
Gli incontri tra Iran e Stati Uniti sulla tematica nucleare iraniana proseguono sulla sponda dell’Oman. I negoziati ormai in forma prevalentemente diretta continuano con l’obiettivo di raggiungere un accordo dove l’Iran si dovrebbe impegnare a non proseguire la sua ricerca verso l’ottenimento dell’ordigno nucleare. Esmaeil Baghaei, ministro degli Esteri iraniano, ha dichiarato dopo l’ultimo incontro avvenuto l’11 maggio, che anche se i colloqui sono difficili, sono anche estremamente utili per chiarire le reciproche posizioni ed esigenze. Ricordo che le due diplomazie partono da due dogmi, ovvero Teheran che dichiara non negoziabile l’arricchimento nucleare, e Washington che non permetterà che l’Iran possa ottenere l’ordigno atomico. Quindi questi processi negoziali nella loro complessità hanno lo scopo di trovare soluzioni ragionevoli e realistiche per affrontare queste diversità strategiche. Al momento sul piatto della bilancia dei negoziati viene messa la possibilità della revoca delle sanzioni all’Iran, in cambio della rinuncia iraniana alla ricerca dell’ottenimento dell’ordigno atomico, in quanto risulta non lontano dall’essere raggiunto.
Il tutto va visto nel quadro della fine dell’accordo di Vienna sul nucleare del 2015, ovvero Jcpoa, Piano d’azione congiunto globale, che vincolava le “attività nucleari” di Teheran; tale accordo si è arrestato dopo il ritiro degli Stati Uniti nel 2018, sotto la prima presidenza di Donald Trump. Così l’Iran ha gradualmente ripreso le sue attività sull’arricchimento. Comunque anche se Abbas Araghchi, capo della diplomazia iraniana, ha dichiarato che quest’ultimo colloquio ha avuto un tenore più costruttivo, ha anche aggiunto che l’Iran continuerà ad arricchire l’uranio, sottolineando che non esclude di limitare la sua produzione come gesto di disponibilità verso le richieste statunitensi, ma che l’arricchimento continuerà senza troppi compromessi. Gli Stati Uniti, da parte loro, si ritengono soddisfatti degli sviluppi dei negoziati, che quantomeno, tra confronti diretti ed indiretti, hanno permesso alle due diplomazie di misurarsi. Quindi un Iran disponibile a discutere, in un contesto geopolitico in fibrillazione dove il confinante Pakistan prosegue i suoi annosi scontri con l’India sulla questione del Kashmir, ambedue potenze con la stelletta “nucleare” sulla divisa, e un Afghanistan dal torbido presente e dal fosco futuro.
Ma, intanto che si discute e si negozia per frenare l’arricchimento dell’uranio iraniano, Teheran continua a rafforzare il suo arsenale missilistico che ora è in grado di utilizzare vari tipi di vettori con gittate che potrebbero raggiungere l’Europa orientale. Quindi la questione dei missili balistici iraniani è al momento più pericolosa dell’arricchimento dell’uranio. Infatti, sia gli Stati Uniti che l’Europa considerano sempre più minaccioso l’arsenale missilistico iraniano che ormai è notoriamente in grado di raggiungere distanze elevate. L’Occidente ha potuto misurare i progressi del suo programma balistico durante l’attacco contro Israele nell’ottobre 2024. Tuttavia anche se lo schermo antimissilistico israeliano ha intercettato la maggior parte dei missili, Teheran dispone di una tecnologia missilistica mai avanzata come oggi.
In realtà, l’Iran possiede l’arsenale missilistico più grande e diversificato del Medio Oriente, con migliaia di missili da crociera e balistici. La tecnologia balistica iraniana negli ultimi dieci anni ha avuto uno sviluppo considerevole, investendo sulla precisione e sulla capacità distruttiva di queste armi. Notiamo tale stato di avanzamento anche dalle forniture di droni alla Russia per la guerra in Ucraina, e dai missili forniti agli Houthi yemeniti, sciiti, per colpire Israele. Inoltre, Teheran continua a perfezionare le tecnologie missilistiche a lungo raggio nell’ambito del suo programma aerospaziale. Ancora non ha schierato o testato un missile in grado di colpire gli Stati Uniti, ma la tecnologia aerospaziale iraniana lo potrebbe permettere.
E in ogni caso la produzione di armi iraniane è florida in quanto è un fattore determinante per la proliferazione di armamenti soprattutto nel Vicino e Medio oriente. Ricordo la Siria, prima della deposizione di Bashar al-Assad a dicembre 2024, il Paese oltre che ricevere missili e razzi, era diventato anche un polo produttore di armi. Gli Hezbollah libanesi combattono con armi iraniane, ma anche Hamas riceve tramite canali trasversali armi dall’Iran. Oltre i già citati Houthi che dal 2015 ricevono missili balistici e da crociera sempre più avanzati, nonché droni a lungo raggio. Come le milizie sciite irachene che usano armi e razzi di fornitura iraniana contro le strutture militari e diplomatiche irachene e statunitensi. Ma l’Iran colpisce anche direttamente, come nel 2018 quando ha lanciato missili Fateh-110 contro la sede del Partito democratico del Kurdistan iraniano e del Partito Democratico del Kurdistan iracheno a Koy Sanjaq, in Iraq. Ricordo anche che nel 2020 l’Iran ha martellato con missili balistici le truppe statunitensi stanziate in Iraq a seguito dell’uccisione di Qasem Soleimani da parte dei servizi statunitensi. Quei bombardamenti colpirono l’aerea di Al-Asad a ovest di Baghdad, causando lesioni cerebrali traumatiche a un centinaio di militari statunitensi.
Al momento l’Iran possiede missili con gettata variabile, dai Ghadr-1, Khorramshahr, Emad, al Sejjil con gittata fino ai 3.000 chilometri; vettori alcuni in grado di raggiungere l’Europa. Insomma un occhio attento a un ipotetico “nucleare militare” iraniano, ma se oggi c’è un pericolo proveniente dal governo degli Ayatollah non viene dall’arricchimento dell’uranio ma dai progressi del programma balistico iraniano.
Aggiornato il 14 maggio 2025 alle ore 09:36