
Le prime avvisaglie si erano già manifestate lunedì sera, con una pioggia di post sui social media da Gaza: la base di Hamas non ha intenzione di lasciare le armi, né accetta che se ne parli. Lo scontro è esploso su X tra sostenitori e detrattori dell’organizzazione islamista, accusati da questi ultimi di “tradimento” per aver anche solo ipotizzato un disarmo. La risposta ufficiale del movimento è stata affidata alla Bbc: la nuova bozza di accordo per una tregua e il rilascio degli ostaggi, trasmessa da Israele via Egitto, è stata respinta. Il motivo, oltre al paventato disarmo, è sempre il solito: l’assenza nel testo di una fine definitiva delle ostilità e del ritiro delle forze israeliane dalla Striscia, mentre viene chiesto esplicitamente lo smantellamento militare di Hamas. Un alto funzionario del gruppo, intervistato dalla rete britannica, ha tagliato corto: Israele “vuole solo perdere tempo”.
La proposta presentata dal premier dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu prevedeva un cessate il fuoco di 45 giorni, con sospensione delle operazioni militari, ingresso di aiuti umanitari, liberazione di dieci ostaggi in vita e la restituzione dei corpi di 16 prigionieri deceduti. In cambio, Tel Aviv avrebbe rilasciato 66 detenuti condannati all’ergastolo e altri 611 arrestati nella Striscia dopo il 7 ottobre 2023. In apertura della tregua, Hamas avrebbe dovuto rilasciare come gesto distensivo verso Washington l’ostaggio israelo-americano Idan Alexander, 21 anni. Ma ogni speranza è stata bruscamente interrotta da un messaggio del portavoce delle brigate Ezzedine al-Qassam, Abu Obeida, che su Telegram ha dichiarato che, a seguito di un raid aereo, si è “perso il contatto” con la cellula che lo teneva prigioniero. Sabato era stato diffuso un video in cui Alexander appariva vivo, affermando di “essere crollato fisicamente e mentalmente a causa di questo mondo disgustoso e del disgustoso governo israeliano”.
Secondo fonti vicine ai negoziati, al terzo giorno del cessate il fuoco sarebbero dovuti iniziare i colloqui sul cosiddetto “giorno dopo la guerra”, con discussioni su disarmo e una conseguente tregua permanente. Il settimo giorno, Hamas avrebbe rilasciato altri quattro ostaggi in cambio di 54 prigionieri condannati all’ergastolo e 500 cittadini di Gaza detenuti successivamente all’attacco del 7 ottobre. Il testo prevedeva poi il ritiro parziale delle Forze di difesa israeliane a est della strada Salah ad-Din, lungo la quale sarebbe dovuto riprendere il flusso dei civili verso il nord della Striscia. Ora quella bozza è carta straccia. La guerra continua. Gli ostaggi, vivi e morti, restano prigionieri a Gaza.
Sul fronte diplomatico, mentre il conflitto prosegue, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha incontrato ad Amman il primo ministro e ministro della Difesa giordano Jafar Hassan. Secondo una nota ufficiale diffusa da Washington, i due hanno “discusso delle opportunità di espandere la cooperazione economica e di aumentare gli investimenti tra gli Stati Uniti e la Giordania”. Il comunicato si limita a riferire che sono stati affrontati anche i dossier di Gaza e Cisgiordania, precisando che Rubio ha ringraziato Hassan per “la cooperazione della Giordania con gli Stati Uniti nel promuovere la sicurezza regionale”. Rubio e Steve Witkoff – inviato speciale del presidente Donald Trump per i conflitti in Ucraina e Gaza – si recheranno a Parigi entro la fine della settimana. Lo riferisce Politico. Witkoff incontrerà il presidente francese Emmanuel Macron, mentre Rubio vedrà il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot. Secondo un funzionario informato sui preparativi, l’agenda includerà discussioni su Ucraina, Iran e rapporti commerciali, anche alla luce delle minacce tariffarie annunciate dal commander-in-chief americano.
Aggiornato il 16 aprile 2025 alle ore 16:08