
Nel Sahel, in particolare nell’area dei tre confini, Burkina Faso, Mali e Niger, la presenza di gruppi jihadisti è opprimente e in aumento. Questi Stati, ma anche il Ciad, hanno negli anni chiesto aiuto a livello internazionale, ai francesi in particolare, anche in funzioni delle residue – ma da tempo non più tollerate – “influenze” post-coloniali, ma anche a forze statunitensi e aggregazioni militari internazionali ed europee che in modo meno evidente, ma grazie a programmi di cooperazione anche militare, operavano nella regione. Ma il nuovo multipolarismo geopolitico che è in fase di assetto, consolidamento e soprattutto in definizione, nel quadro del Brics+ – tanto per dare un orientamento – sta conducendo molti Stati africani, principalmente sub sahariani, sempre più velocemente e radicalmente verso la Russia. La Federazione russa guidata da 25 anni da Vladimir Putin, appare a questi Stati – generalmente con avvicendamenti governativi tramite il collaudato colpo di Stato – grazie alle milizie dell’Africa corps, versione statale dei mercenari Wagner, l’unico strumento che possa far fronte al terrorismo di impronta jihadista che sempre più organizzato sta infestando la regione. Tuttavia, le milizie di Mosca non hanno vita facile nell’area, in quanto sui campi di battaglia contro i jihadisti spesso lasciano numerosi soldati.
Ma da alcune settimane nel Sahel i vari miliziani sotto la utopistica e fraintesa bandiera del jihad stanno attaccando queste forze russe e gli eserciti della regione con droni, e tali assalti stanno assumendo proporzioni mai riscontrate in precedenza. Questi gruppi estremisti islamici sono affiliati alla branca saheliana di Al-Qaeda, organizzata e attiva specialmente in Burkina Faso e Mali. L’acquisizione e l’utilizzo da parte dei jihadisti dei droni armati sta destabilizzando il criterio difensivo e offensivo, sia degli eserciti nazionali che delle varie versioni di milizie mercenarie. Dei vari gruppi jihadisti che martoriano questa regione, alcuni hanno caratteristiche anarcoidi anche se si vestono con cupi vessilli inneggianti al Jihad, ma il gruppo che risulta particolarmente organizzato e aggressivo è il Gsim, ovvero Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani. A conferma un rapporto del 15 luglio dell’istituto marocchino Pcns, Policy center for the News South, il quale rivela il forte incremento degli attacchi con i droni condotti da gruppi terroristici islamici armati nella regione. Il Pcns ha analizzato il periodo che va da settembre 2023 a giugno 2025, registrato oltre 30 attacchi con droni; ma il fattore rilevante è che oltre l’80 per cento di questi bombardamenti con droni si è verificato tra marzo e giugno 2025.
Le strategie di aggressione del Gsim sono esclusive, in quanto è l’unico gruppo armato di terroristi presente in Africa ed uno dei pochi a livello globale a poter condurre una guerra continuativa con droni. Da marzo a giugno – ma gli attacchi stanno proseguendo anche a luglio – hanno utilizzato in circa 25 attacchi questi velivoli armati sia in modalità kamikaze, che guidati da sistemi di Intelligenza artificiale. Il Burkina Faso, Togo e Mali sono stati presi di mira con modalità strategiche che vanno oltre le capacità che un gruppo terrorista, in teoria, dovrebbe possedere; bombardamenti che hanno una grande ambizione geografica, e che si distinguono anche per la loro frequenza. Oltre al Gsim è operativo con simili risorse di attacco anche il Fla, Fronte per la liberazione dell’Azawad, un gruppo politico rappresentato dai tuareg. I combattenti del Fla stanno utilizzando droni a decollo e atterraggio verticale, Vtol, e Fpv, visuale in prima persona. Risulta che i due gruppi stiano operando anche congiuntamente, e lo scambio di conoscenze tecnologiche è un dato di fatto. Questa cooperazione è verosimile che abbia contribuito all'accelerazione delle capacità offensive dei droni del Gsim.
Questo sistematico utilizzo dei droni da parte del Gsim rivela numerose criticità a livello regionale. La prima questione è che lo sbilanciamento tecnologico tra le forze statali e quelle terroristiche è stato livellato; questi velivoli a basso costo sono modificati tramite l’Intelligenza artificiale, diventando sufficientemente performanti e guidabili, aumentando così la loro letalità. Inoltre, sono in aumento le azioni a livello geografico. Un altro elemento è la parte mediatica che esercita il Gsim sulla popolazione, agendo anche sull’aspetto psicologico della massa che vede quanto la forza jihadista possa essere letale sugli eserciti nazionali, affermando il predominio e mettendo in discussione anche le capacità offensive aeree degli Stati; quindi la garanzia di sicurezza che i governi dovrebbero assicurare alla propria popolazione. Insomma, una guerra dove la differenza bellica tra eserciti nazionali e gruppi terroristici è quasi annullata.
Ma chi fornisce questi droni ai jihadisti, compresa la formazione operativa e le istruzioni tecnologiche per essere così competitivi con le forze militari statali? Ogni Stato produttore vende droni in Africa, compresi gli “Occidentali”, ma quelli che commerciano questi velivoli con qualsiasi organizzazione o Nazione sono la Cina, la Turchia e l’Iran. Questi Stati, non casualmente, due appartengono al Brics+, la Cina è partner fondatore, l’Iran è entrato a gennaio 2024 e la Turchia sta riflettendo se “bussare”; questi hanno il vantaggio di vendere droni senza imporre vincoli politici legati al rispetto dei Diritti umani. Il drone turco più noto ed apprezzato in Africa è il Bayraktar TB2, prodotto nelle fabbriche di Selçuk Bayraktar, genero del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che con la versione più offensiva l’Akinci, ha surclassato negli ultimi tempi il drone cinese Wing Loon.
In uno scenario, quello africano, dove il mercato dei droni sta crescendo in modo esponenziale, si stima che nel 2024 il giro di affari per questi velivolo si è attestato intorno al miliardo di dollari, con una previsione di 9 miliardi e mezzo entro otto anni. Un mercato che non interessa solo i droni da combattimento, ma anche droni destinati ai settori della logistica e dell’agricoltura. In questo fiorente commercio è evidente come il mercato dei droni ha percorsi articolati, e alcuni conducono verso i gruppi terroristici organizzati come il Gsim; quindi la possibilità che i jihadisti possano crescere la propria potenza offensiva acquistando e utilizzando droni, è direttamente proporzionale alla crescita di questo mercato in Africa; la cui previsione è enorme.
Aggiornato il 28 luglio 2025 alle ore 09:45