Trump avverte Putin: accettare la tregua

Si torna a parlare di sanzioni alla Russia. Stavolta è il commander-in-chief degli Stati Uniti Donald Trump a minacciare Vladimir Putin di sanzioni finanziarie “devastanti”, qualora il Cremlino non accetti la tregua di 30 giorni proposta ai colloqui di Gedda tra Washington e Kiev. Volodymyr Zelensky, pur dicendosi aperto al dialogo, resta diffidente e non fa mistero del suo scetticismo nei confronti del “nuovo Zar”. Anche Putin si muove, ma su un altro fronte: per la prima volta ha visitato di persona le truppe impegnate nella controffensiva russa nel Kursk. Un segnale chiaro, che rafforza la narrativa di Mosca e manda un messaggio implicito agli Stati Uniti: la Russia non è in posizione di cedimento.

Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, frena su qualsiasi ipotesi di cessate il fuoco immediato. “Non corriamo troppo”, dice, spiegando che Mosca prima di tutto vuole dettagli precisi dai negoziatori americani. “In questi giorni abbiamo pianificato dei contatti con gli americani, durante i quali contiamo di ricevere informazioni complete”. Vogliono sentire ciò che la Casa Bianca ha da dire in prima persona. Ma intanto, da Washington, arriva un’altra mossa a sorpresa: “I negoziatori americani si stanno dirigendo in Russia proprio ora”, ha rilanciato Trump. Un’accelerazione improvvisa, che conferma quanto gli Usa stiano provando a mettere Putin alle strette. Axios ha rivelato che domani è previsto un incontro a Mosca tra l’inviato Usa Steve Witkoff e lo stesso Putin, il secondo faccia a faccia in meno di un mese. La Casa Bianca ha confermato che Witkoff volerà in Russia “in settimana”. Intanto, dietro le quinte, i servizi segreti dei due Paesi sono già in contatto. Il direttore della Cia, John Ratcliffe, ha incontrato il direttore dell’intelligence russa (Svr), Sergej Naryškin. Un summit che, secondo Mosca, servirà a mantenere “contatti regolari” per garantire la stabilità internazionale. A questo punto, ci si potrebbe anche aspettare un nuovo contatto telefonico tra Putin e il tycoon.

Ma dietro la diplomazia, ecco che l’argomento numero uno delle forze in campo continua ad essere la guerra. Gli Stati Uniti hanno ripreso senza esitazioni l’invio di armi e informazioni di intelligence all’Ucraina. Il segretario di Stato Marco Rubio ha detto senza mezzi termini che Washington “sollecita fermamente i russi a porre fine a tutte le ostilità”. E poi c’è un altro tema, che potrebbe fare la differenza: il coinvolgimento degli alleati europei nei negoziati. Rubio lo considera essenziale, ma il Cremlino ha sbattuto i piedi e detto di “no”. Tuttavia, il capo della diplomazia americana ha lasciato intendere che i colloqui di Gedda hanno affrontato un tema ancora più delicato: le “concessioni territoriali”. Presumibilmente, quelle che l’Ucraina dovrebbe fare alla Russia. E tutti sanno qual è stata – almeno fino ad oggi – la linea di Zelensky su questo punto. Per Putin, la priorità è evitare un cessate il fuoco senza garanzie precise su un accordo di pace. E su questo punto, i nazionalisti russi sono stati chiari: nessun compromesso.

Dentro la Russia, la pressione su Putin aumenta. I blogger militari e gli ambienti nazionalisti vedono la tregua come un’arma a doppio taglio, che darebbe all’Ucraina il tempo di riorganizzarsi e ricevere nuovi rifornimenti militari. “Un cessate il fuoco non è un’opzione seria, specialmente mentre l’Ucraina sta chiaramente cominciando a perdere”, ha dichiarato il politologo Alexander Dugin al Moscow Times. Anche il canale Telegram Rybar, vicino agli ambienti dell’intelligence russa, avverte: “Non vale la pena soccombere davanti alle esortazioni alla pace”. Il sospetto? Che gli Stati Uniti, alla prima occasione, tornerebbero a sostenere l’Ucraina, come già accaduto con la sospensione (poi subito revocata) della fornitura di armi e informazioni a Kiev. Sul fronte ucraino, il pessimismo è altrettanto palpabile. “Nessuno di noi crede ai russi”, ha detto senza giri di parole Zelensky, rivolgendosi direttamente a Trump: “Capire questo: che l’Europa, tutti, siano in un’alleanza per costringere la Federazione russa a porre fine alla guerra”. E se Mosca dirà no alla tregua, Zelensky si aspetta “misure forti” dagli Stati Uniti e un “rafforzamento dell’Ucraina”.

Aggiornato il 14 marzo 2025 alle ore 10:17