Verso una “pace durevole”: la chiamata Trump-Putin

Due ore e mezza di telefonata in cerca di un punto d’incontro. Donald Trump e Vladimir Putin, a colloquio, sono arrivati a una stretta di mano su un cessate il fuoco parziale di 30 giorni tra Russia e Ucraina. Insomma, dopo oltre tre anni di guerra, un barlume di tregua si accende sul fronte ucraino. Per un mese, gli attacchi alle infrastrutture critiche – in particolare quelle energetiche – saranno sospesi. Un inizio, ma non certo la pace che Kiev sperava. Perché la guerra, nei territori occupati, continuerà. Zelensky non si fida. “I russi non sono pronti a porre fine a questa guerra, non sono pronti nemmeno per il primo passo, che è un cessate il fuoco”, ha dichiarato senza mezzi termini il presidente ucraino, convinto che Mosca stia solo guadagnando tempo per indebolire ulteriormente l’Ucraina. Secondo il leader ucraino, il vero rischio è che questo nuovo scenario porti a una riduzione degli aiuti occidentali, proprio mentre le forze ucraine faticano a mantenere le loro posizioni sul campo. “Non credo che dovremmo fare concessioni (alla Russia, ndr.) in termini di aiuti all’Ucraina, ma al contrario dovremmo aumentarli”, ha insistito Zelensky, annunciando un’imminente conversazione con il commander-in-chief americano: “Oggi contatterò il presidente Trump e discuteremo i prossimi passi”.

È ancora un incognita il reale contenuto della telefonata tra Washington e Mosca, e molti si chiedono cosa significhi questa telefonata per il futuro del conflitto. E soprattutto: questa tregua è il preludio alla pace o solo una mossa di Putin per riposizionarsi sullo scacchiere internazionale? La Casa Bianca parla di un primo “passo concreto” verso la fine della guerra. Trump ha definito la conversazione con Putin “molto buona e produttiva”, sottolineando come i due leader abbiano discusso di molto più del conflitto in Ucraina. L’obiettivo tra le righe sarà quello di migliorare le relazioni bilaterali tra Usa e Russia, con un occhio agli affari e uno alla stabilità geopolitica. Ma nel “pacchetto” del bilaterale ci sono anche altri “dossier caldi”, come il Medio Oriente, il nucleare e l’Iran. Washington e Mosca hanno trovato un’intesa su un punto chiave: “L’Iran non dovrebbe mai essere nella posizione di distruggere Israele”. Un’apertura che potrebbe rafforzare l’idea di una pressione congiunta su Teheran per negoziare un nuovo accordo sulla bomba atomica.

Se da un lato Putin ha accettato lo stop ai bombardamenti sulle infrastrutture energetiche, dall’altro ha avanzato richieste difficili da digerire per Kiev. Mosca pretende il blocco della mobilitazione forzata in Ucraina, lo stop al riarmo delle forze militari e la fine del supporto dell’intelligence occidentale. Inoltre, il Cremlino ha rifiutato categoricamente la presenza di truppe europee lungo il confine, mettendo nuovi ostacoli alle strategie difensive dell’Ucraina. Intanto, per dare un segnale di distensione, Putin ha annunciato a Trump uno scambio di prigionieri: 175 detenuti per parte verranno liberati nelle prossime ore. Un gesto simbolico che nasconde però una realtà più complessa: la Russia non intende arretrare senza garanzie. E tra le righe dell’accordo emergono condizioni che potrebbero rendere questa tregua solo un’illusione temporanea.

Ma, ad oggi, un primo vero tentativo di riportare la pace ai confini dell’Europa è stato fatto. Anche se c’è chi giustamente teme una nuova Yalta in cui le grandi potenze decidono le sorti dell’Ucraina senza coinvolgerla davvero. Quel che è certo è che Putin sembra aver ottenuto quello che voleva: rompere l’isolamento occidentale e tornare a trattare da pari con Washington. Un cambio di scenario netto rispetto agli ultimi due anni, in cui Mosca era stata messa ai margini della politica globale e sanzionata.

Aggiornato il 19 marzo 2025 alle ore 13:25