
Purtroppo nell’omicidio di Charlie Kirk c’è tutta la barbarie della nostra epoca. C’è la regressione antropologica e culturale di un Occidente che vive di sensi di colpa e soprattutto dell’assoluta inadeguatezza nel capire e accettare l’intrinseca imprevedibilità e incertezza della vita, la complessità dell’esistere (più facile sopravvivere). C’è la miseria di una sinistra mondiale che rispecchia in pieno l’effetto Flynn dello stare al mondo. C’è la paura di non essere come gli altri. C’è l’odio assoluto nei confronti di chi si distingue, c’è la paura della consapevolezza della propria nullità. C’è “esisto in quanto ti odio!”. C’è soprattutto la negazione del confronto. Perché si sa di non essere all’altezza del prossimo.
Charlie è stato ucciso perché poneva al centro di tutto la possibilità di sfidarlo, di competere con lui, perché Charlie è il modello di quel che la società liberale ha sempre esaltato: il merito e la possibilità. Kirk rappresentava i valori che non siamo più in grado di accettare, che non vogliamo più. Kirk ti diceva: “Ehi, con me puoi parlare! Devi parlare! Hai qualcosa da dire? Beh, dillo!”. Ma la verità è che la gente, soprattutto a sinistra, non ha nulla da dire. Figurarsi mettere insieme una “principale” e una “subordinata”. E allora strillano “pace pace” con la bocca. Ma con le mani ben pronte a spararti una pallottola in faccia.
Aggiornato il 12 settembre 2025 alle ore 15:12