Terremoto in Myanmar, coinvolte 20 milioni di persone

Continua la conta dei danni. In Myanmar, dopo le due scosse di magnitudo 7.7 che hanno travolto il Paese venerdì scorso, gli abitanti continuano a fare i conti con tutto ciò che hanno perso. L’ex Birmania centrale è stata – non c’è altro modo per dirlo – devastata, con il cataclisma che ha interrotto “i servizi sanitari e messo migliaia di persone a rischio di ferite potenzialmente letali e focolai di malattie”, si legge in un comunicato stampa dell’Organizzazione mondiale della sanità. Il bilancio è pesante: almeno 2.056 morti e oltre 3.000 feriti. Ma la realtà potrebbe essere ancora peggiore. Intere zone sono isolate, i soccorsi faticano a raggiungere le aree più colpite, i numeri ufficiali crescono di ora in ora. Le autorità temono che, man mano che le squadre di emergenza riescono a farsi strada tra le macerie, il totale delle vittime aumenti in modo drammatico. Nel frattempo, il numero di persone coinvolte direttamente dal disastro sarebbe di circa 20 milioni di individui.

Nel cuore della catastrofe, la sanità è in ginocchio. Tre ospedali sono crollati, altri 22 hanno riportato danni gravissimi. I medici lavorano senza sosta, ma le risorse scarseggiano e la situazione peggiora. “La portata dei decessi e dei feriti non è ancora del tutto chiara e si prevede che i numeri aumenteranno”, ha dichiarato l’Oms, mentre l’emergenza sanitaria rischia di diventare ingestibile. “C’è un urgente bisogno di cure chirurgiche e traumatologiche, forniture per trasfusioni di sangue, anestetici, medicinali essenziali e supporto per la salute mentale”. Per fronteggiare il disastro, l’Organizzazione ha attivato il massimo livello di emergenza: in sole 24 ore sono state inviate tre tonnellate di forniture mediche, mentre team sanitari di emergenza provenienti da tutto il mondo si preparano a intervenire. Ma servono fondi, e subito. Otto milioni di dollari (7,4 milioni di euro) è la cifra minima necessaria per fornire cure salvavita, scongiurare epidemie e ripristinare i servizi sanitari essenziali nel prossimo mese.

Nel frattempo, il governo militare – salito al potere con il colpo di Stato del 2021 – ha dichiarato una settimana di lutto nazionale. Un gesto tanto necessario quanto simbolico, in un Paese che oltre al terremoto è devastato da un conflitto civile che dura da più di tre anni. Ecco perché la comunità cattolica del Myanmar ha colto l’occasione per rilanciare un appello disperato: fermare le ostilità per consentire almeno l’arrivo degli aiuti umanitari. “Mancano medicinali e rifugi di emergenza dato che molti sono i feriti e migliaia i senza tetto che sono in strada”, ha denunciato Karuna Myanmar (Caritas Myanmar) in un messaggio all’Agenzia Fides. Le organizzazioni umanitarie fanno il possibile, ma la situazione è fuori controllo: “La distruzione è diffusa e i civili sono gravemente colpiti. Il sisma ha causato interruzioni di corrente e interrotto le linee di comunicazione. Il Comitato nazionale per la gestione dei disastri naturali del Myanmar ha dichiarato lo stato di emergenza in molte regioni. Migliaia di persone a Mandalay rimangono in strada”.

Ora, la priorità è portare aiuti. La Conferenza episcopale del Myanmar ha chiesto con urgenza un cessate il fuoco, un blocco immediato delle ostilità per permettere ai soccorsi di arrivare ai più vulnerabili. E i numeri mostrano che entro le 20 milioni di persone che, secondo l’Onu, hanno bisogno di aiuti, ci sono 6,3 milioni di bambini che hanno bisogno di assistenza immediata. “Questa crisi umanitaria richiede un’urgente cessazione delle ostilità. Chiediamo urgentemente un cessate il fuoco immediato e completo da parte di tutte le parti coinvolte nel conflitto per garantire la consegna sicura e senza ostacoli di aiuti umanitari essenziali da parte dei donatori locali e internazionali”, si legge nella dichiarazione dei vescovi.

Aggiornato il 31 marzo 2025 alle ore 15:45