Sottovalutare Mosca può costare caro

In questi giorni ricorre il 70° anniversario dell’Assemblea parlamentare della Nato, istituita nel 1955 come organo consultivo che riunisce i rappresentanti dei parlamenti nazionali dei Paesi membri. In occasione di questa ricorrenza, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato l’importanza del dialogo parlamentare transatlantico e la centralità della cooperazione nella difesa dei valori democratici. Ma mentre si celebrano sette decenni di integrazione e impegno collettivo, l’Alleanza atlantica si trova oggi di fronte a una delle sfide più complesse e pericolose della sua storia: il ritorno della guerra in Europa e la concreta possibilità che la Russia, guidata da Vladimir Putin, possa mettere alla prova la tenuta politica e militare dell’Alleanza. Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel 2022, il panorama della sicurezza europea è profondamente cambiato. Una guerra su larga scala, che in pochi pensavano possibile, ha riaperto interrogativi che si credevano sepolti dalla storia. La domanda più inquietante oggi è se Vladimir Putin possa spingersi oltre l’Ucraina, arrivando a sfidare direttamente la Nato. Un’ipotesi che fino a poco tempo fa sembrava estrema, ma che oggi viene considerata plausibile da un numero crescente di analisti e responsabili militari.

Mark Rutte, segretario generale della Nato, ha recentemente dichiarato che la Russia potrebbe lanciare un attacco contro un Paese dell’Alleanza entro cinque anni. Non è solo una valutazione personale: i servizi di intelligence occidentali e molti alti ufficiali condividono la stessa preoccupazione. Proprio per questo, l’Europa ha avviato un riarmo senza precedenti dalla fine della Guerra fredda. Tuttavia, aumentare le spese militari non basta. La Nato deve anche dimostrare di avere la volontà politica necessaria per reagire in modo credibile e tempestivo, aggiornando le proprie dottrine strategiche per affrontare le nuove realtà del conflitto. La guerra moderna, come dimostra ampiamente il fronte ucraino, si combatte sempre più con droni, Intelligenza artificiale, attacchi informatici e campagne di disinformazione, piuttosto che con scontri campali tradizionali. C’è chi sostiene che la Russia non avrebbe alcuna possibilità in uno scontro diretto con la Nato, viste le difficoltà incontrate in Ucraina.

Ma questo ragionamento parte da un presupposto fuorviante: che Mosca voglia effettivamente ingaggiare una guerra convenzionale. In realtà, Putin potrebbe preferire attacchi “ibridi”, fatti di provocazioni mirate, sabotaggi, infiltrazioni e incursioni limitate, evitando accuratamente un confronto su larga scala. Uno scenario considerato credibile da diversi analisti prevede, ad esempio, una piccola incursione militare in Estonia o Lettonia, giustificata dalla necessità di “proteggere” le minoranze russe presenti sul territorio. Il vero obiettivo non sarebbe la conquista, ma mettere alla prova la reazione dell’Alleanza atlantica. Se la Nato dovesse esitare o scegliere la via diplomatica senza una risposta militare concreta, la sua credibilità come sistema di difesa collettiva verrebbe gravemente compromessa. Putin ha già testato con successo la riluttanza dell’Occidente a entrare in un conflitto diretto, e questo potrebbe spingerlo a compiere altri passi, contando sull’idea che, alla fine, gli avversari cederanno. Un altro elemento chiave che potrebbe influenzare le prossime mosse del Cremlino è il vantaggio tecnologico raggiunto dalla Russia nella produzione e nell’impiego di droni.

Negli ultimi tre anni, Mosca ha sviluppato una solida industria interna capace di produrre migliaia di droni ogni mese. In Ucraina, attacchi con centinaia di velivoli senza pilota sono ormai una routine notturna. Questi droni sono in costante evoluzione: più silenziosi, precisi, difficili da individuare. Il loro impiego non si limita alla ricognizione, ma rappresenta oggi una componente centrale della strategia offensiva russa. La Nato, al contrario, è in ritardo. La produzione è disorganizzata, i droni in uso sono spesso tecnologicamente superati, e manca una visione unitaria per integrarli realmente nelle strutture militari. Nessun esercito europeo dispone attualmente di una forza autonoma di droni, e molti ancora li considerano strumenti accessori, non determinanti. È un errore che potrebbe costare caro. Lo stesso vale per i missili: mentre la Russia ha intensificato la produzione di missili balistici e da crociera, dotandoli di capacità per eludere le difese aeree occidentali, l’industria bellica occidentale procede a rilento, spesso frenata da vincoli burocratici e mancanza di coordinamento.

Putin potrebbe considerare questo momento come particolarmente favorevole. Negli Stati Uniti, cresce una corrente politica che mette in dubbio l’impegno americano nella difesa dell’Europa. In Europa, nonostante l’aumento dei bilanci militari, manca ancora un senso d’urgenza condiviso. Alcuni Paesi, in particolare quelli baltici e nordici, stanno prendendo misure concrete: scavano trincee, rafforzano i confini, si preparano a scenari estremi. Ma nel complesso, il continente appare ancora diviso, lento, esitante. L’obiettivo strategico della Russia potrebbe non essere tanto quello di conquistare territori Nato, quanto di minare la coesione interna dell’Alleanza, sfruttandone le crepe e amplificandone le incertezze. A questo scopo, il Cremlino può continuare a utilizzare strumenti di guerra ibrida: cyberattacchi mirati, disinformazione sistematica, sabotaggi infrastrutturali, e persino omicidi selettivi di figure chiave. Il punto non è vincere sul campo, ma creare una narrativa di divisione e debolezza, facendo sembrare la Nato incapace di proteggere se stessa. In questo contesto, la resistenza dell’Ucraina ha avuto un valore enorme. Kyiv ha fermato, rallentato e logorato l’avanzata russa, offrendo all’Europa tempo prezioso per prepararsi.

Le forze armate ucraine sono oggi tra le più esperte al mondo in guerra moderna e potrebbero fornire un contributo fondamentale alla sicurezza collettiva europea. Ma la volontà politica necessaria per affrontare seriamente la minaccia russa non può venire da Kyiv. Deve nascere nelle capitali occidentali. È qui che si decide se il sistema Nato resterà un’alleanza difensiva credibile o diventerà un guscio vuoto. Il tempo per agire non è illimitato. Se l’Occidente continuerà a sottovalutare la minaccia russa o ad affrontarla con mezze misure, sarà sempre più difficile contenere le ambizioni del Cremlino. Al contrario, un’azione decisa oggi – militare, politica e tecnologica – potrebbe ancora prevenire il peggio. Putin sta scommettendo sulla nostra esitazione. Tocca a noi dimostrargli che ha sbagliato i conti.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza

Aggiornato il 23 luglio 2025 alle ore 10:49