
Le piccole concessioni sull’immigrazione non sono sufficienti se la posizione fondamentale è ritenuta sbagliata dalla maggioranza dell’elettorato
La prima fase delle espulsioni di massa dell’amministrazione Trump ha preso di mira “prima i peggiori”, ovvero criminali violenti tra cui assassini, stupratori e membri di cartelli. Gli arresti ora si aggirano intorno ai 900 al giorno, raddoppiati dal 20 gennaio. Tuttavia, l’intransigente piano del presidente Donald Trump sull’immigrazione era stato lanciato ben prima dell’Inauguration Day. La Camera dei Rappresentanti, appena insediata e controllata dai Repubblicani, ha sparato il colpo di avvertimento approvando una legge per la detenzione e l’espulsione degli immigrati irregolari che hanno commesso reati non violenti. Quarantotto Democratici della Camera hanno votato a favore del provvedimento. Anche un secondo disegno di legge che riguarda gli immigrati autori di reati sessuali è passato con il sostegno di 61 Democratici della Camera. Sono questi i primi segnali di un cambio di rotta del Partito Democratico sull’immigrazione?
A parte due voti, ci sono forti segnali che alcuni Democratici hanno ammesso a malincuore che le politiche dell’amministrazione Trump non possono essere contrastate su larga scala. Anche i leader di alcune giurisdizioni “santuario” hanno fatto concessioni degne di nota. Ad esempio, il sindaco di Denver, Mike Johnston, ha di recente dichiarato alla Cnn, a proposito dell’Immigration and Customs Enforcement (Ice), il Servizio di Immigrazione e Controllo delle Dogane: “Se stanno prendendo di mira i criminali violenti, lo sosterremo e collaboreremo”. Lo stesso politico, lo scorso novembre, aveva proposto di mobilitare le forze dell’ordine locali per impedire l’ingresso nella sua città agli agenti dell’Ice.
A Los Angeles, invece, sono scoppiate proteste di massa contro i piani di deportazione di Trump, spingendo il consiglio comunale a introdurre una nuova legislazione per proteggere le comunità di immigrati dalla repressione. Tornando ai voti della Camera, c’è un altro modo di vedere la questione: la maggioranza del caucus democratico si è opposta all’espulsione degli stranieri criminali. C’è da chiedersi come reagiranno i leader democratici quando le autorità federali avranno esaurito i membri delle gang e gli altri stranieri criminali violenti da deportare. L’amministrazione Trump ha già segnalato l’intenzione di porre fine nei prossimi mesi allo status di protezione temporanea (Tps) per i venezuelani, una mossa che eliminerebbe lo status giuridico di centinaia di migliaia di migranti.
Mentre alcuni Democratici si sono espressi a favore dell’espulsione dei criminali, altri hanno già avvertito che la deportazione di stranieri che non hanno commesso alcun crimine, fatta eccezione per la violazione delle leggi sull’immigrazione, è, ovviamente, una linea rossa. In Illinois, ad esempio, sia il governatore Jb Pritzker che il sindaco di Chicago Brandon Johnson hanno promesso di proteggere i non cittadini rispettosi della legge dalle azioni di contrasto federali. Il giorno dell’insediamento di Trump, Pritzker ha dichiarato: “Nello Stato dell’Illinois, li difenderemo e faremo tutto il possibile per proteggerli”. Il Dipartimento di Giustizia ha già citato in giudizio lo Stato dell’Illinois e la città di Chicago per il lassismo nell’applicazione delle leggi sull’immigrazione.
Secondo un sondaggio Ipsos di gennaio, la maggioranza degli americani sembra essere favorevole alle espulsioni di massa come concetto generale. Un recente rapporto pubblicato sullo stato del Partito Democratico dal think tank centrista Third Way evidenzia che una linea più dura sull’immigrazione ha un forte sostegno nei blocchi di elettori tradizionalmente democratici. In California, ad esempio, un altro sondaggio ha rilevato che il 63 per cento dei latinoamericani considera gli immigrati irregolari un “peso”.
I leader democratici devono chiedersi se l’immigrazione irregolare sarà (ancora) per loro una questione di principio. Non basteranno cambiamenti graduali nella politica, come il sostegno alla deportazione dei criminali violenti. Dai voti alla Camera è chiaro che alcuni Democratici hanno capito che la narrazione progressista-umanitaria sull’immigrazione deve essere abbandonata. Ma come si fa a virare a destra sull’immigrazione senza rompere con la parte progressista del proprio partito?
