
La proliferazione, quindi il commercio, di droni da guerra in Africa è in costante aumento. Il Continente africano è noto per essere costellato da conflitti armati causati da molteplici cause; una recente stima rileva che sono almeno 40 gli ambiti geografici dove divampano scontri armati. Tuttavia, non si può considerare che tali criticità siano una espressione di anarchia diffusa, e sebbene tali conflitti siano numerosi e in aumento, non sono i più letali rispetto alle guerre che si stanno svolgendo in Europa, Medio Oriente e Asia. Va considerato che l’immagine dell’Africa dei conflitti è data soprattutto dalla presenza dei signori della guerra. Questa è una caratteristica socio-antropologica della società, ed è stata favorita negli anni Novanta come sistema di controllo capillarizzato, ma che ovviamente ha prodotto divisioni e contese piuttosto che stabilità localizzata. Queste lotte sono anche politiche, come il resto dei conflitti mondiali, ma ciò che caratterizza veramente le guerre africane è il fatto che sono condizionate da influenze esterne. Fino ad ora gli interventi sono stati generalmente costruiti su azioni umanitarie, come negli anni Novanta in Somalia, attraverso un panorama molto teorico e tecnicistico di operazioni, dove si immaginava che bastasse una riforma della struttura dello Stato per “ammaestrare” la violenza locale percepita come irrazionale e accidentale. Ma la realtà sociologica è altra.
Comunque, i vari progetti di stabilizzazione, voluti da attori esterni, sono stati generalmente fallimentari. I rapporti sia bilaterali che multilaterali tramite i quali l’Occidente in particolare pensava di forgiare l’Africa, hanno dimostrato la totale inefficienza anche a breve termine. Ma quale è la causa di questi fallimenti? In generale l’attuazione di soluzioni completamente standardizzate è stata la causa principale, quindi non considerare il contesto in cui sono stati realizzati questi interventi, sicuramente dalla teorica validità ma che non corrispondevano né alle aspettative dei governi, autocratici e golpisti, né a quelle delle popolazioni. In pratica interventi basati su “teorie” culturali occidentali, le quali hanno parcellizzato e favorito l’endemico frazionamento socio-tribale e anarcoide che ha agevolato, con finanziamenti esterni, l’organizzazione di milizie o eserciti armati anche pesantemente che si contendono spazi e risorse.
Così, anche l’Africa è entrata nel mercato dei droni da combattimento, che se rafforzano il potere dei vari signori della guerra, fanno altresì strage indiscriminata di civili. Così da alcuni anni l’uso di droni armati è in crescita in Africa. Esiste un fiorente mercato in tutto il Continente, ma particolarmente dal Corno d’Africa al Sahel, dove i molti fornitori e acquirenti mercanteggiano questi letali strumenti da guerra, e questo sviluppo sta causando un numero sempre maggiore di vittime civili nei vari conflitti armati anche di bassa intensità. Un recente rapporto della società britannica Drone Wars Uk, denominato Death on delivery. Drone proliferation and civil harm in Africa (Morte alla consegna. Proliferazione dei droni e danni ai civili in Africa), che si occupa di attività di ricerca, istruzione e formazione sull’uso dei droni armati e altre tecnologie militari, rivela che il forte aumento dei civili morti nel Continente africano è direttamente proporzionale alla proliferazione dei droni da guerra.
Il rapporto si concentra sui cosiddetti droni Male, i più diffusi, che operano a media quota e pilotati su lunghissime distanze, utilizzati per sorveglianza, ricognizione e attacco. La relazione riporta che nel triennio novembre 2021-2024, sono stati registrati oltre 1.000 morti in circa 40 incidenti diversi. Ma quali sono in particolare i Paesi dove tale fenomeno si verifica? L’area saheliana, Burkina Faso, Mali, Niger è caratterizzata da conflitti contro i gruppi jihadisti che imperversano nell’area e che creano forti tensioni sociali, dove la pressione degli eserciti si manifesta con attacchi anche nei villaggi, come nei campi profughi, perché ritenuti covi dei terroristi. I droni colpiscono indiscriminatamente ovunque ci siano dei tumulti causando la morte di civili. Il rapporto prosegue poi sul Sudan, dove incombe da oltre due anni una guerra fratricida e dove i decessi di civili a causa di droni sono numerosi, e nella globalità del dramma anche difficilmente computabili. La Nigeria, dove i civili morti sono continui, i droni utilizzati dall’esercito colpiscono anche accidentalmente i villaggi, soprattutto nell’area nord del Paese dove domina il gruppo jihadista Boko Haram. Per toccare poi la Somalia e l’Etiopia.
Secondo il rapporto Death on delivery, circa la metà dei 40 incidenti registrati sono stati causati dall’uso di droni armati da parte dell’esercito etiope, dove risulta siano morti quasi 500 civili in 26 attacchi tra la fine del 2021 e la fine del 2024. L’esercito etiope ha colpito non solo nel Tigray, la provincia d nord, scenario di una guerra civile da novembre 2020 a novembre 2022, ma anche nelle regioni di Amhara e Oromia. In Somalia il rapporto descrive dettagliatamente gli incidenti causati da attacchi di droni su villaggi dove anche molti bambini hanno perso la vita; qui gli estremisti islamici da colpire sono del gruppo Al-Shabaab.
Ma chi sono i fornitori di queste armi in Africa? I Paesi africani hanno iniziato ad acquisire droni nei primi anni del 2000 – anche se già dagli anni Ottanta alcuni Paesi come il Sudafrica avevano mostrato forti interessi – soprattutto da Israele, Cina e Stati Uniti, il mercato si è poi sviluppato velocemente. Dopo il 2010 la Cina dominava il commercio delle esportazioni di droni armati; intorno al 2020 la Turchia è diventata il principale esportatore di droni armati, così è riuscita a scavalcare la Cina nel giro di pochi anni. I velivoli turchi, i droni Bayraktar TB2, erano stati testati da Ankara anche sul proprio territorio contro il Pkk curdo. Questi droni sono stati utilizzati in numerosi conflitti, anche come supporto all’Azerbaigian contro l’Armenia nel 2023, e vi sono prove inequivocabili che il loro utilizzo abbia causato significative perdite civili.
In pratica, la Cina fornisce Egitto, Algeria, Etiopia, Marocco, Repubblica Democratica del Congo; la Turchia vende a Somalia, Burkina Faso, Gibuti, Mali, Tunisia, Niger, Togo, Ciad, Kenya, Ruanda e l’Iran commercia droni al Sudan dal 2023. Recentemente Marocco e Nigeria hanno iniziato a costruire nel proprio Paese i droni entrando anche nel mercato continentale africano. Ma anche l’Occidente fa la sua parte. I principali produttori di droni armati sono Stati Uniti, Israele, Regno Unito e Francia, che anno utilizzato droni militari nel continente africano, sia per missioni di ricognizione che per attacchi; anche l’Italia è nel mercato africano con i suoi droni sia civili che militari, i Difly e Alpi Aviation.
Tuttavia, la strage di civili causata dall’uso indiscriminato di questi sistemi di attacco è considerata da tecnici e strateghi del settore, solo un effetto collaterale dell’utilizzo di tali armi.
Aggiornato il 16 giugno 2025 alle ore 10:22