
Sulla volontà di Francia, Gran Bretagna e Germania
L’atto di riconoscimento internazionale operato da uno Stato nei confronti di una entità costituita da un popolo non strutturato socialmente e privo di una organizzazione statale presenta una natura giuridica complessa e articolata, che si inscrive nel quadro del diritto internazionale pubblico. Innanzitutto, l’atto di riconoscimento è un atto politico unilaterale con cui uno Stato attribuisce a un altro soggetto (Stato o governo) la qualità di soggetto di diritto dell’ordinamento internazionale. Tale atto può essere espresso o tacito e, pur essendo necessario per instaurare normali relazioni diplomatiche, non determina per lo Stato dichiarante di per sé un obbligo di instaurare rapporti diplomatici.
Per essere riconosciuto come Stato, un’entità deve rispettare i criteri classici stabiliti dalla Convenzione di Montevideo (1933), che prevedono:
1) Una popolazione permanente;
2) Un territorio definito;
3) Un potere di governo effettivo;
4) La capacità di intrattenere relazioni con altri Stati.
Abbiamo modo di ritenere che in presenza di un popolo non socialmente organizzato e privo di sufficiente struttura statale, questi requisiti non sono soddisfatti, dal momento che obiettivamente mancando la presenza di un governo non si può giuridicamente affermare la presenza della personalità giuridica internazionale. Di conseguenza, tale entità non possiede uno status giuridico statuale completo, e il riconoscimento da parte degli altri Stati può essere difficile o del tutto assente. Sul piano essenzialmente teorico, esistono due principali interpretazioni del riconoscimento: la teoria dichiarativa, secondo cui lo Stato esiste indipendentemente dal riconoscimento, in questo si è in presenza di una dichiarazione unilaterale solo formale, e la teoria costitutiva, secondo cui il riconoscimento è condizione necessaria per la personalità giuridica internazionale. Infatti, in questo caso il riconoscimento contribuisce alla rilevabilità del suo status effettivo di soggetto di diritto internazionale in forma bilaterale. Il riconoscimento in sé, pertanto, può assumere soltanto una natura politica e discrezionale, non costitutiva, che può essere subordinata a condizioni, come il rispetto dei diritti umani o il mantenimento della pace internazionale.
Detto quanto sopra, ne consegue che la natura giuridica del riconoscimento operato da uno Stato verso un popolo non organizzato e privo di struttura statale è essenzialmente un atto politico unilaterale che non produce uno status di soggetto di diritto internazionale pienamente riconosciuto, ma può avere effetti limitati sotto il profilo del diritto internazionale consuetudinario. Tale riconoscimento non crea un obbligo automatico di instaurare relazioni diplomatiche e riflette più una volontà politica che un riconoscimento giuridico pieno. Riferendoci inoltre, molto brevemente, alla notizia circa il riconoscimento pubblico da parte di Francia, Gran Bretagna e in forma più prudente Germania nei confronti dello Stato palestinese e, indirettamente, di Gaza, riteniamo possibile ritenere che dette dichiarazioni unilaterali rappresentino essenzialmente un atto politico volto a sostenere la soluzione dei “due Stati”, secondo la previsione del diritto internazionale attuale. Non esimendoci dalla disamina della questione della rilevabilità o meno della “effettività” giuridica di Gaza e la sua reale incidenza nell’ordinamento internazionale avvertiamo l’esigenza di limiti importanti sotto il profilo strettamente giuridico.
Come già evidenziato secondo il principio di effettività, fondamento imprescindibile del diritto internazionale, affinché un’entità venga riconosciuta come soggetto di diritto internazionale (Stato), deve dimostrare la capacità effettiva di esercitare un controllo effettivo sul suo territorio, sulla popolazione e attuare un potere di governo stabile, nonché far rispettare le leggi e gestire relazioni internazionali autonome. Nel caso della “Striscia di Gaza”, permangono gravi difficoltà. Per citarne alcune:
1) La presenza di Hamas – che non gode di unanime riconoscimento internazionale ed è oggetto di restrizioni e sanzioni in molti ordinamenti statali – impedisce una governance inclusiva e stabile;
2) La “Striscia di Gaza” continua a essere sottoposta a una situazione di conflitto e crisi umanitaria, con controllo limitato e frammentato da parte delle autorità palestinesi;
3) Il territorio non è autonomo nelle relazioni internazionali, né pienamente sovrano sul piano della sicurezza, della gestione delle frontiere e dell’economia.
Da quanto sopra segnalato ne discende che, sotto il profilo della rigorosa “effettività” richiesta dal diritto internazionale, la natura statuale di Gaza risulta fortemente contestabile e ancora oggi largamente “potenziale” o “aspirazionale”. Il riconoscimento espresso da singoli Stati come Francia e Regno Unito ha, quindi, valore prevalentemente politico e simbolico – segnala l’intenzione di quegli Stati di considerare la Palestina (comprendente Gaza) come interlocutore per una futura soluzione stabile – ma non determina automaticamente la piena soggettività giuridica internazionale in assenza dei presupposti di effettività reale e stabile. Un simile riconoscimento internazionale, avente solo natura politica, riteniamo possa favorire la progressiva costruzione della soggettività giuridica palestinese, rafforzandone l’autorità di governo e il suo status diplomatico, ma non può supplire alla mancanza di un controllo effettivo o di un apparato statuale funzionante. Elementi che restano, secondo la prassi e la dottrina internazionalista, fondamentali per essere considerati Stato ai sensi della Convenzione di Montevideo.
In breve, il riconoscimento pubblico di Francia, Gran Bretagna e, con più cautele, Germania, è certamente possibile che possa essere liberamente espresso, ma è di tutta evidenza che abbia natura prevalentemente politica e non equivale a una piena introduzione di Gaza – isolatamente considerata – tra i soggetti di diritto internazionale attesa le inesistenti effettività strutturali dette. Il diritto internazionale, infatti, richiede una corrispondenza tra il riconoscimento politico e la realtà dell’effettivo controllo e funzionamento statale sul territorio interessato. Attualmente, per Gaza, tale corrispondenza appare, sotto molti aspetti, ancora non effettivamente rilevabile.
Aggiornato il 05 agosto 2025 alle ore 13:16