L’evoluzione politica del primo ministro polacco Donald Tusk potrebbe servire da ispirazione. Tusk è stato presidente del Consiglio Europeo durante la crisi migratoria del 2015. Insieme all’allora cancelliera tedesca Angela Merkel, chiese la redistribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo ed elogiò la decisione del governo polacco centrista, guidato dal suo partito, di approvare il piano. Una scelta molto controversa che contribuì alla loro disfatta alle urne inflitta da parte delle forze conservatrici poche settimane dopo.
Durante l’estate e l’autunno del 2021, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko cercò di orchestrare una crisi migratoria al confine polacco facendo arrivare in aereo aspiranti richiedenti asilo dal Medio Oriente e traghettandoli verso il confine polacco. Il governo conservatore polacco rispose limitando il diritto di chiedere asilo una volta entrati nel Paese e annunciando la costruzione di un muro di confine permanente. Tornato a casa e alla guida del principale schieramento di opposizione, Tusk ha redarguito il governo per aver presumibilmente permesso a donne e bambini di soffrire e morire nella foresta e ha ridicolizzato il muro proposto, sostenendo falsamente che la recinzione costruita dal primo ministro ungherese Viktor Orban nel 2015 non ha fermato nessuno.
Ma quando Tusk divenne primo ministro della Polonia nell’ottobre 2023, abbracciò l’agenda restrittiva del precedente governo conservatore. Invece di limitare soltanto l’accesso alla protezione internazionale, propose di sospendere temporaneamente il diritto di richiedere asilo. Diede il via libera a ulteriori progetti infrastrutturali al confine con la Bielorussia, rafforzando la recinzione d’acciaio posta in essere dal suo predecessore conservatore, dotandola di telecamere termiche e cavi sensori e costruendo una nuova strada per pattugliare la frontiera. Tusk promise di sigillare completamente il confine, sostenendo che se fosse stato impraticabile per gli immigrati irregolari, allora nessuno avrebbe perso la vita, un argomento familiare per i sostenitori della linea dura dell’immigrazione negli Stati Uniti.
Lo scorso febbraio, Tusk ha annunciato che “la Polonia non attuerà il Patto (Ue) sulla migrazione in modo da introdurre quote aggiuntive di immigrati in Polonia”. Il Patto, che vincola tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, dovrebbe entrare in vigore nel 2026. Si tratta di un’inversione di tendenza: Tusk è stato una delle menti dietro l’idea di ricollocare i richiedenti asilo nella prima versione del patto.
Come le decine di Democratici durante le recenti votazioni alla Camera, Tusk ha capito di aver sbagliato e che i conservatori avevano ragione, dato che l’opinione pubblica polacca si era schierata a favore delle politiche di questi ultimi. Tuttavia, per far sì che la sua intera coalizione di governo evitasse la paralisi dell’umanitarismo, era fondamentale riformulare la questione della migrazione. Durante una conferenza stampa tenutasi nell’ottobre scorso, Tusk ha definito la situazione come una guerra tra le forze dell’ordine polacche e la minaccia ibrida creata dalla Bielorussia, inquadrando la politica dei confini come una questione di sicurezza nazionale e parte dell’autodifesa della Polonia contro l’aggressione da Est.
I suoi partner di coalizione di sinistra si sono opposti a gran voce. Tuttavia, a parte alcune defezioni individuali, non hanno lasciato la coalizione di governo. Sebbene le voci di dissenso da sinistra continuino a farsi sentire, il vocabolario della securitizzazione è stato fondamentale per consentire a Tusk di fare un voltafaccia sull’immigrazione senza mettere a rischio l’unità politica complessiva. Maciej Duszczyk, viceministro polacco per l’Immigrazione, ha sintetizzato così la narrazione del governo: “La sicurezza è più importante dell’immigrazione”.
I Democratici dovrebbero vagliare attentamente questo esempio. Piccole concessioni sull’immigrazione sono insufficienti se la posizione di fondo è ritenuta sbagliata dalla maggioranza dell’elettorato. Tusk ha abbracciato la posizione che in precedenza disprezzava: l’agenda restrittiva sostenuta inizialmente da Viktor Orban nel 2015. Riformulare la questione è stato un passo cruciale per realizzare la sua inversione di rotta. I Democratici dovrebbero seguire l’esempio polacco e iniziare a cercare nuove narrazioni prima che le operazioni di polizia colpiscano gli stranieri non criminali.
(*) Tratto da The National Interest
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 14 marzo 2025 alle ore 10:50