Etiopia-Eritrea: una questione dalla difficile soluzione

I focolai di guerra tendono a divampare un po’ ovunque, e la polveriera africana è una dimostrazione emblematica e allarmante, anche se costante. Così anche il Corno d’Africa, dopo il complesso e diluito processo di decolonizzazione iniziato dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, non ha trovato mai un equilibrio socio-politico, e dopo effimere simulazioni di pause dai conflitti, ora è nuovamente in fibrillazione a causa della complessa disputa tra Eritrea e Etiopia. Infatti, il presidente eritreo Isaias Afwerki, o meglio il padrone dell’Eritrea, che sta governando il Paese con necessario autoritarismo fin dalla sua indipendenza dall’Etiopia ottenuta nel 1991, dopo 30 anni di guerra (1961-1991) – ma riconosciuta dalle Nazioni unite nel 1993 – la settima scorsa ha minacciato il confinate etiope della possibilità della riapertura delle ostilità. Ricordo che i due Paesi hanno sottoscritto un accordo di pace nel 2018, ma le loro relazioni si sono nuovamente gravemente deteriorate dalla fine della guerra nel Tigray nel 2022. I due Paesi si sono combattuti anche tra il 1998 ed il 2000.

Le relazioni tra Asmara e Addis Abeba sono state sempre tese anche nei momenti di pace apparente, ma hanno assunto “connotati di tregua” nel 2018 con l’arrivo al potere in Etiopia di Abiy Ahmed Ali, che grazie all’impegno per pacificare il suo Paese con l’Eritrea, ha ricevuto, a mio parere immeritato, il premio Nobel per la Pace nel 2019. Tuttavia la pace con l’Eritrea ha gettato le basi per il discutibile premio Nobel per la Pace, per l’apertura di un conflitto contro la regione etiope del Tigray, una tragica guerra civile contro questa regione confinante con l’Eritrea e conclusosi nel 2022 con l’Accordo di Pretoria. In questa guerra l’esercito eritreo ha combattuto a fianco delle forze militari di Addis Abeba. Ma oggi lo scenario è cambiato, e il Fronte di liberazione popolare del Tigray guidato da Debretsion Gebremichael, risulta che in caso di conflitto si alleerebbe con l’Eritrea.

Inoltre, Abiy Ahmed ha dichiarato che la perdita dell’accesso al mare dopo la secessione dell’Eritrea dall’Etiopia è stato un enorme errore storico. Ahmed è anche l’attore della più rischiosa crisi dell’acqua del continente africano causata dalla costruzione in territorio etiope del mega invaso Grand ethiopian renaissance dam (Gerd), sul Nilo Azzurro, che sta condizionando la portata del fiume sia in Sudan che in Egitto e la cui inaugurazione è prevista nei prossimi mesi (iniziata nel 2011). Il capo del Governo etiope da tempo ambisce di costruire un porto commerciale e una base navale sulla costa eritrea, possibilmente nel porto di Assab. Che questa crisi tra i due Stati confinanti sia a un livello di criticità elevato lo dimostrano i viaggi di Abiy Ahmed in Europa iniziati a fine maggio. Così, la visita non programmata del primo ministro etiope a Parigi e Roma, ha avuto lo scopo di ottenere un sostegno, anche una sorta di “appoggio”, in caso di guerra contro l’Eritrea. Ahmed il 22 maggio ha incontrato Emmanuel Macron a Parigi dove ha informato della crescente tensione con Asmara. I due leader si erano visti a dicembre ad Addis Abeba dove Macron aveva partecipato all’inaugurazione del Palazzo del Giubileo. Si sono poi ritrovati ad aprile all’Eliseo al fine di valutare le possibilità di un rafforzamento della cooperazione economica. Ahmed è poi volato a Roma dove ha concluso il suo tour europeo.

