
Washington, un anno e mezzo dopo l’attacco di Hamas e nel pieno della nuova escalation nella Striscia di Gaza. Ecco dove Donald Trump e Benjamin Netanyahu si sono ritrovati faccia a faccia, alla Casa Bianca, per la seconda volta da quando il tycoon è tornato al potere. Niente conferenza solenne nella East Room – ufficialmente annullata – ma nessuna reticenza: i due leader hanno parlato con la stampa per oltre mezz’ora, senza filtri, su tutto. Nucleare iraniano, guerra in Medio Oriente, dazi, ostaggi. E anche qualche idea destinata a far discutere. La bomba (metaforica) l’ha sganciata il commander-in-chief: “Sabato inizieranno colloqui diretti con l’Iran. Speriamo abbiano successo”. Dopo settimane di tensione crescente, Washington proverà a riaprire il dialogo con Teheran, puntando a un nuovo accordo sul nucleare. Ma il presidente americano è comunque realista, cosciente di essere “in un territorio pericoloso, è per il bene dell’Iran che i colloqui si concludano in modo positivo”. Solo pochi giorni fa, intervistato dalla Nbc, aveva lanciato un avvertimento al regime: se non si arriva a un’intesa, “ci saranno bombardamenti come non ne hanno mai visti prima”. Anche Bibi è cauto, e ha sposato la linea del tycoon. Il primo ministro israeliano si dice “favorevole” a una soluzione diplomatica, purché sia “sul modello della Libia”. Al massimo, il leader dello Stato ebraico ha tracciato la sua linea rossa sull’arma atomica: “Non deve essere permesso” all’Iran di arrivarci.
I due leader si sono mostrati allineati anche sulla guerra a Gaza. Il punto centrale, dicono entrambi, sono gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. “Il conflitto finirà in un futuro non troppo lontano. Ma adesso abbiamo il problema degli ostaggi”, ha sottolineato Trump. “Stiamo lavorando ad un nuovo accordo, speriamo che abbia successo”, gli fa eco Netanyahu. E proprio sulla Striscia, Trump rilancia il suo “piano per Gaza”, una visione abbastanza controversa che mescola diplomazia e sviluppo immobiliare: “Piace a tutti, lo chiamano il piano Trump”, dice. La Striscia, secondo il presidente, ha un “incredibile valore immobiliare”. E l’idea è chiara: “Avere una forza di pace come gli Stati Uniti che controlla e possiede Gaza sarebbe una cosa buona”. Netanyahu sorride e commenta che Trump “vuole dare una scelta ai palestinesi”.
Intanto, sul terreno, la situazione è ben diversa. Dopo la rottura della tregua mediata dagli Stati Uniti, Israele ha ripreso l’offensiva nella Striscia e in Libano, imponendo un blocco agli aiuti umanitari durato cinque settimane. Gli ultimi attacchi aerei israeliani hanno colpito anche una tenda per la stampa vicino all’ospedale Nasser, a Khan Younis: almeno dieci i civili uccisi, tra cui un giornalista. Secondo alcuni dati di Hamas, da quando è terminato il cessate il fuoco, le vittime dei raid israeliani sarebbero oltre 1.400.
Non è mancata nemmeno la questione dei dazi al summit tra il presidente Trump e il premier Netanyahu, dopo l’imposizione da parte degli Stati Uniti di una tariffa del 17 per cento su alcuni beni israeliani. Gerusalemme aveva provato ad anticipare la mossa cancellando le ultime imposte dell’1 per cento sui prodotti americani, ma non è bastato. Dopo il colloquio anche con il segretario al Commercio Howard Lutnick e il rappresentante Jamieson Greer, Netanyahu ha dato garanzie: “Israele eliminerà” il deficit commerciale con Washington. “Il libero scambio deve essere un commercio equo”, ha aggiunto, promettendo di eliminare le tariffe “rapidamente”.
Aggiornato il 08 aprile 2025 alle ore 13:48