
Maison de repos, pensione completa. Libera da maggio 2027. Citofonare Eliseo. L’autunno che verrà potrebbe già essere l’ultimo per François Bayrou e il suo governo, pronto a cadere su una maggioranza che potrebbe non trovare i numeri sufficienti per approvare il bilancio 2026.
In caso di ulteriore fiasco, dopo quello dell’amministrazione Barnier, potrebbero aprirsi diversi scenari. Tra questi anche un governo di scopo con vista sulle presidenziali del 2027, che aprirebbe a una campagna elettorale per il dopo Macron di almeno 12-15 mesi. Una maratona che imporrebbe, dunque, la partecipazione di candidati esperti, rotti a ogni imprevisto e capaci di uscire alla (lunga) distanza. Si, ma, in che senso esperti? Esperti o, piuttosto, bolliti? La vecchia guardia non sembra decisa a farsi da parte.
Prendete Dominique de Villepin, per esempio. Storico ministro degli esteri sotto la prescienza Chirac, non fosse altro per quell’intervento al consiglio di sicurezza dell’Onu con cui schierò la Francia contro la guerra in Iraq, e che gli varrà l’applauso dei rappresentanti dei Paesi ostili al conflitto (l’intero affaire ha poi ispirato gli autori del fortunatissimo fumetto Quai d’Orsay). A 71 anni, de Villepin, primo ministro da maggio 2005 a maggio 2007, mai stato candidato per nessuna elezione e molto critico con le politiche della Nato post 89 e l’atteggiamento di Ue e Francia nel conflitto russo-ucraino, si rimette in gioco. A fine giugno ha presentato il suo partito, La France humaniste, con l’obiettivo, forse, di ostacolare il tentativo di piazzare all’Eliseo un protegé di Emmanuel Macron e dunque l’alleanza tra il centro marconista e la destra ex Ump, e “difendere la giustizia sociale e l’ordine repubblicano” dalle polarizzazioni promosse dal centrodestra da una parte (Les Republicains e Rassemblement national) e dalla sinistra radicale de la France Insoumise, dall’altra. Quella moderata, ex, post-socialista, prova un doppio salto mortale all’indietro, passando in modalità 2007-2012, anche se potrebbe essere, in realtà, una forzatura mediatica.
La già coppia (nella vita) Hollande-Royal, per esempio, non esclude il ritorno. A 71 anni, la candidata alle presidenziali del 2007, sconfitta all’epoca da Sarkozy, sta pensando di presentarsi alle eventuali primarie del Ps per le presidenziali del ‘27. Una decisione che significa, assicura, “prendersi dei rischi e avere la capacità di difendere delle idee”. Quali? “Evitare il disastro climatico”, naturalmente. Il suo ex marito (70 anni), intanto, e soprattutto Presidente della Repubblica dal 2012 al 2017, si fa riprendere da Paris Match con sua moglie Julie Gayet nel buen retiro di Tulles, mentre prepara la colazione, ovviamente a base di caffè, croissant e pain au chocolat. “Una coppia in agguato per il 2027?”, titola il settimanale postando il video su X, pensando a una più bella, affascinante, dinamica premiere dame. Fonti socialiste (anonime, ovviamente), a Bfmtv, parlano di “messa in scena degna di una sit-com”, con l’obiettivo di preparare i francesi alla nuova inquilina del 55 di rue du Faubourg-Saint-Honoré. Hollande e de Villepin, nello specifico, spiegano alcuni deputati vicini a Sarkozy, hanno avuto grandi carriere, “ma sembrano capaci solo di guardarsi indietro: hanno un nome, è vero, ma questo non basta per un ritorno di livello”.
Già, Sarkozy. Nonostante i problemi con la giustizia (1 anno di carcere per corruzione) a causa dei quali ha perduto, al pari del maresciallo Petain, la Legion d’honneur, la più alta onorificenza francese, ed è stato escluso dall’ordre national du Mérite, qualcuno sta provando a convincere l’opinione pubblica che l’ex presidente (2007-2012) sia pronto a rimettersi in gioco, quanto meno per continuare a pesare all’interno del suo partito e lavorare dietro le quinte. Come? Convincendo la base che Jordan Bardella potrebbe anche arrivare all’Eliseo nel 2027 con l’appoggio de Les Republicaines. E sennò per quale motivo, ci si chiede da più parti, Sarkò avrebbe ricevuto pochi giorni fa il numero 2 di Rn e potenziale candidato alle presidenziali, qualora venisse confermata, in appello, l’ineleggibilità di Marine Le Pen?
Dal quartier generale della macronie, le reazioni al possibile rilancio dei settantenni nella vita politica nazionale non sembrano affatto portare rispetto alla veneranda età dei protagonisti (ma, si sa, la politica è sangue e merda, e quando il ventilatore si accende non ce n’è per nessuno). “È il ritorno degli sconfitti”, osserva l’ex ministro Marlene Schiappa, “Mi fa pensare a quegli artisti degli anni ‘80 che ogni 5 anni annunciano la loro ultima tournee e poi finiscono sempre per tornare: si direbbe una partita tra morti viventi”, dice a Bfmtv un dirigente di Renaissance, il cui commento non troppo elegante lo ha probabilmente convinto a scegliere l’anonimato.
Gabriel Attal, intanto, ha bocciato l’ipotesi di una candidatura unica con Les Republicaines alle prossime presidenziali. Con Lr, il segretario generale del partito di Macron non vede progetti in comune. “Non credo che la Francia abbia bisogno o addirittura voglia una rivoluzione conservatrice”, dice l’ex primo ministro, elencando le “profonde” differenze che dividono il centro dalla destra. “Noi siamo filo-europei, cosa che la destra al governo non è più; siamo a favore del progresso e della parità di diritti, mentre la destra si è opposta all’inclusione dell’aborto nella Costituzione, ha rifiutato di vietare la terapia di conversione per gli omosessuali e, 10 anni dopo, continua a opporsi al matrimonio tra persone dello stesso sesso”. E “sulla transizione ecologica, Lr ha una forma di scetticismo climatico e vota come il Rassemblement national”. Attal non fa tuttavia l’unanimità all’interno del partito. Il ministro della giustizia, Gerald Darmanin, lo invita a essere prudente, e a valorizzare ciò che unisce. “Economicamente, siamo allineati e in completo accordo con Les Republicaines. Quindi non creiamo divisioni dove non esistono”. È “normale − aggiunge − che ci siano differenze. Ci sono diversi partiti e ovviamente ci sono diverse sfumature, ma siamo un blocco”. Piuttosto “che perdersi in questo gioco del ‘trova le differenze’, preferirei che costruissimo un progetto unificante. Siamo tutti nella stessa casa, anche se possiamo avere opinioni diverse”.
Aggiornato il 10 luglio 2025 alle ore 10:46