Ofir Haivry: “Hamas non si fermerà, serve la resa totale”

Israele sta attraversando una fase turbolenta della sua storia. A distanza di quasi due anni dal massacro del 7 ottobre, il confitto contro Hamas è giunto a un passaggio cruciale: pochi giorni fa ha cominciato a circolare la notizia che il Governo Netanyahu annuncerà il controllo su Gaza, consentendo all’Idf di intervenire direttamente negli scenari di guerra. Quali saranno le ripercussioni interne? Abbiamo deciso di parlare delle sfide che attendono lo Stato ebraico con il filosofo, storico e intellettuale Ofir Haivry, vicepresidente dell’Herzl Institute di Gerusalemme e Distinguished Senior presso la Edmund Burke Foundation di Washington. Uno tra i massimi interpreti contemporanei del conservatorismo, nel 1994 ha co-fondato insieme a Yoram Hazony il Centro Shalem a Gerusalemme e dal 1996 al 1999 è stato il primo caporedattore della rivista di idee dell’associazione, Azure. La sua attività di ricerca si è unita all’impegno politico: Haivry è attualmente membro del Consiglio per l’istruzione superiore (Council for Higher Education, Che), l’organismo governativo israeliano composto da 25 membri che sovrintende a tutte le università e i college del Paese. È anche membro del Consiglio di Israele per l’Archeologia e del Gruppo direttivo bilaterale per promuovere la cooperazione accademica tra Israele e Italia, purtroppo messa in discussione da vari atenei italiani negli ultimi mesi.

Fonti autorevoli dell’ufficio di Benjamin Netanyahu confermano la decisione di assumere il pieno controllo sulla Striscia di Gaza. Il piano militare dev’essere ancora discusso dal gabinetto di sicurezza, ma ha già ottenuto il via libera della Casa Bianca e si muove lungo due capisaldi: annientare Hamas e liberare gli ostaggi. Come giudichi questo prolungamento dello sforzo bellico? Credi che sarà risolutivo nella guerra contro il terrorismo iniziata il 7 ottobre?

Penso che, eventualmente, la guerra finirà con la distruzione di Hamas. La questione è il prezzo che dovrà essere pagato poiché, al momento, Israele non ha usato tutta la sua forza militare adottando una strategia di autocontenimento. Lo ha fatto per due ragioni: innanzitutto, Hamas controlla le zone dove sono detenuti gli ostaggi e lanciare un attacco diretto comporterebbe dei pericoli per le loro vite. In secondo luogo, Hamas si situa dietro la popolazione civile e colpire determinati obiettivi rischierebbe di determinare un alto numero di vittime innocenti. Israele aveva previsto che, a un certo punto, la leadership di Hamas e la pressione internazionale avrebbero portato alla cessazione della guerra, perché non era possibile che l’organizzazione terroristica vincesse. Purtroppo invece, per varie ragioni, alcuni Paesi europei sono disposti a dare un premio ad Hamas per il 7 ottobre con il riconoscimento di uno Stato palestinese. Israele si prepara con riluttanza, devo dire, a sferrare un attacco per conquistare la Striscia, ma questa eventualità non è inevitabile. Il fatto che il dibattito sia stato dichiarato pubblicamente serve a fare pressione su Hamas, che può arrivare a fermare il conflitto.

Hai toccato un punto fondamentale: la guerra psicologica attuata dai terroristi islamici. In questi giorni sono stati resi pubblici i filmati strazianti di Evyatar David e Rom Braslavski, che evocano il dramma dell’Olocausto e danno un’ulteriore prova delle atrocità di Hamas. Non solo si infierisce sui corpi scheletrici dei superstiti ma, nel caso di David, lo si costringe addirittura a scavare la sua tomba. Queste immagini vengono rilasciate mentre diversi governi europei, il Canada e l’Australia si apprestano a riconoscere lo Stato di Palestina. La macchina propagandistica di Hamas sta piegando l’Occidente?

