
Benjamin Netanyahu è atterrato a Washington. Nella notte, il primo ministro d’Israele ha poggiato i piedi per terra alla Joint Base Andrews, alle porte della capitale degli Stati Uniti, in vista di uno dei summit più attesi dell’anno. L’incontro con il presidente Donald Trump. La notizia dell’arrivo è stata diffusa dal Times of Israel, mentre l’incontro fra il tycoon e Bibi avverrà nella serata americana. Ad accoglierlo, oltre all’ambasciatore dello Stato ebraico negli Usa Yechiel Leiter, erano presenti il console generale a New York, Ofir Akunis, e il vice ambasciatore Eliav Benjamin. Prima del faccia a faccia con Trump, Netanyahu incontrerà anche il segretario di Stato americano Marco Rubio e l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff. Secondo quanto riportato dall’agenzia Axios, l’obiettivo principale del viaggio è raggiungere un’intesa con il commander-in-chief per mettere fine alla guerra a Gaza. La proposta sul tavolo prevede una tregua di 60 giorni, durante i quali verrebbero liberati 10 ostaggi vivi e recuperati i corpi di 18 ostaggi deceduti. In caso di accordo, il futuro assetto della Striscia di Gaza nel periodo post-bellico diverrebbe il fulcro dei negoziati durante la sospensione delle ostilità.
Nella giornata di ieri, Netanyahu ha dichiarato: “Sono in partenza, insieme con mia moglie, per una visita molto importante a Washington, per incontrare il presidente Trump. È il mio terzo incontro con lui da quando è stato eletto, poco più di sei mesi fa. Incontrerò anche tutti i vertici dell’amministrazione, i principali membri del Congresso di entrambi i partiti e molte altre personalità”, ha precisato, come riportato dal suo ufficio in una nota ufficiale. “Nel colloquio con il presidente Trump, innanzitutto lo ringrazierò per il suo forte impegno a favore di Israele. Non abbiamo mai avuto un amico così alla Casa Bianca. Il nostro impegno congiunto ha portato a una grande vittoria contro il nostro nemico comune: l’Iran”, ha aggiunto. “E non solo lì, ma anche contro il Libano” e “abbiamo colpito anche Hamas”.
“Tutto ciò comporta una grande responsabilità, ma anche grandi opportunità. La responsabilità è, prima di tutto, preservare ciò che abbiamo ottenuto e vigilare contro i tentativi dell’Iran di rinnovare il proprio programma nucleare volto alla nostra distruzione. Ma c’è anche una grande opportunità: allargare il cerchio della pace, ben oltre quanto potevamo immaginare in passato”, ha aggiunto Netanyahu. “Abbiamo già cambiato profondamente il volto del Medio Oriente, e abbiamo l’opportunità e la capacità di trasformarlo ulteriormente, per portare un grande futuro a Israele, al popolo di Israele e all’intera regione. Parallelamente, siamo ancora coinvolti sul fronte di Gaza. Anche lì abbiamo ottenuto grandi risultati, ma ci sono ancora missioni da completare. Finora abbiamo liberato 205 dei 255 ostaggi, tra cui 148 vivi. Restano 20 ostaggi vivi e 30 deceduti. Sono determinato, siamo determinati, a riportarli tutti a casa”, ha aggiunto il premier.
E Poi: “Siamo anche determinati ad assicurare che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele. Questo significa che non permetteremo più rapimenti, omicidi, decapitazioni, invasioni. Significa una cosa sola: l’eliminazione delle capacità militari e governative di Hamas. Hamas non sarà più lì. Stiamo lavorando per raggiungere quell’accordo di cui si è parlato, alle condizioni che abbiamo accettato. Ho inviato una squadra per i negoziati con direttive chiare. Credo che la conversazione con il presidente Trump possa sicuramente aiutare ad avanzare verso questo risultato che tutti desideriamo”, ha chiosato Netanyahu.
Parallelamente, a Doha stanno proseguendo proprio i negoziati indiretti tra Israele e i terroristi di Hamas per un possibile accordo di cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi detenuti nella Striscia. Secondo quanto riferito all’AFP da una fonte palestinese vicina ai colloqui, “le discussioni si concentrano sui meccanismi di attuazione” dell’intesa e su uno “scambio” di ostaggi prigionieri a Gaza con detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. La fonte ha precisato che i negoziati sono iniziati alle 20:30 ora italiana (di ieri) “tramite mediatori”. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha confermato ai giornalisti che vi sarebbe una “buona chance” di concludere un’intesa entro la prossima settimana, che preveda contemporaneamente il cessate il fuoco e la consegna degli ostaggi.
RAID IN LIBANO E NELLO YEMEN
Sul fronte militare, le Forze di difesa israeliane hanno reso noto di aver condotto nuovi attacchi mirati contro obiettivi di Hezbollah in Libano. “Poco fa, le Israel defense forces hanno colpito diversi siti militari di Hezbollah, siti di produzione e stoccaggio di armi strategiche e un sito di lancio di razzi nella zona di Beqaa e nel Libano meridionale”, si legge nel comunicato diffuso dal portavoce militare delle Idf. Secondo l’esercito dello Stato ebraico, la presenza di armamenti e le attività operative di Hezbollah rappresentano “palesi violazioni degli accordi tra Israele e Libano”. Le Forze di difesa hanno sottolineato che continueranno “a operare per rimuovere qualsiasi minaccia allo Stato di Israele”. Contemporaneamente, l’aviazione israeliana ha avviato un raid mirato contro la città portuale yemenita di Hodeida. Lo ha riferito Al-Masirah, emittente dei ribelli Houthi filo-iraniani. Gli attacchi hanno interessato anche i porti di Ras Issa e Dalif, oltre alla centrale elettrica di Al-Khatib, già oggetto di un preavviso di evacuazione da parte delle Forze di difesa di Tel Aviv.
Aggiornato il 08 luglio 2025 alle ore 09:36