Anp chiede ai terroristi di deporre le armi

Hamas deve deporre le armi. Non ha usato giri di parole Mohammad Mustafa, il primo ministro palestinese, nel corso della conferenza delle Nazioni unite sulla soluzione dei due Stati. “Hamas deve deporre le armi, rilasciare gli ostaggi e rinunciare al controllo di Gaza”, parole riportate dal Times of Israel che segnano la presa di posizione da parte dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), impegnata nel tentativo di riacquisire centralità nel futuro della Striscia. Sperando non sia troppo tardi. “Tutti i Paesi hanno la responsabilità di agire ora per porre fine alla guerra contro il nostro popolo a Gaza e in tutta la Palestina, per garantire il rilascio degli ostaggi e i prigionieri e per assicurare il ritiro delle forze di occupazione israeliane”, ha aggiunto Mustafa, invocando l’unica mossa che potrebbe far cessare le ostilità iniziate dopo il vile attacco del 7 ottobre.

Il premier palestinese ha ribadito la disponibilità dell’Anp a cooperare con una forza araba per contribuire alla stabilizzazione postbellica di Gaza. Un’ipotesi che, sebbene ancora teorica, si inserisce nei contatti diplomatici in corso tra Ramallah e alcune capitali della regione. Mustafa ha anche suggerito esplicitamente che Hamas consegni il proprio arsenale all’Autorità nazionale palestinese. Il nodo resta però politico. Se da un lato Israele si è detto disponibile a un coinvolgimento di Paesi arabi moderati, come gli Emirati Arabi Uniti, dall’altro Tel Aviv continua a rifiutare il ritorno dell’Anp a Gaza, accomunandola – almeno nei discorsi ufficiali – al movimento islamista. Un paragone che rappresenta uno degli ostacoli principali per qualsiasi soluzione condivisa. “Dobbiamo tutti lavorare per riunificare la Striscia di Gaza con la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, senza occupazione, assedio, insediamenti, sfollamenti forzati o annessioni”, ha affermato Mustafa, insistendo sulla posizione dell’Anp, che tra casi di corruzione e immobilismo ha perso ingenti somme di consenso negli ultimi 30 anni. Tant’è che l’ascesa di Hamas è anche una conseguenza dell’incompetenza politica mostrata dal Partito intorno al 2006. “Dobbiamo ricostruire Gaza con e per il nostro popolo, porre fine all’occupazione, raggiungere l’indipendenza palestinese e attuare la soluzione dei due Stati, in cui Palestina e Israele vivano fianco a fianco, in pace e sicurezza, per raggiungere la pace, la sicurezza e la prosperità nella regione”.

Mentre a Gerusalemme si pensa a un “Piano B”, nel caso i negoziati andassero male. Secondo i media israeliani, il primo ministro Benjamin Netanyahu sarebbe pronto a proporre al gabinetto di sicurezza un piano per annettere porzioni della Striscia di Gaza, in una mossa destinata a rafforzare la tenuta della coalizione con gli esponenti della destra radicale Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir. Il progetto prevede un ultimatum ad Hamas di pochi giorni per accettare un cessate il fuoco. In caso contrario, Israele procederà con l’annessione unilaterale, partendo dalla cosiddetta zona cuscinetto e dai settori settentrionali della Striscia adiacenti a Sderot e Ashkelon. La proposta segue la recente decisione di Netanyahu di consentire un incremento degli aiuti umanitari verso Gaza, nonostante l’opposizione interna del Partito sionista religioso.

Ferma la posizione espressa dal ministro degli Esteri Gideon Saar, che ha dichiarato: “Israele non cederà alle pressioni per porre fine alla guerra a Gaza, né i Paesi stranieri lo costringeranno ad accettare uno Stato palestinese. Creare uno Stato palestinese oggi significa creare uno Stato di Hamas. Uno stato jihadista. Non accadrà”, ha affermato Sa’ar durante un briefing con la stampa internazionale, puntando il dito contro le politiche europee, accusate di essere condizionate da “enormi popolazioni musulmane” e di sacrificare Israele “per compiacere questa comunità”.

Aggiornato il 29 luglio 2025 alle ore 13:56