Certamente. Guardando i giornali italiani, mi rendo conto che riflettono quello che si vede in altri Paesi occidentali. Alcuni giorni fa è stata diffusa la fotografia gigantesca di un sedicente bambino di Gaza che sta morendo di fame, ma poi si è scoperto che questo bambino sta in Italia per ricevere delle cure e soffre di una malattia che fa apparire il suo corpo scheletrico, ma ciò non ha nulla a che vedere con la fame. Le fotografie vere delle persone che patiscono la fame a Gaza non esistono, non sono mai state pubblicate perché non ci sono. Abbiamo molte fotografie di bambini e adulti affetti da varie patologie, come cancro e distrofia muscolare, ma l’opinione pubblica occidentale mistifica le loro condizioni di salute creando delle sonore fake news. D’altra parte, Hamas pubblica le fotografie degli ostaggi su cui inferisce e, anziché esserci una reazione contro i terroristi, molte persone difendono cecamente il gruppo. Non posso più pensare a quale orrore dovrebbe compiere Hamas affinché i suoi sostenitori dicano: “Questo è troppo”. Dopo il 7 ottobre pensavamo che questa organizzazione sarebbe stata considerata mostruosa da tutti ma, ancora adesso, c’è chi giustifica le sue azioni e il trattamento disumano dei rapiti. Ci troviamo in una situazione degna di 1984 di George Orwell: siamo inondati di false dichiarazioni sulla fame a Gaza, per cui non esiste nessuna prova, mentre vediamo ogni giorno centinaia di carri con provviste alimentari che entrano nella Striscia ma vengono sottratti dai miliziani. I media occidentali, però, tacciono sulle torture fisiche e psicologiche a cui sono sottoposti gli ostaggi.

A proposito di disinformazione, il giornalismo mainstream punta il dito contro Israele accusandolo di bloccare gli aiuti umanitari per i civili a Gaza. Ma la realtà è molto diversa da come viene raccontata. Perché i media tacciono sui furti dei viveri compiuti da Hamas, che sta riducendo la popolazione allo stremo?

Penso ci siano due ragioni profonde che, a volte, sono combinate, altre volte no. In primo luogo, esiste una tendenza a semplificare ogni conflitto, stabilendo chi sia il buono e il cattivo della situazione e, siccome Israele sembra avere più successo, è visto come il cattivo. Questo vale per molti giornalisti occidentali, che effettuano una semplificazione infantile di un contesto complesso. Non è facile far entrare e distribuire il cibo a Gaza mentre è in corso una guerra, per cui capita che si verifichino tragici incidenti. Volendo sintetizzare, tutto diventa bianco e nero. Inoltre, almeno una parte del fronte politico e dell’informazione sono schierati a fianco del fanatismo di Hamas. In alcuni Paesi occidentali i governi progressisti hanno capito che il loro consenso deriva soprattutto dalle comunità islamiche o da gruppi politici di ispirazione radicale. C’è una differenza netta tra i governi di Francia, Spagna, Inghilterra e Canada, che sono allineati a sinistra e in cui una quota sostanziale dell’elettorato è di origini arabe, e altri Paesi nei quali si trovano posizioni più equilibrate, come la Germania, l’Italia e gli Stati Uniti.

Il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha fatto un’incursione simbolica sulla Spianata delle moschee durante il 9 di Av, che commemora la distruzione del Tempio di Gerusalemme. C’è chi ha descritto il suo gesto come una provocazione che rinfocola l’estremismo israeliano, pur essendosi svolto in un luogo sacro dell’ebraismo. Si sta delegittimando ancora una volta la fede ebraica?

Pur essendo l’unico Paese in Medio Oriente dove c’è libertà di culto, Israele viene accusato per vicende che sono coerenti con la religione ebraica e non arrecano danno a nessuno. Nessun musulmano è stato precluso dall’esercizio dei suoi riti religiosi ma, per qualche strano motivo, gli ebrei dovrebbero evitare di esprimere il loro culto nel posto più sacro della tradizione ebraica. Se guardiamo agli altri Stati mediorientali, dubito che un cristiano possa pregare nell’Hagia Sofia di Istanbul, che è stata trasformata di fatto in un museo e sta diventando una moschea. È un comportamento legittimo, ma se qualcuno provasse a farlo verrebbe arrestato. Non possiamo equiparare il regime di tolleranza religiosa di Israele e la repressione delle fedi che avviene in altri Paesi. Questa stigmatizzazione nasce dall’idea che la religione ebraica sia meno legittimata di altre confessioni.

Aggiornato il 06 agosto 2025 alle ore 12:26