
Keir Starmer ha aperto le porte del Regno unito all’Unione europea. A quasi un decennio dal referendum della Brexit – che sancì il divorzio tra Gran Bretagna e i 27 – Downing Street e Bruxelles stanno provando un riavvicinamento sotto forma di rapporti bilaterali. Il primo ministro britannico ha accolto alla Lancaster House di Londra i vertici dell’Unione per il primo summit post-rottura, un incontro che ha sancito la firma di un nuovo accordo di “partnership strategica”, definita da entrambe le parti come un “reset” nelle relazioni, senza però rimettere in discussione l’esito del 2016. Presenti alla riunione i massimi rappresentanti delle istituzioni europee: il presidente del Consiglio europeo António Costa, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, la responsabile della politica estera Kaja Kallas e il commissario Maros Šefčovič, che ha co-negoziato l’intesa insieme al ministro britannico per le Relazioni europee, Nick Thomas-Symonds.
Secondo quanto riferito dalla Bbc, l’intesa raggiunta si articola su tre pilastri principali: un patto sulla sicurezza, sollecitato dall’ombra lunga del conflitto russo-ucraino; un accordo veterinario per ridurre gli ostacoli nel commercio agroalimentare; e un regime di mobilità giovanile semplificato che prevede visti quadriennali per gli under 30. Non si tratta di un ritorno alla libera circolazione pre-Brexit, ma di una misura che intende favorire gli scambi culturali e lavorativi tra le nuove generazioni. Come infatti era un tempo, quando un lavoretto a Londra “per imparare la lingua” poteva fare tutta la differenza del mondo. Altro nodo affrontato è quello della pesca, tema sempre sensibile sia a Londra che in alcune capitali europee. L’accordo estende a 12 anni – e non più 7 – le attuali intese sulle quote di pesca. Una decisione maturata nella notte che, secondo fonti interne ai negoziati, ha permesso di superare lo stallo e concludere l’accordo.
Fonti vicine al governo britannico precisano che non vi sarà alcuna riduzione della quota spettante al Regno Unito né alcun aumento per i Paesi Ue, ma le opposizioni interne non si sono fatte attendere. La ministra leader dei conservatori Kemi Badenoch ha espresso “profonda preoccupazione” per il compromesso raggiunto: “Stiamo tornando a essere soggetti alle regole di Bruxelles – ha dichiarato – e senza dettagli su limiti o tempi per la mobilità giovanile, i timori di un ritorno alla libera circolazione non faranno che aumentare”. Più tagliente il commento di Nigel Farage. Il leader di Reform Uk, storico promotore della Brexit tornato in auge nell’elettorato inglese, ha criticato duramente l’estensione delle intese sulla pesca: secondo lui, “porrà fine all’industria della pesca britannica”. In un post su X, Farage ha accusato Starmer di aver ceduto alle pressioni francesi e di aver compromesso un settore simbolico per la sovranità britannica.
A Bruxelles, però, il clima è ben diverso. “L’accordo di oggi segna l’inizio di un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con il Regno Unito, che è nostro vicino, alleato e partner globale”, ha affermato un alto funzionario europeo. “Il processo negoziale che ha preceduto il vertice è proseguito fino all’ultimo minuto ma i negoziati si sono sempre svolti in uno spirito di buona fede da entrambe le parti e il risultato è molto positivo. Nessuna delle linee rosse tracciate dal Regno Unito o dall’Ue è stata superata: stiamo voltando pagina e ci stiamo avviando verso un nuovo partenariato strategico”. Starmer scommette su una normalizzazione dei rapporti, pur sapendo di dover gestire una fronda interna pronta a sfruttare ogni segnale d’inversione come un tradimento del referendum. L’Europa, dal canto suo, guarda con favore a un Regno Unito meno isolato e più cooperativo.
Aggiornato il 19 maggio 2025 alle ore 14:20