
Come si dice “drill baby, drill” in francese? Si dice ferma tutto ché gli anni Sessanta sono finiti. Lo Stato non vuole più sfruttare le materie prime che offre il territorio della Gironda e ha deciso di respingere la richiesta di aprire nuovi pozzi di petrolio ad Arcachon. Allo stesso tempo, però, dichiara di aver scoperto diversi giacimenti di idrogeno pulito in alcune regioni, e vorrebbe trivellare come se non ci fosse un domani. Niente da fare, intanto, per il gruppo canadese Vermillon Energy, che dagli anni Sessanta detiene una concessione, valida fino al 1° gennaio 2035, per estrarre petrolio dalle parti di La Teste-de-Buch, comune francese di 25mila abitanti situato nel dipartimento della Gironda, nella regione della Nuova Aquitania. Ci sarebbero 8 nuovi pozzi da trivellare, che si aggiungerebbero ai 50 circa che attualmente producono 1500 barili al giorno. Il prefetto della Gironda, Etienne Guyot, ha rifiutato, per decreto, la proposta di Vermillon di aumentare la produzione e sfruttare riserve petrolifere inutilizzate. Lo Stato, ha spiegato la prefettura in un comunicato, “ritiene che questo progetto sia contrario all’emergenza climatica e agli impegni della Francia per limitare il riscaldamento globale nell’ambito dell’accordo di Parigi”. La decisione arriva dopo che a febbraio il ministro per la transizione ecologica Agnès Pannier-Runacher si era espressa contro questo progetto, esprimendo un parere opposto a quello del suo predecessore, Christophe Béchu, che era invece a favore delle trivellazioni. Al punto tale che l’inchiesta pubblica sembrava aver dato via libera, al netto delle legittime e sempre più gravi preoccupazioni sulle emissioni di gas serra, aggravate poi dagli incendi che nel 2022 hanno interessato 7mila ettari della foresta di La Teste-de-Buch.
Al di là delle inquietudini, che tuttavia non hanno causato segnalazioni di gravi malfunzionamenti o disagi da parte della popolazione locale, l’inchiesta pubblica rilevava la necessità di produrre petrolio in Francia a costi contenuti, piuttosto che scegliere di importarlo, con costi ambientali molto più elevati. La tesi della “filiera corta è meglio di quella lunga” per ridurre l’inquinamento, è stata definita “incredibilmente cinica” dalle opposizioni, in particolare dai Verdi. La decisione del prefetto ha dato loro ragione e ha chiuso la questione: si trivella quello che è già trivellato, entro e non oltre il 2040, come deciso dal governo nel 2017 con la legge che regola la graduale cessazione dello sfruttamento degli idrocarburi. L’estrazione (modesta) di petrolio in Francia si concentra, oltre che in Aquitania, nel Bassin parisien, e con una produzione di 584.114 tonnellate all’anno, e può soddisfare appena quasi l’1 per cento del consumo nazionale. Chiuso un pozzo, si apre una voragine. Perché, se il greggio è fuori moda, l’idrogeno va via come il pane. Sempre se si riesce a tirarlo fuori da dove sta. E dove sta? Il ministero dell’economia e dell’industria ha confermato nei giorni scorsi l’individuazione di flussi di idrogeno nativo (o naturale) in Aquitania, Prealpi Pirenaiche e Lorena, sulla base di un rapporto dell’Institut français du pétrole et des énergies nouvelles (Ifpen). L’annuncio fa seguito a quanto accadde nel maggio 2023, quando fu scoperto in Lorena un importante giacimento di più di 45 milioni di tonnellate di idrogeno naturale, cioè il doppio del consumo annuo previsto nell’Unione europea nel 2030. Il problema è che ancora non sanno se sia tecnicamente ed economicamente sfruttabile, perché rimangono problematici estrazione, trasporto e stoccaggio. Finora, quasi tutto l’idrogeno, cosiddetto “grigio”, utilizzato a livello mondiale per la raffinazione dei prodotti petroliferi viene estratto dal metano, con un processo che emette notevoli quantità di CO2 nell’atmosfera e contribuisce al riscaldamento globale. Per la produzione d’idrogeno “verde”, dunque senza emissioni di CO2, serve scindere la molecola d’acqua con l’elettricità, utilizzando un processo di elettrolisi dell’acqua. L’idrogeno “bianco”, nativo o naturale, è invece presente naturalmente nel sottosuolo allo stato gassoso.
La Francia, ricorda il ministero, e stato uno dei primi Paesi a riconoscere l’idrogeno nativo come sostanza estratta tramite la revisione del codice minerario nel 2022. Come fonte “promettente e sovrana”, spiega il ministero dell’economia, “l’idrogeno nativo presente nel sottosuolo del nostro territorio potrebbe diventare una risorsa importante per la sovranità energetica francese”. Tuttavia, “gli studi dedicati sono ancora pochi e dovranno essere completati”. Il gas rimane uno dei più difficili da catturare, trasportare e immagazzinare, poiché l’idrogeno è la molecola più piccola e volatile. Una cosa è certa. Il governo sta considerando di avviare “trivellazioni esplorative necessarie per stimare il reale potenziale delle aree di interesse individuate”.
Se la Francia mostra reali e legittime ambizioni nello sfruttamento dell’idrogeno bianco, il resto d’Europa non vuole restare indietro. Qualche permesso di trivellazione è stato concesso in Germania e Spagna (Pirenei). In Albania, i ricercatori francesi hanno scoperto un enorme giacimento a febbraio 2024, mentre il governo finlandese ha pubblicato, l’anno scorso, una mappa che mostra le concentrazioni di idrogeno naturale in diversi pozzi di gas in tutto il Paese. La Polonia, da par suo, ha stabilito quantomeno un quadro giuridico per la ricerca e lo sfruttamento dell’idrogeno naturale, sebbene non siano stati ancora individuati progetti. Anche Islanda, Serbia, Svezia, Norvegia e Kosovo hanno avviato studi ed esplorazioni nel loro territorio.
Aggiornato il 15 luglio 2025 alle ore 11:00