
Un rischio di immagine. Per Donald Trump la prosecuzione della guerra a Gaza rischia di ritorcersi contro Israele. “Potranno anche vincere la guerra, ma non stanno conquistando il mondo delle pubbliche relazioni e questo li sta danneggiando”, ha dichiarato il presidente americano in un’intervista al Daily Caller, che verrà trasmessa nella giornata di oggi. Pur avvertendo sulle conseguenze dell’offensiva, Trump ha ribadito il sostegno al piano israeliano per la presa di Gaza City, sottolineando che Israele deve “finire l’opera” contro Hamas, convinto che il rilascio degli ostaggi potrà avvenire soltanto con la distruzione del movimento islamista.
L’esercito israeliano ha intanto diffuso un avviso urgente ai civili in vista dell’estensione delle operazioni a Gaza City. Nel comunicato, le Forze di difesa israeliane ha indicato l’area costiera di al-Mawasi come zona di rifugio, garantendo un rafforzamento dei servizi essenziali con particolare attenzione a cure mediche, acqua e cibo. “Per la vostra sicurezza, vi avvertiamo: avvicinarsi o tornare nelle zone di combattimento e nelle aree di attività dell’Idf mette in pericolo la vostra incolumità”, recita la nota militare. L’area di al-Mawasi è lunga 14 chilometri e larga circa uno, rappresenta il 3 per cento della Striscia. Mentre i vertici dell’esercito dello Stato ebraico hanno rivelato un episodio avvenuto due settimane fa a Khan Younis, dove circa “20 terroristi hanno cercato di rapire soldati”. Secondo i militari, un commando di Hamas è emerso da un tunnel e ha assaltato una postazione della brigata Kfir. Lo scontro a fuoco, con il supporto aereo, ha portato all’eliminazione di 15 combattenti, mentre gli altri si sono dileguati. Tre soldati israeliani sono rimasti feriti, uno in modo grave. Le testimonianze dei militari rendono l’idea della concitazione: “Stavo andando a farmi la doccia, ho visto una figura scura e in quel momento è iniziata la sparatoria”, ha ricordato un tenente. “All’inizio pensavo fosse un’esercitazione, poi abbiamo capito che eravamo in pericolo”, ha aggiunto un sergente. Un caporale ha raccontato: “I proiettili mi sono passati a pochi centimetri dalla testa”. Nel debriefing l’Idf ha ammesso criticità operative, pur rivendicando il fallimento del tentativo di rapimento.
Sul fronte diplomatico, la presidenza israeliana ha annunciato la visita di Isaac Herzog in Vaticano giovedì prossimo. L’incontro con papa Leone XIV, promosso dalla Santa Sede, sarà incentrato sugli sforzi per il rilascio degli ostaggi, sulla lotta all’antisemitismo e sulla tutela delle comunità cristiane in Medio Oriente. Herzog incontrerà anche il cardinale Pietro Parolin e visiterà la Biblioteca Vaticana. E il portale dell’associazione Pax Christi – critico verso Tel Aviv – recita: “Secondo la tradizione nel 452 Papa Leone Magno si recò fin sulle sponde del Mincio e affrontò Attila, il re degli unni che voleva conquistare Roma. Armato solo della croce riuscì a dissuadere dal suo intento quello che veniva definito il flagello di Dio. Al Papa che porta lo stesso nome, chiediamo di andare a Gaza”.
BELGIO RICONOSCERÀ PALESTINA AD ASSEMBLEA ONU
Anche Bruxelles si piega all’iniziativa dell’Eliseo. Il ministro degli Esteri belga Maxime Prévot ha annunciato che il Belgio riconoscerà lo Stato di Palestina alla prossima Assemblea generale delle Nazioni unite, in programma a settembre. “La Palestina sarà riconosciuta dal Belgio alla sessione Onu! E sanzioni severe verranno imposte al governo israeliano”, ha perfino aggiunto Prevot su X. L’iniziativa si inserisce nel solco tracciato dal presidente d’oltralpe, che a fine luglio aveva anticipato il riconoscimento da parte della Francia. Dopo Parigi, più di dieci Paesi occidentali hanno esortato altre nazioni a seguire la stessa linea.
La mossa di Bruxelles ha spinto Benjamin Netanyahu a valutare una riunione straordinaria, durante la quale sarà esaminata “l’applicazione della sovranità in Giudea e Samaria” (Cisgiordania) come possibile risposta all’abbandono da parte dei Paesi europei. Ma all’interno della leadership israeliana, tuttavia, il tema sta generando frizioni. Il piano delineato dal ministro per gli Affari strategici Ron Dermer, stretto consigliere di Netanyahu, prevede infatti soltanto una sovranità parziale, limitata alla Valle del Giordano. Una posizione confermata da fonti governative che hanno spiegato come “il primo ministro sta perseguendo solo una sovranità parziale”, pur consapevoli che ciò potrà attirare critiche europee “come se avesse applicato la sovranità sull’intero territorio, anche se potrebbe ottenere il pieno riconoscimento da Trump”. Una linea che si scontra con le pressioni dei ministri di destra conservatrice, intenzionati a imporre la piena sovranità sulla maggior parte della Cisgiordania.
Aggiornato il 02 settembre 2025 alle ore 16:14