azione in Qatar, richiamando la risoluzione delle Nazioni unite adottata dopo l’11 settembre secondo cui nessuno Stato può trasformarsi in rifugio per gruppi terroristici. “Non si ha questa sovranità quando si fornisce una base ai terroristi”, ha osservato il premier, rivolgendosi poi direttamente ai miliziani: “Potete nascondervi, potete scappare, ma vi prenderemo”. Ha quindi aggiunto che “i grattacieli abbattuti a Gaza sono roccaforti di Hamas. Il mondo dovrebbe stabilire le proprie priorità e stabilire i fatti giusti” sul conflitto nella Striscia.
A margine dell’incontro, un ricordo commosso a Charlie Kirk, vicino agli ambienti di Washington e della Casa Bianca. Il segretario di Stato parlando a Gerusalemme ha affermato che “l’omicidio di Kirk è stato come un lutto in famiglia”, e ha sottolineato che era un amico personale di molti membri dell’amministrazione Trump.
HAMAS SPOSTA GLI OSTAGGI IN SUPERFICIE
Sul terreno, intanto, si registrano crescenti timori sulle condizioni degli ostaggi. Fonti palestinesi e media israeliani riferiscono che, in vista dell’operazione per la conquista di Gaza City, Hamas avrebbe spostato alcuni ostaggi in posizioni in superficie – case e tende – rendendo più complessa l’azione di soccorso e aumentando il rischio per i prigionieri. La famiglia di alcuni rapiti ha denunciato di essere stata informata che i propri cari sono trattenuti in superficie. Il Forum delle famiglie degli ostaggi ha chiesto un incontro urgente con il capo di Stato maggiore delle Forze di difesa, Eyal Zamir, esprimendo preoccupazione per gli effetti dell’offensiva – definita in alcune comunicazioni operative come “Carri di Gedeone 2” – e sollecitando una politica chiara per evitare ulteriori perdite e la dispersione dei corpi sotto le macerie. “Le vostre dichiarazioni indicano chiaramente che l’operazione Carri di Gedeone 2 non porterà alla resa di Hamas e porterà a una guerra senza fine nella Striscia”, scrive il Forum in una lettera aperta, chiedendo incontri immediati e misure per proteggere gli ostaggi.
Aggiornato il 15 settembre 2025 alle ore 15:17