
C’è chi dice no. Bastano un paio di bandiere a mezz’asta per mettere in imbarazzo la laïcité. Quella francese è particolarmente sensibile a non fare figli e figliastri. La Francia ha deciso la mise en berne per il giorno dei funerali di Francesco: bandiere a mezz’asta in tutti gli edifici pubblici. Qualcuno, però, si è alzato idealmente dai banchi dell’Assemblée nationale per denunciare una laicità a “geometria variabile”. All’ex deputato de La France insoumise, ora nel gruppo dei Verdi, Alexis Corbière non solo non va giù il basso profilo, ma non riesce nemmeno a capacitarsi delle decisioni di Emmanuel Macron di partecipare alle esequie in Piazza San Pietro. In un’intervista televisiva, Corbière si dice in “totale disaccordo” con la decisione di Matignon (sede del Governo francese) di esporre le bandiere a mezz’asta. “Sarà che sono un laico all’antica”, spiega il deputato citando Georges Clemenceau e la rigorosa applicazione delle laicità così come stabilito dalla legge sulla separazione tra Stato e Chiesa del 1905.
“È normale – afferma – che il capo dello Stato renda omaggio al papa con una dichiarazione, ma non dobbiamo marcare una forma di laicità a geometria variabile”. Perché se si decide una forma di lutto per la morte di un’autorità religiosa, questa forma di rispetto dovrebbe allora avvenire per la scomparsa di qualsiasi massimo esponente di qualsiasi confessione religiosa. Il che, probabilmente, in Francia, non avverrà in caso di morte di rabbini o imam o altri capi religiosi. “Questa pratica che abbiamo nei confronti del papa – rileva il deputato – è necessariamente una pratica a geometria variabile. Perché se domani muore il Dalai Lama, ovviamente le bandiere francesi non saranno a mezz’asta, e ovviamente il capo dello Stato non assisterà alla cerimonia di sepoltura, che si svolgerà allo stesso modo per un’autorità musulmana o un’autorità ebraica”.
Sebbene il sovrano pontefice sia anche un capo di Stato, Alexis Corbière invita a non girarci troppo intorno: “Ogni volta che nel mondo scompare un capo di Stato non mettiamo le bandiere a mezz’asta”. Nell’area della sinistra ecologista c’è agitazione anche per la partecipazione di Emmanuel Macron ai funerali del papa a Roma, una cerimonia a cui saranno presenti anche il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot e il ministro dell’Interno Bruno Retailleau (che è anche responsabile anche degli affari religiosi). La République, si fa notare, non paga stipendi ai religiosi né riconosce alcuna religione. E non riconoscere le religioni significa precisamente che non si ha il diritto di interferire o partecipare alle cerimonie religiose. Nel settembre 2023, il deputato della Seine-Saint-Denis si era già opposto alla partecipazione del presidente Macron alla messa celebrata da Papa Francesco a Marsiglia, allo Stade Vélodrome. Dopo il cerchio, tocca poi alla botte. Pur invocando il rigoroso rispetto della laicità, Corbière riconosce tuttavia l’impegno di Francesco per “l’accoglienza dei migranti”, “l’ecologia” e la difesa “delle popolazioni di Gaza”. Oltre ai Verdi, anche altri deputati de La France insoumise, il partito di Jean-Luc Mélenchon deplorano l’esposizione delle bandiere a mezz’asta negli edifici pubblici. “Qualunque cosa si pensi di Papa Francesco, la Repubblica non ha alcun diritto di rendere omaggio al capo della Chiesa cattolica: Stato e Chiesa, ognuno a casa sua”.
Il senatore comunista Pierre Ouzoulias, ha invece ricordato al primo ministro François Bayrou le sue precedenti decisioni: “Nel 2005, alla morte di Giovanni Paolo II, il Governo ha decretato che la bandiera della nostra Repubblica laica fosse esposta a mezz’asta. Molti rappresentanti eletti hanno denunciato questa decisione, tra cui François Bayrou”. All’epoca, infatti, l’allora presidente del partito di centrodestra Udf, riteneva che la decisione delle bandiere a mezz’asta “non corrispondesse alla distinzione che bisogna fare tra convinzioni spirituali e scelte politiche e nazionali”. Il ministro Retailleau difende la scelta del Governo, perché “l’emozione (per la scomparsa di Francesco, ndr) è mondiale, è ovunque nel pianeta e accomuna persone di origini, credenze e religioni diverse”. La polemica sulla laicità a geometria variabile s’inserisce nel caso Betharram, che vede coinvolta la figlia di Bayrou. Tra le almeno 200 vittime di violenze e aggressioni sessuali subite nei campi estivi organizzati dall’Istituto cattolico Notre-Dame de Bétharram, c’è infatti anche Hélène Perlant, figlia del primo ministro, come ammesso da lei stessa.
La vicenda, che scuote per l’ennesima volta il modo cattolico sta assumendo una risonanza ancor più nazionale poiché diversi figli di Bayrou hanno studiato nell’istituto incriminato. Lo stesso Bayrou è accusato di aver mentito sulla sua conoscenza di tali fatti all’epoca. “Come padre di famiglia, lo sento come una pugnalata al cuore, anche se è un caso molto vecchio (i fatti risalirebbero a vent’anni fa, ndr)”, ha affermato. “Che non lo sapessimo e che siano avvenuti tali abusi è quasi insopportabile, ma come funzionario pubblico che va oltre il ruolo di padre di famiglia, è alle vittime che penso”, ha aggiunto, sostenendo poi che sua figlia, “con la quale comunico molto spesso”, non gli aveva “mai parlato” di aver subito violenze. Bayrou verrà ascoltato il 14 maggio da una commissione d’inchiesta parlamentare sui fatti di Bétharram, di cui l’interessato sarebbe stato a conoscenza, secondo alcune testimonianze, quando era ministro dell’Educazione, cosa che il primo ministro ha sempre formalmente negato.
Aggiornato il 24 aprile 2025 alle ore 11:07