Il saccheggio invisibile

Il 29 marzo scorso, la nave russa Sv. Nikolay è approdata senza clamore al porto algerino di Annaba. Carica di coke metallurgico, un elemento fondamentale per la produzione dell’acciaio. Un’inchiesta ha permesso di tracciare la sua rotta fino al porto ucraino occupato di Mariupol, rivelando una rete ben organizzata di traffico di carbone sottratto illegalmente dai territori ucraini sotto occupazione russa. Durante il suo passaggio per Mariupol, la Sv. Nikolay ha spento il transponder per evitare di essere localizzata. Il coke metallurgico caricato proveniva molto probabilmente dalle oblast orientali di Donetsk o Luhansk, regioni ricche di risorse minerarie. Questi territori, occupati parzialmente dalla Russia a partire dal 2014 e successivamente ampliati con l’invasione su vasta scala del 2022, sono divenuti il cuore di un’operazione sistematica di sfruttamento illegale. Nel corso degli anni, decine di miniere statali e private sono passate sotto il controllo dell’apparato di occupazione russo. Dal 2024, molte di queste sono state “affidate” ad aziende private russe attraverso un programma di pseudo-investimenti: affitti pluriennali con opzione d’acquisto, in evidente violazione del diritto internazionale.

Le autorità di occupazione incentivano questi trasferimenti con forti agevolazioni fiscali e promesse di esenzione da controlli doganali. Uno dei protagonisti di questo processo è il Gruppo industriale Rodina. A gennaio 2024, a Mosca, in occasione di un forum economico, il gruppo ha firmato un accordo per assumere la gestione della miniera di Bilorichenska e dell’impianto di arricchimento associato. Sul palco era presente Aleksandr Klimenko (nella foto a sinistra), formalmente presentato come azionista del gruppo. Dietro quel nome si cela però Oleksandr Klymenko, ex ministro delle Entrate del Governo Yanukovych, fuggito in Russia dopo la Rivoluzione di Maidan nel 2014. Klymenko è oggi cittadino russo, ha perso la cittadinanza ucraina ed è oggetto di procedimenti giudiziari per corruzione e alto tradimento. Il gruppo Rodina risulta registrato a nome di sua zia, Nina Klimenko, ma numerosi indizi confermano che il vero controllo resta nelle sue mani. Rodina ha già acquisito, nel 2020, la miniera Girnyk-95 a Makiivka, città natale di Klymenko, e si è impegnata a investire 35 milioni di dollari per rilanciare Bilorichenska. Un altro attore chiave è la Donskie Ugli Trade House, società che dal commercio di carbone è passata al controllo diretto di una vasta rete estrattiva: 10 miniere, 2 sussidiarie e 4 impianti di arricchimento. I suoi rappresentanti hanno firmato contratti con le autorità di occupazione nel 2024, annunciando un investimento di 540 milioni di dollari.

Tuttavia, dietro questa impresa si celano interessi opachi: i nomi dei dirigenti cambiano frequentemente e i veri proprietari rimangono avvolti nel mistero. Un dettaglio significativo collega l’azienda all’oligarca filorusso Viktor Medvedchuk, già implicato in attività separatiste e vicino a Vladimir Putin. Durante la firma dei contratti, a capo della società risultava Sergey Lisogor, noto collaboratore di Medvedchuk, che potrebbe essere il beneficiario finale dell’intera operazione. Questo schema di spoliazione è accompagnato da un’attenta strategia di disinformazione: il carbone viene contrabbandato e venduto all’estero come russo, aggirando le sanzioni internazionali. Il sistema alimenta una rete economica parallela, illegale e redditizia, che serve da fonte di finanziamento per l’occupazione russa. I danni per l’Ucraina sono incalcolabili: oltre alla perdita territoriale, il saccheggio delle risorse naturali mina ogni prospettiva di ricostruzione postbellica. L’export del carbone rubato diventa così non solo un crimine economico, ma anche uno strumento geopolitico di lungo termine. L’inchiesta continua a raccogliere prove, monitorando le rotte delle navi sospette, analizzando i registri delle miniere occupate e confrontando dati societari per smascherare i veri responsabili di questo saccheggio. Ogni carico di carbone esportato in violazione del diritto rappresenta non solo un furto materiale, ma anche una ferita aperta all’integrità dell’Ucraina e al rispetto delle norme internazionali.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza

Aggiornato il 06 maggio 2025 alle ore 09:52