Le due destinazioni hanno un valore strategico in quanto dovrebbero garantire all’Etiopia il sostegno dell’Unione europea. In teoria la Francia, secondo le strategie diplomatiche etiopi, dovrebbe operare verso la Germania per avallare i programmi di Addis Abeba; mentre la credibilità della premier Giorgia Meloni dovrebbe regolare i contatti con i governi, non solo europei, più sensibili alla identità e alla sovranità nazionale. In pratica il fattore determinante di questo tour era sondare i paesiamici”, o con i quali vi sono delle importanti relazioni economiche, in caso di una nuova guerra con l’Eritrea. Inoltre, a Roma Ahmed ha avuto un vertice con la società Webuild, guidata da Pietro Salini, una delle aziende più convolte nel Gerd. Il leader etiope ha anche incontrato il nuovo Papa, Leone XIV, cercando in generale di esortare gli investitori a tornare in Etiopia.

In realtà, in Europa aleggia un generale consenso sulla necessità dell’Etiopia di avere un accesso al mare, tuttavia al di là del consenso, nessun esponente politico europeo ha mai risposto concretamente su come poter raggiungere diplomaticamente questo obiettivo. Ahmed cerca quindi alleati in condizione di negoziare con l’Eritrea, come sta facendo la Turchia tra Etiopia e Somalia, a seguito della crisi diplomatica legata, nuovamente, alla volontà di possedere un porto e una base navale, questa volta a Berbera, nell’autoproclamata repubblica del Somaliland, ex colonia britannica indipendente dalla Somalia dal 1991, ma non riconosciuta né dalla Somalia né dalla comunità internazionale. Ma la Turchia è anche il principale fornitore all’esercito etiope di droni utilizzati nella regione di Amhara, che fanno massacro anche di civili. Inoltre, la causa etiope è appoggiata anche dagli Emirati Arabi Uniti che sostengono Addis Abeba per un eventuale guerra contro l’Eritrea. Oltre a ciò, il generale Birhanu Jula Gelalcha, capo di Stato maggiore della Forza di difesa nazionale etiope, pochi giorni fa si è recato a Mosca per incontrare alti ufficiali dell’Esercito russo; Ahmed ha anche importanti rapporti con la Cina.

Tuttavia la priorità rimane quella di assicurarsi il sostegno europeo, almeno politico, in un contesto di altissima probabilità che Etiopia ed Eritrea tornino in guerra. Ma la realtà è che il regime etiope nonostante le ambizioni imperialiste, è sull’orlo del fallimento, e sta cercando fonti di finanziamento a largo raggio. Il programma di aiuti del Fondo monetario internazionale (Fmi), avviato a luglio 2023, ha previsto questo mese di giugno l’erogazione di una nuova tranche di almeno 265 milioni di dollari; somma non sufficiente a frenare la dilagante povertà che sta affliggendo l’Etiopia. Ad oggi, secondo un rapporto dell’Associazione economica etiope pubblicato il 22 maggio, oltre un quarto della popolazione, su 129 milioni di abitanti, soffre di povertà acuta, con forti tendenze ad aggravarsi. L’Etiopia in questa complessa condizione regionale e alla luce delle criticità interne, come le guerriglie civili nelle regioni di Amhara e Oromia, accompagnati da una totale violazioni dei diritti umani, con l’apertura di un conflitto con l’Eritrea non potrà che aggravare la sua condizione generale e favorire lo sgretolamento delle precarie fondamenta che faticosamente sostengono il Corno d’Africa. Ricordando la drammatica situazione che soffre la confinante Somalia a causa anche della presenza dell’organizzazione jihadisti di Al-Shabaab, che mina ogni tentativo di stabilizzazione socio-politica della regione.

Una eventuale guerra tra Etiopia ed Eritrea che fomenterà un ulteriore giuoco di alleanze a livello geopolitico, si innescherebbe in uno scenario di crisi dove la presenza dell’instabile dirimpettaio Yemen contribuirebbe a ingigantire lo spettro di una guerra globalizzata in tutto il Medio Oriente.

Aggiornato il 09 giugno 2025 alle ore 10:24