Oleksandr Hordiienko, l’uomo ruvido che sparava ai droni

C’è un tipo di libertà che nasce dalla terra. È ruvida, impolverata, sa di sudore e sangue, e ha il rumore lento del trattore che solca i campi prima dell’alba. Non è la libertà delle costituzioni, o dei manifesti politici. È quella primordiale, quella che scorre nei calli delle mani, quella che ti fa dire: questa terra è mia, e nessuno verrà a portarmela via, nemmeno con i missili. Oleksandr Hordiienko non era un eroe. Era un agricoltore. Uno di quelli che non fanno rumore, che non cercano applausi. Coltivava i campi nella regione di Kherson, che oggi è terra di nessuno, frontiera tra la civiltà e il buio. Ma quando i russi sono arrivati con i droni, lui ha imbracciato il fucile. Un fucile antidroni, roba da guerra elettronica, per abbattere le ombre di ferro che scendevano dal cielo.

Non per la gloria. Non per la bandiera. Lo ha fatto per i suoi campi. Per i suoi uomini. Per la sua libertà. Per un affetto primordiale che prende il nome di famiglia. Per quel concetto antico di proprietà che non ha nulla a che vedere con il denaro, e tutto a che vedere con l’identità. Il campo non è solo terra: è memoria, eredità, radice. È ciò che ti rende un uomo. Hordiienko non è un personaggio inventato da Taylor Sheridan. Non vive nel Montana, ma avrebbe potuto. Era il John Dutton ucraino, senza cappello da cowboy, ma con la stessa testardaggine da mulo e lo stesso amore per un pezzo di terra che qualcuno voleva togliergli. Non si è ritirato in silenzio. Ha sminato i suoi campi da solo, centimetro dopo centimetro, per renderli di nuovo fertili. Ha rimesso in moto i trattori mentre piovevano bombe. Ha protetto i suoi mezzi agricoli come si proteggono i figli. E i figli le madri.

Lo hanno ucciso con un drone kamikaze. Lo hanno colpito mentre lavorava, perché questo fanno i vigliacchi: colpiscono chi costruisce. Non muoiono mai quelli che distruggono. Muoiono quelli che piantano semi. L’erba cattiva, del resto, non muore mai. La sua storia è una ferita. Ma è anche una risposta. Perché ci racconta che esiste ancora un tipo d’uomo che non si piega, che non si arrende, che non firma la resa. È il contadino con il fucile in mano. È il patriota che difende un campo di grano come fosse una patria. È l’individuo che si oppone al Leviatano. È libertà in carne e ossa.

Aggiornato il 10 settembre 2025 alle ore 09:54