
Chi desidera ancora più “globalizzazione”? Ormai, a crederci è rimasto un solo grande player mondiale: la Cina. Perché è la sola, in fondo, che continua a guadagnarci, dato che i suoi leader si vantano di garantire la pace mondiale grazie ai commerci (che per loro sono liberi, ma per noi no, visto i livelli cinesi di iper-protezionismo), nel rispetto dei confini internazionali. Che però sono loro stessi a violare, prima con la dichiarazione di “eterna amicizia” nei confronti di chi ha invaso un altro Paese, come la Russia, e poi con la pretesa nazionalista di riannettere Taiwan alla madrepatria per amore o, preferibilmente, con la forza. Pechino, tra l’altro, dovrebbe guardarsi da se stessa, perché persiste nell’eccesso di produzione da dover piazzare all’estero, in quanto la politica del Pcc non recede dalla sua scelta ostinata di deprimere la domanda interna, nel timore ideologico che la redistribuzione di ricchezza faccia “diventare il popolo pigro”. Insistendo così a mantenere elevato il rapporto investimenti/Pil della Cina, pari al 43 per cento (il più alto del mondo, rispetto alla media del 25 per cento), conseguenza diretta dell’abuso di politiche a sostegno dell’offerta. Questo per dire che l’Europa dovrebbe farsi i conti giusti, prima di qualunque switch che privilegi in futuro in rapporti con la Cina a scapito degli Usa.
Tra l’altro, resta ancora da capire il grande mistero per cui dopo il 1991 non si pensò di sciogliere simmetricamente il Patto Atlantico, a seguito dell’autoaffondamento di quello di Varsavia, in cui la rispettiva contrapposizione era stata il cuore e la giustificazione di una spesa militare annuale altissima, sostenuta soprattutto dagli Usa, per mantenere rigida e immutabile la Cortina di Ferro.
Ancora gravati da quella logica, oggi, per la difesa dell’Ucraina, non riusciamo ad andare oltre a formule nostalgiche del tipo Coalition-of-the willing che, per come siamo messi attualmente in Europa, rappresenta un bel titolo e nulla più, con un significato nostalgico positivo e vittorioso, dato che questa formula magica fu un’invenzione di Bush padre per la liberazione del Kuwait, invaso da Saddam Hussein. Ma, lì in primissimo piano c’era l’America. Qui, invece, più che 27 Paesi, vi sono altrettante opinioni pubbliche gelosissime del loro welfare, di cui solo pochissime stanno con i loro leader per un riarmo in grande stile dell’Europa (dis)unita. Com’è risultato chiarissimo dalla conclusione del Consiglio Europeo straordinario del 6 marzo, tolti dal tavolo gli eurobond “corazzati”, si consente ai singoli Stati fare debito in proprio, con grave peggioramento delle finanze di Paesi super-indebitati come l’Italia. Partita tutta in salita, come si vede! Ora, di Donald Trump si può dire tutto il male che si vuole, ma alla fine conteranno solo i risultati, quando si tireranno le somme a consuntivo, alla fine del suo mandato nel 2028.
E, anche qui, occorre fare grande attenzione a illudersi che, partito definitivamente Trump tra quattro anni, tutto tornerà come prima: questo perché, una volta che hanno preso forma e vita, le rivoluzioni vivono una vita a sé, provocando conseguenze del tutto inattese. Quella trumpiana non fa eccezione e, come tutte le altre, non possiede per sua natura un programma dettagliato. Se, giustamente, nessuno sa con esattezza che cosa il tycoon intenda ottenere dalle sue negoziazioni con Vladimir Putin, al contrario è chiarissimo il fine politico: portare a compimento grandi cose e farlo nell’immediato. Meglio se, come sta accadendo, si segue un copione da reality tv, in cui ogni puntata quotidiana ha la sua bella novità, per cui il mondo non fa a tempo ad adeguarsi a quella del giorno precedente, dovendo studiare gli effetti e le contromisure da intraprendere per arginare la nuova. Ecco, colui che genera il caos è estremamente efficiente se ha nella sua mente ben individuate le sue misure invarianti.
Certamente Maga e Project 2025 sono tra queste ultime, che contengono in sé rischi ineliminabili, come l’iperinflazione conseguente alla guerra dei dazi, o la controreazione in profondità del Deep State e della magistratura, come si è già visto con la pronuncia della Corte Suprema contro la sospensione di Usaid in settori vitali per l’assistenza umanitaria internazionale (non si possono far morire molte migliaia di persone per tagliare le spese dello Stato).
Certamente, il trumpismo manderà al macero il delirio woke e molta parte del diritto internazionale onusiano e multilaterale, anche perché saranno proprio le dinamiche spartitorie all’interno delle grandi potenze, che hanno diritto di veto in Consiglio di Sicurezza, a stabilire come sarà il mondo di domani. Se prima il dilemma era tra prendere Trump sul serio, o lasciar passare le sue intemerate, oggi tutti sanno che il Presidente americano dice quello che veramente pensa, introducendo nei rapporti internazionali una brutale (ma sana) trasparenza, che i giochi di prestigio diplomatici hanno tenuto sottotraccia, peggiorando nel tempo la realtà delle cose. Che nel caso della difesa europea e dell’aiuto a Volodymyr Zelensky stanno così: l’Europa non conta e non conterà un bel nulla al tavolo delle grandi potenze, perché non ha “le carte”! Ovvero, non può vantare migliaia di testate nucleari da mettere sul piatto, né un esercito compatto e uniformemente armato di milioni di uomini, né tantomeno una difesa comune con comando unificato, decine di migliaia di corazzati, migliaia di aerei e una flotta con cinque/sei portaerei e decine di sommergibili nucleari.
Non li ha, l’Europa, e mai l’avrà, perché le sue opinioni pubbliche hanno sviluppato nel Dna delle loro società la convinzione intima del vassallaggio e della resa incondizionata al più forte, purché consenta di mantenere e aumentare i loro egoistici livelli di benessere. La generosità di Emmanuel Macron di mettere regalmente l’Europa sotto l’ombrello atomico francese, vorrà semplicemente dire che saranno gli altri Paesi europei a pagarne il costo (elevato) annuale, al posto della Francia stessa.
Questi sono i pastori, questo l’unico presepe possibile: la resa totale della civiltà cristiana alla legge del più forte.
Aggiornato il 07 marzo 2025 alle ore 10:54