
Per ottenere qualcosa, basta chiedere. O forse no, visto che all’ennesima richiesta degli spagnoli, che a questo punto stanno implorando il primo ministro Pedro Sánchez di rassegnare le dimissioni, il premier ha risposto che lui non vuole assolutamente “gettare la spugna”. Nonostante lo scandalo di corruzione che ha travolto il suo partito socialista (Psoe), ipotecando il futuro del governo di coalizione di minoranza. “Andremo avanti”, ha detto Sánchez al Parlamento, ammettendo di aver pensato di dimettersi a causa della vicenda che coinvolge due ex pezzi grossi del partito, Santos Cerdán e José Luis Ábalos.
Invece di presentarsi a un voto di fiducia, Sánchez ha scelto di giocare d’anticipo proponendo un piano anti-corruzione elaborato in collaborazione con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Tra le misure illustrate, l’istituzione di “un’agenzia di integrità pubblica, indipendente” per arginare le pratiche illecite, controlli più stringenti sui partiti politici e l’introduzione di “sistemi di compliance anti-corruzione” per le imprese interessate a contratti con la Pubblica Amministrazione. Il premier ha inoltre annunciato “maggior protezione” per i whistleblower e la creazione di canali di denuncia” presso enti pubblici e aziende. Sul piano giudiziario, Sánchez ha promesso di “rafforzare il sistema” istituendo sezioni specializzate nei tribunali, attribuendo “carattere preferenziale” ai procedimenti che coinvolgono cariche pubbliche, così da contrastare le “dilazioni indebite” che spesso rallentano le indagini. Previsto anche un potenziamento della Procura anti-corruzione. Il premier ha poi insistito sulla necessità di colpire non solo “i corrotti”, ma anche “i corruttori”, ossia “aziende e imprenditori che sono soliti eludere l’azione della giustizia”. Infine, ha sottolineato l’importanza di “generare una vera cultura dell’integrità”, attraverso campagne di sensibilizzazione e programmi di formazione specifici per i dipendenti pubblici. “Questo è un piano ambizioso, onesto e realista”, ha affermato Sánchez, precisando che con l’Ocse è stato “concordato un sistema di supervisione” per garantirne l’attuazione.
Come prevedibile, la strada presa dal discorso del premier ha provocato un’ondata di reazioni a dir poco veementi. “Pedro Sánchez ha fatto cadere il Paese in un incubo e la cosa migliore che potrebbe fare è confessare ciò che sa, restituire il bottino e convocare elezioni anticipate”, ha attaccato il leader popolare Alberto Núñez Feijóo. “Non c’è trucco che nasconda che lei è un politico distrutto, che organizza spettacolini da vittima sacrificale. Lei è messo come è messo perché è risultato essere una frode”. Ancora più duro il giudizio di Vox, che ha liquidato la proposta del premier come “inutile”, ribadendo che l’unica misura davvero efficace sarebbe che Sánchez “si dimetta”, “si metta a disposizione della giustizia” e “confessi”.
Le bordate non sono mancate neppure dai partner di governo. La vicepremier Yolanda Díaz, esponente di Sumar, ha cercato di ricondurre il premier alla realtà. “Abbiamo bisogno di risposte. Lei deve dare garanzie e le darà. So che lei è onesto, ma i cittadini progressisti sono preoccupati dalla corruzione e perché non vogliono che la destra governi in Spagna”. Díaz ha poi invocato una “svolta sociale per questa legislatura”, sostenendo che, in un momento “oscuro” a livello globale, il governo spagnolo rappresenterebbe “una delle poche luci che restano”, motivo per cui Sumar “non consentirà che questa luce si spenga”. Duri moniti sono arrivati anche dagli alleati più scettici, come il Partito nazionalista basco (Pnv) e Junts. “La fiducia nei suoi confronti sta andando in terapia intensiva”, ha dichiarato la capogruppo del Pnv, Maribel Vaquero, rimproverando a Sánchez di aver perso “un’opportunità per dissipare i dubbi” e contenere la crisi. Vaquero ha chiesto “più spiegazioni” sui rapporti con i dirigenti indagati e un “rifacimento” della maggioranza, avvertendo che un governo “non può funzionare in una situazione di agonia quotidiana”.
Tra le possibili soluzioni proposte, chiaramente, c’è la fiducia. Un voto di verifica, ma anche le dimissioni senza sciogliere la camera lasciando spazio a un altro socialista, oppure convocare elezioni. “Presidente, lei è ancora in tempo, ma decida perché il tempo scorre”, ha concluso Vaquero. Sulla stessa linea Míriam Nogueras, capogruppo di Junts, che ha ribadito come l’obiettivo del partito sia “tutelare la Catalogna” e non “dare stabilità a nessun governo”. “Lei è ai supplementari, e i supplementari non durano tutta la legislatura”, ha chiosato Nogueras. Delusione anche tra le fila di Podemos. Ione Belarra ha definito l’intervento del premier “ancor più deludente delle aspettative”, accusando il Psoe di “non aver imparato nulla” sugli scandali di corruzione e di “maschilismo” degli ultimi vent’anni. A suo dire, il Psoe “assomiglia troppo al Psoe di sempre”, quello che “crede, non appena arriva al potere, che il denaro pubblico è proprio”. Infine, anche l’unica deputata di Coalición Canaria, Cristina Valido, ha invocato un “voto di verifica”.
“Non ho nessuna paura delle elezioni, ma le elezioni vanno convocate quando tocca, le legislature sono di quattro anni”, ha controbattuto il premier spagnolo, che comincia a suonare veramente come un disco rotto.
Aggiornato il 09 luglio 2025 alle ore 14:34