
Cresce l’ambiguità nella nuova leadership siriana. Mentre il Paese martoriato dalla guerra civile prova a voltare pagina dopo la fuga di Bashar al-Assad a Mosca e la proclamazione dell’ex leader qaedista Ahmad Sharaa (al-Jolani) a nuovo presidente del piccolo Stato, il conflitto armato continua a disegnare mappe di sangue lungo le sue storiche faglie settarie. L’ultimo capitolo si è consumato a Jaramana, sobborgo druso alla periferia di Damasco, dove almeno 14 persone sarebbero rimaste uccise in violenti scontri tra miliziani sunniti filogovernativi e forze locali druse. L’attacco, avvenuto nella notte, ha seguito la diffusione sui social di una registrazione audio, attribuita a un non meglio precisato “leader religioso druso”, accusato di aver pronunciato “blasfemie” contro Maometto, innescando una rappresaglia immediata. A cadere sul terreno sono stati sette miliziani per parte, secondo quanto riportato da fonti locali. Gli scontri, cominciati nelle ore notturne, sono proseguiti sporadicamente fino al mattino, quando le forze di sicurezza hanno riportato un fragile controllo sull’area. Il ministero degli Interni di Damasco ha smentito ogni coinvolgimento diretto nell’assalto, pur ammettendo l’apertura di un’indagine per identificare i responsabili delle violenze. Ma sul campo le versioni si moltiplicano.
Testimoni presenti a Jaramana, interpellati dall’Ansa, hanno confermato che i gruppi sunniti responsabili dell’attacco avrebbero agito con il supporto logistico di unità filogovernative. Un’ipotesi di ricostruzione già avanzata da organizzazioni siriane e internazionali per i diritti umani, che nei primi di marzo avevano denunciato il massacro di oltre 1.500 civili alawiti – inclusi donne e bambini – nelle regioni di Latakia, Tartus e nella valle dell’Oronte. Anche in quel caso, i gruppi armati sunniti sarebbero stati appoggiati da forze legate all’apparato di sicurezza di Sharaa. Il presidente, che aveva annunciato l’apertura di un’inchiesta, ha prorogato il mandato della commissione incaricata di indagare sui massacri, inizialmente attesa per aprile, posticipando di tre mesi la pubblicazione del rapporto. Intanto, resta senza risposta il destino di 62 donne e ragazze alawite scomparse dalla regione costiera, rapite presumibilmente da gruppi armati non identificati attivi nella zona.
A Jaramana, nonostante l’accordo raggiunto in serata tra rappresentanti del governo di Sharaa e i capi delle comunità druse – che prevede la cessazione delle ostilità e l’impegno affinché “i responsabili dell’attacco siano perseguiti e consegnati alla giustizia” – la popolazione resta in allerta. Tre pullman hanno lasciato il quartiere in serata, portando via decine di civili preoccupati da un possibile nuovo ciclo di violenze. Feudo storico dei drusi siriani, collegato alle leadership della regione sud-occidentale di Suwayda, del Monte Libano e della Galilea israeliana, Jaramana è da decenni rifugio per minoranze e comunità sfollate.
Aggiornato il 30 aprile 2025 alle ore 12:33